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Perché l’euro è destinato a rafforzarsi ulteriormente

I tassi di interesse del mercato obbligazionario euro sono destinati a salire attirando maggiori flussi di investimento con implicazioni positive sull’euro.

13 Marzo 2018 09:26
financialounge -  BCE dollaro euro inflazione mercati valutari Mohsen Fahmi PIMCO quantitative easing

Dopo il discorso di Draghi nella conferenza stampa di giovedì scorso post meeting della BCE – in cui è stato cancellato ogni riferimento alla possibilità di aumentare gli acquisti del QE - l'euro ha inizialmente recuperato terreno contro il dollaro, ma poi ha chiuso in ribasso, dopo che il presidente Draghi ha precisato che le decisioni annunciate non segnalano alcun cambiamento nelle aspettative o nella funzione della BCE. Secondo alcuni osservatori, però, il mercato sembra sottostimare il significato della decisione di giovedì per sei motivi. In primis, si tratta di una decisione adottata all'unanimità. In secondo luogo è arrivata nel bel mezzo degli attriti commerciali con gli Stati Uniti e, in terzo luogo, è stata presa proprio poco dopo l’exploit dei partiti populisti in Italia.


L’INFLAZIONE DELL’AREA EURO RIVISTA AL RIBASSO


Inoltre, l’annuncio è giunto mentre il fixing eur/USD viaggiava intorno a quota 1,24. In quinto luogo le previsioni di inflazione sono state riviste (dalla stessa BCE) leggermente al ribasso rispetto alle precedenti stime e, infine, l’annuncio rappresenta di fatto l'ultimo passo prima di decretare la fine del QE. La naturale conseguenza di tutto questo è che i rendimenti dei titoli di stato dell'eurozona vadano a posizionarsi più in alto nel corso del 2018 rafforzando l’appeal dell’euro: l’annuncio della fine del QE a settembre, invece, potrebbe essere dato da Draghi nella riunione di giugno o di luglio.

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FINE DELLA POLITICA DEI TASSI NEGATIVI


La conclusione del QE da parte della banca centrale della zona euro coinciderebbe con la fine della politica dei tassi negativi e tassi europei più alti significherebbero anche maggiori flussi di portafoglio verso l’Eurozona, a scapito di altri mercati. Alla luce di queste riflessioni, gli investitori farebbero bene a tenere sotto stretta osservazione i flussi di capitali globali mentre le banche centrali si preparano ad abbandonare la politica monetaria accomodante.


NESSUNA RECESSIONE IN ARRIVO


Intanto, almeno per ora, la pendenza dei rendimenti dell'Eurozona e degli Stati Uniti, che tradizionalmente segnala le possibili recessioni, suggerisce che la probabilità di una prossima recessione nei mercati sviluppati non è alta. Inoltre, gli acquisti di attività nette rimarranno comunque positivi, almeno fino al terzo trimestre di quest’anno con lo stock di obbligazioni detenute dalle banche centrali che calerà in misura molto graduale. Il tutto senza dimenticare che la domanda di capitali da parte dei paesi dell'Eurozona, misurato dal fabbisogno fiscale dell'Eurozona, risulta adesso molto più limitato rispetto a quello che era all'inizio dell'era QE.

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UN’ANALISI DA UN’ALTRA VISUALE


Infine, merita attenzione l’analisi condotta da Mohsen Fahmi, Portfolio Manager di PIMCO.  Partendo dalla constatazione che dal 2016 il tasso di cambio eur-USD ha seguito il trend del differenziale tra gli aumenti futuri previsti della Fed e gli aumenti futuri attesi dalla BCE, il manager sostiene che una spiegazione della debolezza del dollaro vada ricercata nel fatto che molti operatori si siano convinti che l’obiettivo finale dei tassi di interesse USA a breve termine sia all’incirca in area 2,5% - 3%. Ciò potrebbe essere dovuto alla convinzione che la capacità produttiva possa essere alimentata dalla riforma fiscale e dai provvedimenti adottati dall’amministrazione Trump in tema di spesa fiscale: in tal modo la domanda aggiuntiva potrebbe risultare soddisfatta. Al contrario, secondo gli operatori di mercato, la maggiore domanda dovrebbe essere soddisfatta da maggiori importazioni e dalle dinamicità delle economie estere. Mohsen Fahmi, propone infine una tesi alternativa: un aumento sensibile dell'inflazione tale da razionare la domanda in un'economia con limitazioni di capacità.
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