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Calcio, tra fair play finanziario e megasponsorizzazioni

29 Maggio 2014 15:35

financialounge -  calcio Champions League sport UEFA
tanti modi con i quali è stata definita dai media la finale di Uefa Champions League di quest’anno disputata sabato scorso a Lisbona, quella dell’ennesima sfida tra Davide (rappresentato dall’Atletico Madrid che ha fatturato nel 2013 120 milioni di euro) e Golia (incarnato dal Real Madrid, primatista mondiale con 518,9 milioni di euro di ricavi) è stata la più gettonata.

Se il risultato finale ha premiato Golia, i termini del paragone epico non cambiano e, con essi, le riflessioni che ne derivano. Infatti in un settore come quello del calcio, sempre più dominato dai colossi (in termini di risorse finanziarie disponibili), si avverte la necessità di contrastare il doping finanziario per evitare che a vincere siano sempre i soliti pochi a discapito dei tanti che partecipano.

In questo senso ha assunto un rilievo crescente il cosiddetto fair play finanziario fortemente voluto dall’attuale presidente della Uefa Michel Platini. Il fair play finanziario ha l’obiettivo di limitare le disparità tra le società che, negli ultimi anni, sono generate da fattori di tipo economico – finanziario e non, come dovrebbero, di tipo sportivo.

Il piano di fair play finanziario si prefigge diversi obiettivi: Dare al sistema finanziario delle società un ordine e una razionalità; Incentivare l'auto-sostenibilità delle società, soprattutto a lungo termine; Incentivare la crescita delle infrastrutture; Incentivare la crescita dei settori giovanili; Incoraggiare la società a competere soltanto entro i propri introiti; Accertarsi che le società onorino gli impegni finanziari nei tempi prestabiliti; Diminuire le pressioni sulle richieste salariali e sui trasferimenti; Evitare di contrarre debiti eccessivi per finanziarie campagne acquisti di giocatori.

Le società che non avranno raggiunto gli obiettivi nel 2014 potrebbero rischiare di non poter più partecipare alle competizioni Uefa. Peccato che gli sponsor internazionali perseguano i propri obiettivi puntando sui marchi globali vincenti e non sulle società meglio gestite sotto il profilo sportivo-finanziario: basti pensare che Nike sarebbe pronta a rinnovare dal 2015 la partnership con il Manchester United per altri 10 anni versando 600 milioni di dollari (60 milioni all’anno) a fronte dei 510 milioni che ha pagato per il precedente contratto, della durata di 13 anni (39,2 milioni all’anno), che scadrà l’anno prossimo.

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