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Carlo Benetti

“Non si può incolpare l’euro per burocrazia inefficiente e giustizia lenta”

Secondo Benetti è facile addossare sull’euro le responsabilità per i problemi del nostro paese, ma abbandonare l’UE non è un’opzione vantaggiosa.

6 Giugno 2018 10:17

Nell’Alpha e il Beta del 4 giugno 2018 Carlo Benetti, Head of Market Research and Business Innovation di GAM (Italia) SGR, aiuta i lettori a comprendere le ragioni che spiegano l’attuale disagio degli italiani e di molti altri cittadini europei. La sua analisi parte dagli anni ’70, gli anni delle liberalizzazioni e della prosperità economica ma anche gli anni in cui il grande movimento di diffusione della ricchezza che aveva segnato i decenni dopo la fine della guerra registrò una significativa inversione di tendenza.

LE RADICI DELLA DISAFFEZIONE ALL’EURO E ALLA UE


“La delocalizzazione (ovvero il trasferimento della produzione al di fuori del territori nazionali) e la smaterializzazione dei processi produttivi frenarono la crescita dei salari reali. Al fine di sostenere i consumi, le banche centrali dovettero agire sui tassi, abbassandoli: il debito fu così la stampella alla domanda” puntualizza Carlo Benetti. Tuttavia, proprio il contesto di tassi molto bassi per molto tempo, fu all’origine degli squilibri che vennero in superficie nel 2007 e deflagrarono nel 2008.

AMPLIATE LE DISUGUAGLIANZE


Le misure monetarie non convenzionali hanno preservato il sistema dal collasso ma hanno contribuito ad ampliare le disuguaglianze. I rendimenti del capitale finanziario, di cui hanno beneficiato i detentori di attività finanziarie, sono stati superiori a quelli delle attività reali, così che negli ultimi dieci anni i ricchi sono diventati più ricchi” specifica Carlo Benetti. Un problema che in Europa è stato acuito da specifiche situazioni: le politiche di austerità, accompagnate al vincolo della moneta unica, hanno provocato la svalutazione interna del lavoro, che ha pesato soprattutto sulle fasce deboli.

POLITICHE EUROPEE DI AUSTERITÀ


È infatti evidente come non abbiano funzionato le politiche europee alla cui base c’è l’austerità, finendo con l’esacerbare le opinioni pubbliche e le diffidenze. Uno scenario nel quale i costi economici e sociali della crisi sono stati sopportati dai paesi in deficit mentre i paesi creditori non hanno voluto farsi carico della loro parte di peso. Un sistema pertanto difettoso che alimenta l’euroscetticismo: al di fuori dall’Unione europea, ci sarebbero i vantaggi di una condizione alternativa di cui l’autonomia monetaria è il caposaldo.

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NON È COLPA DELL’EURO


Ma non è a causa dell’euro che il nostro paese ha perso posizioni di produttività e competitività, non è per l’euro se la giustizia amministrativa accumula ritardi o se la burocrazia è inefficiente. Facile e auto-assolutorio addossare alla moneta la responsabilità di più generali inefficienze” sottolinea Carlo Benetti, secondo il quale abbandonare l’euro e l’Unione Europea non è un’opzione vantaggiosa: la strada maestra consiste nell’elaborare argomenti che migliorino le condizioni dell’appartenenza e dare sostanza alla lealtà.
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