consumi
L’investimento indiretto nei paesi emergenti
13 Febbraio 2013 08:00
lche tempo si sta affermando un nuovo approccio gestionale tra gli estimatori europei dei mercati emergenti. Consiste nell’investire nella crescita economica e nei consumi interni dei Paesi emergenti in modo indiretto.
Per farlo, i gestori che adottano questo procedimento puntano sulle aziende del Vecchio Continente caratterizzate da una consistente percentuale di esposizione ai mercati emergenti e, al contempo, da elevate potenzialità di crescita futura. Aziende di respiro internazionale, abituate cioè alla competizione con i competitor di settore in ogni parte del globo ma che possono vantare un giro d’affari superiore ad almeno un terzo del totale nei paesi in via di sviluppo a più elevata crescita.
Società, per fare qualche esempio concreto, come BHP Billiton (45% di esposizione ai mercati emerging markets), Anglo American (42%) e Tenaris (41%) nel settore delle risorse di base. Oppure corporation chimiche come Syngenta (47%) e Clariant (46%) o società di costruzioni quali Holcim (53%) e Lafarge (40%). O, ancora, società industriali e di servizi come per esempio Atlas Copco (57%), Abb (52%) e Alfa Laval (50%) o del settore petrolifero quali Technip (50%), Eni (46%) e Petroleum Geo Services (46%). Senza, infine, trascurare nemmeno le imprese dell’alta tecnologia come nel caso di ASML Holding (57%), Stmicroelectronics (53%) ed Ericsson (50%).
Aziende sulle quali circolano molti studi e analisi e che, dal momento che sono domiciliate in Europa, risultano molto più facilmente accessibili da parte del team di gestione dei fondi per gli incontri con il management o per visite aziendali. Un modo, in pratica, per accedere a buona parte delle potenzialità di medio lungo termine dei paesi emergenti ma con una maggiore trasparenza nell’investimento.
Per farlo, i gestori che adottano questo procedimento puntano sulle aziende del Vecchio Continente caratterizzate da una consistente percentuale di esposizione ai mercati emergenti e, al contempo, da elevate potenzialità di crescita futura. Aziende di respiro internazionale, abituate cioè alla competizione con i competitor di settore in ogni parte del globo ma che possono vantare un giro d’affari superiore ad almeno un terzo del totale nei paesi in via di sviluppo a più elevata crescita.
Società, per fare qualche esempio concreto, come BHP Billiton (45% di esposizione ai mercati emerging markets), Anglo American (42%) e Tenaris (41%) nel settore delle risorse di base. Oppure corporation chimiche come Syngenta (47%) e Clariant (46%) o società di costruzioni quali Holcim (53%) e Lafarge (40%). O, ancora, società industriali e di servizi come per esempio Atlas Copco (57%), Abb (52%) e Alfa Laval (50%) o del settore petrolifero quali Technip (50%), Eni (46%) e Petroleum Geo Services (46%). Senza, infine, trascurare nemmeno le imprese dell’alta tecnologia come nel caso di ASML Holding (57%), Stmicroelectronics (53%) ed Ericsson (50%).
Aziende sulle quali circolano molti studi e analisi e che, dal momento che sono domiciliate in Europa, risultano molto più facilmente accessibili da parte del team di gestione dei fondi per gli incontri con il management o per visite aziendali. Un modo, in pratica, per accedere a buona parte delle potenzialità di medio lungo termine dei paesi emergenti ma con una maggiore trasparenza nell’investimento.
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