consumi
Torna a preoccupare l’indebitamento delle famiglie USA
9 Giugno 2014 09:45
a si tratta solo di un campanello d’allarme. Ma, per gli addetti ai lavori, è un fattore la cui evoluzione sarà da tenere strettamente sotto controllo nei prossimi mesi: le famiglie americane sono tornate a indebitarsi.
Il dettaglio della composizione del PIL USA del primo trimestre 2014 (che ha chiuso in contrazione di un punto percentuale) ha permesso di conoscere le consistenze relative sia alle attività che ai debiti della pubblica amministrazione, delle imprese e delle famiglie americane svelando che il saldo, relativo alle famiglie, rispetto al PIL è tornato in rosso dello 0,2%.
Ricordiamo che nel 2013 il rapporto era positivo per lo 0,4% e che nel 2009 si attestava addirittura a +2,8% (cioè le attività delle famiglie americane, al netto dei debiti, valevano il 2,8% della ricchezza degli Stati Uniti).
Il valore del rapporto del primo trimestre è in assoluto non molto rilevante, ma preoccupa per la sua tendenza che mostrerebbe una graduale e strutturale nuova propensione a contrarre debiti da parte dei consumatori a stelle e strisce.
Ma perché questo dovrebbe preoccupare così tanto?
In base a una statistica di lungo periodo, che abbraccia gli anni dal 1947 al 2005, la media del saldo finanziario netto delle famiglie americane sul PIL si è attestata al +1,6%. Tradotto in pratica, significa, che di norma le attività delle famiglie USA, al netto dei debiti, sono sempre state sufficientemente positive rispetto al PIL.
A fine 2006, invece, dopo quattro anni di crescita esorbitante dei debiti (anche a seguito del boom dei mutui subprime, i prestiti per l’acquisto di abitazioni erogati anche a cittadini con redditi minimi e impieghi precari) la percentuale toccò il -3,7%: nell’anno successivo, il 2007, scoppiò la bolla dei mutui subprime che creò le condizioni per il successivo fallimento della banca d’affari Lehman Brothers (settembre 2008) che portò alla profonda recessione mondiale di cui ancora oggi paghiamo le conseguenze.
Il dettaglio della composizione del PIL USA del primo trimestre 2014 (che ha chiuso in contrazione di un punto percentuale) ha permesso di conoscere le consistenze relative sia alle attività che ai debiti della pubblica amministrazione, delle imprese e delle famiglie americane svelando che il saldo, relativo alle famiglie, rispetto al PIL è tornato in rosso dello 0,2%.
Ricordiamo che nel 2013 il rapporto era positivo per lo 0,4% e che nel 2009 si attestava addirittura a +2,8% (cioè le attività delle famiglie americane, al netto dei debiti, valevano il 2,8% della ricchezza degli Stati Uniti).
Il valore del rapporto del primo trimestre è in assoluto non molto rilevante, ma preoccupa per la sua tendenza che mostrerebbe una graduale e strutturale nuova propensione a contrarre debiti da parte dei consumatori a stelle e strisce.
Ma perché questo dovrebbe preoccupare così tanto?
In base a una statistica di lungo periodo, che abbraccia gli anni dal 1947 al 2005, la media del saldo finanziario netto delle famiglie americane sul PIL si è attestata al +1,6%. Tradotto in pratica, significa, che di norma le attività delle famiglie USA, al netto dei debiti, sono sempre state sufficientemente positive rispetto al PIL.
A fine 2006, invece, dopo quattro anni di crescita esorbitante dei debiti (anche a seguito del boom dei mutui subprime, i prestiti per l’acquisto di abitazioni erogati anche a cittadini con redditi minimi e impieghi precari) la percentuale toccò il -3,7%: nell’anno successivo, il 2007, scoppiò la bolla dei mutui subprime che creò le condizioni per il successivo fallimento della banca d’affari Lehman Brothers (settembre 2008) che portò alla profonda recessione mondiale di cui ancora oggi paghiamo le conseguenze.
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