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Perché aumenta la volatilità? Come comportarsi?

5 Giugno 2013 20:00

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ati finanziari sono stati interessati da un aumento della volatilità la scorsa settimana dato che gli investitori hanno continuato a focalizzare l'attenzione sui segnali di indebolimento della crescita statunitense e sulle prossime mosse della Federal Reserve.

L'indice VIX (che misura la volatilità dei listini) è salito di oltre 15 punti la scorsa settimana – un valore ancora molto basso per gli standard storici, ma superiore allo scorso aprile. La scorsa settimana l'indice Dow Jones Industrial Average è sceso dell'1,3% a quota 15.115, lo S&P 500 ha perso l'1,1% a 1.630 punti e il Nasdaq Composite ha perso terreno toccando quota 3.455. Nei mercati del reddito fisso, i rendimenti dei Treasury sono saliti in modo sostenuto (i prezzi sono scesi) con il rendimento dei Treasury a dieci anni in rialzo da 2,01% a 2,15%.

Il rallentamento della crescita accresce i timori degli investitori. I dati della scorsa settimana sono risultati ancora al di sotto delle attese, dato che sono aumentate più del previsto le richieste dei sussidi dei disoccupati. Inoltre il settore manifatturiero ha mostrato un più forte indebolimento. Alcuni tra i più importanti indicatori economici chiave, infine, hanno segnato un andamento al ribasso, come ad esempio l'indice Chicago Fed National Activity (in forte calo in aprile).

Il rallentamento della crescita non riguarda tuttavia solo gli Stati Uniti. La maggior parte delle economie stanno rallentando a livello mondiale, fatta eccezione per il Giappone. L'Europa è in recessione, con un tasso di disoccupazione superiore al 12% e l'outlook della regione rimane incerto. Anche i mercati emergenti stanno mostrando i segnali di indebolimento, come evidenzia l'annuncio dell'India della scorsa settimana di un secondo trimestre consecutivo di crescita al di sotto del 5% - un calo forte contro le stime recenti di crescita intorno al 10%.

I timori degli investitori circa una possibile stretta della Fed appaiono prematuri. Questo fattore ha certamente contributo al rialzo della volatilità. Anche se è comprensibile che la Fed debba prima o poi ridurre parte delle sue politiche accomodanti, l'intervento in questo senso non sarà imminente. Oltre al rallentamento della crescita, segnalato dalla maggior parte degli indicatori economici, anche l'inflazione sta scendendo.

I dati della scorsa settimana hanno mostrato che l'indice della spesa personale in consumi continua ad aggirarsi intorno all'1%, la metà rispetto al livello target della Fed del 2% per l'inflazione. Con l'inflazione bassa e i dati economici deboli, è difficile immaginare il motivo per cui la Fed dovrebbe affrettarsi ad eliminare la politica monetaria accomodante.

Secondo noi, più che la stretta monetaria nel breve termine della Fed, gli investitori dovranno temere maggiormente il rallentamento della crescita economica. Non è prevista un'ulteriore recessione degli Stati Uniti ma la crescita si deteriorerà nel secondo trimestre e probabilmente anche nel terzo trimestre. E l'indebolimento della crescita indica un aumento della volatilità del mercato.

Il fattore positivo del rallentamento della crescita, tuttavia, è che l'intervento in materia di politica monetaria sarà rimandato alla fine del 2013 o all'inizio del 2014. Dal punto di vista degli investimenti, la politica monetaria espansiva contribuirà a mitigare il ribasso dei titoli causato dal rallentamento della crescita. Nel breve termine, anche in presenza di un aumento della volatilità, continuiamo a consigliare una posizione di sovrappeso delle azioni rispetto alle obbligazioni.

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