Christophe Bernard

L’appeal dell’equity con uno sguardo alla Cina

9 Dicembre 2013 14:34

financialounge -  Christophe Bernard cina imprese mercati azionari rendimenti riforme
o delle quotazioni delle materie prime e la bassa inflazione sui beni e i servizi hanno fatto diminuire nelle ultime settimane le attese di inflazione dei paesi industrializzati. Un contesto che consente alle banche centrali di mantenere la loro politica estremamente espansiva, sostenendo in tal modo i mercati finanziari. Uno scenario favorevole soprattutto alle azioni, sebbene le valutazioni non siano più particolarmente basse. Per questo è fondamentale assumere un approccio selettivo e individuare i temi promettenti, il cui potenziale di rialzo non è ancora scontato nei prezzi. Tra i paesi su cui prestare la massima attenzione figura senza dubbio la Cina.

“I notevoli progressi economici compiuti dalla Cina negli ultimi decenni sono riconducibili in gran parte all'adozione di principi capitalisti. L'attuale programma di riforme potrebbe spingere ancora di più il paese verso un'economia di libero mercato. Se applicate correttamente, le misure previste potrebbero non solo assicurare una crescita più sostenibile nei prossimi anni, ma anche spianare la strada a una rivalutazione delle azioni cinesi” dichiara Christophe Bernard, Chief Strategist di Vontobel.

Il ruolo della Cina nel mondo non può ormai essere sottovalutato: nessun altro paese ha un numero così elevato di abitanti e la sua economia è seconda solo a quella americana. Il suo influsso sui mercati delle materie prime non trova uguali. La Cina ha le maggiori riserve di valuta estera ed è il principale creditore degli USA, ancora prima del Giappone. Nel 2009, la sua elevata spesa pubblica, corrispondente al 15 percento del prodotto interno lordo, ha contribuito in modo decisivo a stabilizzare l'economia mondiale, paralizzata dal fallimento della banca d'investimento americana Lehman Brothers.

Da allora l'espansione dei consumi cinesi supera di quattro volte la crescita economica. La spesa di investimento, pari al 46 percento del PIL, è ferma su livelli intollerabili e l'industria pesante accusa notevoli sovraccapacità. In altre parole: l'attuale modello economico non è sostenibile.

“Di fronte alla minaccia di un deterioramento del dinamismo economico, i nuovi vertici di Pechino hanno sviluppato un piano ambizioso per superare le attuali criticità. Questo programma colpisce per la sua entità, profondità e possibile impatto: sono stati individuati 16 settori da riformare e proposti 60 provvedimenti da attuare entro il 2020. Questi interventi coprono un ampio ventaglio di compiti, come la deregulation dei mercati, la liberalizzazione della valuta e dei tassi, la sicurezza sociale, la demografia e una riforma agraria. Vengono affrontati anche temi delicati, come la lotta alla corruzione, la promozione dello Stato di diritto, il miglioramento dell'efficienza delle imprese statali e l'eliminazione dei campi di lavoro” puntualizza Christophe Bernard che non nasconde come le sfide da affrontare su questo cammino siano comunque numerose.

Tuttavia, l'istituzione di una commissione per le riforme, guidata dal Presidente Xi Jinping e composta da esponenti di spicco, testimonia comunque l'impegno per le riforme e dovrebbe contribuire a risolvere eventuali conflitti di interesse tra i ministeri. Con ricadute positive sul mercato azionario cinese le cui azioni, nonostante la rapida crescita dell'economia del paese, si trovano in un mercato orso dal 2007. Da allora, a causa dell'eccessivo livello di valutazione, la redditività del capitale investito è complessivamente in calo. La Cina è un esempio lampante di come una forte crescita economica non debba necessariamente riflettersi in una migliore performance dei mercati azionari.

Una delle cause è da ricercare nel fatto che i manager delle imprese statali hanno altre priorità che non massimizzare lo shareholder value. A questo proposito, i piani di riforma prevedono di migliorare la performance delle imprese statali per aumentare così dividendi in contanti distribuiti al sistema di sicurezza sociale. Un altro punto è l'introduzione di incentivi adeguati, affinché i vertici delle aziende generino migliori rendimenti di capitale.

“Sebbene sia difficile prevedere se - e quando - questi piani produrranno un valore aggiunto stabile o in costante rialzo, l'attuale valutazione (il rapporto prezzo/utile dell'indice MSCI China per il 2014 ammonta a 9,5) non sconta certo un miglioramento di redditività della «Cina SpA». Per questo motivo riteniamo che le prospettive di lungo termine del mercato azionario cinese siano molto attraenti nell'ottica del rapporto rischio-rendimento” conclude Christophe Bernard.

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