crescita economica
Percorso a ostacoli per il debito federale USA
20 Febbraio 2013 21:00
lemma tra austerità e crescita continua a pesare sulle scelte politiche del mondo occidentale" riferisce a FinanciaLounge Maria Paola Toschi, Executive Director Market Strategist di J.P. Morgan Asset Management che poi si chiede: “Puntare su misure di austerità per frenare l’ascesa dei debiti pubblici ma rischiare la recessione, o adottare misure più soft in termini di tagli alla spesa, ma rischiare la continua ascesa dei deficit? È in questi termini che si sta svolgendo il dibattito al Congresso americano sul cosiddetto Sequester, tema continua a preoccupare i mercati”.
Cosa c’è effettivamente dietro a questo termine inquietante che è entrato nella quotidianità del mondo finanziario?
“Il Sequester si rifersice a 1,2 mila miliardi di tagli automatici alla spesa pubblica, su un arco temporale di 10 anni, che scatteranno il 1 marzo 2013 se Democratici e Repubblicani non arriveranno alla definizione di un nuovo accordo, simile al compromesso sul fiscal cliff annunciato a inizio anno. La prima tranche di tagli della spesa pubblica che graverebbe sul 2013, sarebbe di 85 miliardi di Dollari tra voci relative alla difesa e non difesa. La completa implementazione dei tagli comporterebbe un freno alla crescita stimata pari a circa lo 0,55% del PIL per l’anno in corso. La mancata definizione di un accordo tampone volto a ridurre l’ammontare dei tagli automatici sarebbe quindi un nuovo vento contrario per l’economia USA che sta gradualmente recuperando ma ancora con lentezza e gradualità” dice Maria Paola Toschi.
“C’è ancora tempo per arrivare a una soluzione a questo nuove round di gestione del deficit federale USA, i precedenti sono favorevoli e confermano la volontà politica dei due partiti, Democratici e Repubblicani, pur se guidati da posizioni politiche distanti, di cercare una soluzione favorevole all’economia e ai mercati. Probabilmente lo scenario migliore sarebbe attendere che l’economia USA prenda più slancio, si riporti ad una crescita vicino al potenziale e solo allora valutare delle decisioni più strutturali in tema di controllo del deficit. Infatti il rischio di lasciare scattare il sequester a marzo è che l’impatto sul deficit sia limitato e non risolutivo, mentre le implicazioni sfavorevoli sulla crescita e sull’occupazione siano pesanti. Una soluzione potrebbe essere dare più autonomia ai singoli dipartimenti e agenzie pubbliche di gestire i propri fondi o alzare i tetti alla spesa in attesa appunto di definire un sentiero di rientro delle spese più strutturale”.
I mercati, al momento, stanno tuttavia sottovalutando la questione.
“Lo S&P 500 ha continuato a salire da inizio anno ed è ora ben al di sopra della soglia psicologia di 1.500 punti. I mercati azionari americani sono ancora ricchi di opportunità legati a buoni fondamentali, interessanti valutazioni e attese di ripresa di attività di M&A e di investimenti. In questo contesto di ottimismo e re-risking, ovvero ripresa di propensione al rischio, il sequester potrebbe essere un pericolo proprio perchè scatterebbe in un momento in cui i mercati hanno alle spalle un lungo e costante rally. La ripresa di fiducia a livello globale rischia di scontrarsi con un nuovo capitolo sulla gestione dei debiti pubblici dei paesi occidentali, un tema destinato a condizionare le prospettive delle economie sviluppate ancora per lunghi anni” conclude Maria Paola Toschi.
Cosa c’è effettivamente dietro a questo termine inquietante che è entrato nella quotidianità del mondo finanziario?
“Il Sequester si rifersice a 1,2 mila miliardi di tagli automatici alla spesa pubblica, su un arco temporale di 10 anni, che scatteranno il 1 marzo 2013 se Democratici e Repubblicani non arriveranno alla definizione di un nuovo accordo, simile al compromesso sul fiscal cliff annunciato a inizio anno. La prima tranche di tagli della spesa pubblica che graverebbe sul 2013, sarebbe di 85 miliardi di Dollari tra voci relative alla difesa e non difesa. La completa implementazione dei tagli comporterebbe un freno alla crescita stimata pari a circa lo 0,55% del PIL per l’anno in corso. La mancata definizione di un accordo tampone volto a ridurre l’ammontare dei tagli automatici sarebbe quindi un nuovo vento contrario per l’economia USA che sta gradualmente recuperando ma ancora con lentezza e gradualità” dice Maria Paola Toschi.
“C’è ancora tempo per arrivare a una soluzione a questo nuove round di gestione del deficit federale USA, i precedenti sono favorevoli e confermano la volontà politica dei due partiti, Democratici e Repubblicani, pur se guidati da posizioni politiche distanti, di cercare una soluzione favorevole all’economia e ai mercati. Probabilmente lo scenario migliore sarebbe attendere che l’economia USA prenda più slancio, si riporti ad una crescita vicino al potenziale e solo allora valutare delle decisioni più strutturali in tema di controllo del deficit. Infatti il rischio di lasciare scattare il sequester a marzo è che l’impatto sul deficit sia limitato e non risolutivo, mentre le implicazioni sfavorevoli sulla crescita e sull’occupazione siano pesanti. Una soluzione potrebbe essere dare più autonomia ai singoli dipartimenti e agenzie pubbliche di gestire i propri fondi o alzare i tetti alla spesa in attesa appunto di definire un sentiero di rientro delle spese più strutturale”.
I mercati, al momento, stanno tuttavia sottovalutando la questione.
“Lo S&P 500 ha continuato a salire da inizio anno ed è ora ben al di sopra della soglia psicologia di 1.500 punti. I mercati azionari americani sono ancora ricchi di opportunità legati a buoni fondamentali, interessanti valutazioni e attese di ripresa di attività di M&A e di investimenti. In questo contesto di ottimismo e re-risking, ovvero ripresa di propensione al rischio, il sequester potrebbe essere un pericolo proprio perchè scatterebbe in un momento in cui i mercati hanno alle spalle un lungo e costante rally. La ripresa di fiducia a livello globale rischia di scontrarsi con un nuovo capitolo sulla gestione dei debiti pubblici dei paesi occidentali, un tema destinato a condizionare le prospettive delle economie sviluppate ancora per lunghi anni” conclude Maria Paola Toschi.