crescita economica
Turchia tra rischi a breve e opportunità a lungo termine
9 Dicembre 2013 09:15
a prospettiva di medio lungo termine, la Turchia può essere ritenuta uno dei mercati emergenti più interessanti per almeno tre importanti elementi: il fattore demografico (la sua è popolazione è giovane e sempre più orientata al consumo), un trend di ripresa economica accelerato e un alto potenziale di crescita per gli investitori.
Osservando in particolare il mercato azionario, si può constatare che il Borsa Istanbul National 100 index, che segna una perdita del 4,46% da inizio anno e un rialzo del 3,13% negli ultimi 12 mesi, mostra un rapporto prezzo /utili (p/e) del 9,9 e un dividend yield del 2,51%.
Tuttavia, in un’ottica di breve termine, le prospettive sono meno rosee soprattutto perché investitori potrebbero abbandonare, almeno in parte, il paese. La banca centrale è infatti alle prese con una sfida molto complicata: bilanciare la stabilità valutaria e la crescita, e, al contempo, rassicurare gli investitori che il paese sia stabile e prosperoso come negli ultimi 5 anni.
Il Fondo Monetario Internazionale, nella sua ultima relazione, ha dichiarato che il pil della Turchia dovrebbe salire del 3,8% quest’anno e ad un tasso analogo anche nel 2014: se questa crescita economica sostenuta fosse confermata il partito Islamico-conservatore guidato dall’attuale presidente Recep Tayyip Erdogan, potrebbe vincere le elezioni del prossimo anno e deliberare un rafforzamento dei poteri del presidente. Ma nel frattempo, sarà fondamentale osservare le dinamiche della Federal Reserve americana.
La Turchia, infatti, a causa dell’elevato disavanzo, ha una ingente dipendenza dai capitali stranieri e in questa fase sta accusando un lieve rallentamento dell’economia a causa della caduta dei flussi di investimento dall’estero: il tapering USA, se fosse troppo anticipato e più elevato del previsto, avrebbe quindi la conseguenza di influire in modo significativo sulla stabilità della valuta turca e la capacità del paese di auto finanziarsi.
Osservando in particolare il mercato azionario, si può constatare che il Borsa Istanbul National 100 index, che segna una perdita del 4,46% da inizio anno e un rialzo del 3,13% negli ultimi 12 mesi, mostra un rapporto prezzo /utili (p/e) del 9,9 e un dividend yield del 2,51%.
Tuttavia, in un’ottica di breve termine, le prospettive sono meno rosee soprattutto perché investitori potrebbero abbandonare, almeno in parte, il paese. La banca centrale è infatti alle prese con una sfida molto complicata: bilanciare la stabilità valutaria e la crescita, e, al contempo, rassicurare gli investitori che il paese sia stabile e prosperoso come negli ultimi 5 anni.
Il Fondo Monetario Internazionale, nella sua ultima relazione, ha dichiarato che il pil della Turchia dovrebbe salire del 3,8% quest’anno e ad un tasso analogo anche nel 2014: se questa crescita economica sostenuta fosse confermata il partito Islamico-conservatore guidato dall’attuale presidente Recep Tayyip Erdogan, potrebbe vincere le elezioni del prossimo anno e deliberare un rafforzamento dei poteri del presidente. Ma nel frattempo, sarà fondamentale osservare le dinamiche della Federal Reserve americana.
La Turchia, infatti, a causa dell’elevato disavanzo, ha una ingente dipendenza dai capitali stranieri e in questa fase sta accusando un lieve rallentamento dell’economia a causa della caduta dei flussi di investimento dall’estero: il tapering USA, se fosse troppo anticipato e più elevato del previsto, avrebbe quindi la conseguenza di influire in modo significativo sulla stabilità della valuta turca e la capacità del paese di auto finanziarsi.
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