BCE

Più monete più benefici

29 Ottobre 2012 08:00

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rso 6 settembre, Mario Draghi, il Governatore della Banca Centrale Europea, ha affermato che l’euro è irreversibile dando un preciso e definitivo messaggio a tutti gli operatori finanziari: chi scommetteva su una possibile disgregazione della moneta unica europea aveva fatto male i suoi conti.

Non a caso, da quel giorno allo scorso 12 ottobre, cioè in poco più di un mese, l’euro si è apprezzato tra i due e i tre punti percentuali su tutte le principali valute internazionali: dal 3% sul dollaro Usa al 2,01% sulla sterlina, dal 2,98% sullo yen all’1,75% sul renminbi cinese, dal 2,02% sul dollaro canadese al 2,78% sulla corona svedese, dal 2,51% sul dollaro australiano allo 0,65% sul franco svizzero. Molti investitori hanno subito commentato che, a questo punto, non si rende più necessaria una diversificazione valutaria: l’euro è blindato e con questa mossa della Bce ogni tentativo speculativo è scongiurato. A parte il fatto che questa conclusione non è del tutto corretta anche perché se nei prossimi mesi i governi europei non dovessero passare dalle promesse ai fatti le pressioni sulla valuta unica potrebbero riprendere e, con esse, la progressiva svalutazione.

Ma, anche ammettendo che questo scenario sia ora diventato meno rilevante rispetto a qualche mese fa, resta il fatto che la diversificazione valutaria deve comunque rappresentare una strategia strutturale nei portafogli più efficienti. Un giardinetto finanziario che non tenesse conto, per esempio, della crescita della Cina destinata fra pochi anni a diventare la prima potenza economica mondiale commetterebbe un errore forse imperdonabile.

Come senza attenuanti sarebbe non posizionarsi sul tutte le altre valute asiatiche dal momento che i loro surplus commerciali restano solidi e i bilanci statali in ordine. Stesso discorso per alcuni paesi emergenti le cui economie hanno dimostrato di sapersi destreggiare bene anche in questi ultimi difficili 5 anni: il riferimento è alla Turchia, al Messico, al Brasile, alla Russia e all’Egitto.

Come dire che una diversificazione valutaria attiva, cioè gestita in modo da essere sempre presente in portafoglio ma con quote variabili in funzione della forza relativa dell’euro, resta sempre un plus per ogni tipologia di investitore.

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