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Piazza Affari, perché anche le Sgr perdono quota

14 Luglio 2016 09:57
financialounge -  Piazza Affari SGR
Che il 2016 sia stato finora un anno da dimenticare per gli investitori azionari che hanno scelto Piazza Affari non è certo una notizia. Che i titoli delle banche e delle compagnie di assicurazione siano stati colpiti da perdite superiori alla media di mercato è anch’esso risaputo. Quello che invece sembra passato sotto traccia è la forte correzione delle società di asset management quotate sul listino milanese: in media hanno accusato perdite del 35 per cento.

Come mai queste società hanno sofferto tanto se possono ancora contare su un mercato, quello dell’industria italiana del risparmio gestito in buona salute con 33,1 miliardi di euro di raccolta netta nei primi 5 mesi dell’anno? Scopriamolo insieme.

La raccolta netta è senza dubbio un fattore positivo perché se aumentano i volumi aumenta pure la massa in gestione sulla quale vengono calcolate le commissioni e quindi gli introiti che le società di gestione percepiscono. Il problema è che negli ultimi anni, a fronte di aumenti significativi delle masse, i margini lordi della case di asset management non sono cresciuti in uguale misura: è aumentata la concorrenza, si combatte per accaparrarsi i consulenti e i banker con più clienti ma sopportando costi di acquisizione sempre più elevati.

Morale: se i flussi di sottoscrizione dovessero diminuire (come si teme anche come conseguenza della possibile crisi di fiducia delle famiglie), ecco che i margini, e ancora di più i profitti, scenderebbero a picco. Una banca d’affari italiana ha pubblicato la scorsa settimana un report sul settore dal quale si intuisce che la perdita media degli utili del primo semestre 2016 dei 5 maggiori asset manager quotati in Piazza Affari potrebbe attestarsi a -35% rispetto allo stesso periodo del 2015: il rapporto prezzo/utili (p/e) dovrebbe di conseguenza salire dall’attuale 10,8 a 16,8. Tuttavia, i prezzi obiettivo (cioè il valore che la banca d’affari attribuisce alle società esaminate) sono del 27% maggiori dei prezzi attuali mentre i dividendi attesi si attesterebbero, in media al di sopra dei quattro punti percentuali.
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