Banca Centrale Giappone

Anche la BoJ punta a congelare il bilancio record

18 Giugno 2014 09:35

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ca centrale del Giappone (BoJ) è diventata il più grande creditore dello Stato per la prima volta in assoluto, riflettendo un cambiamento guidato dall’allentamento quantitativo (QE) senza precedenti adottato dalla BoJ per stimolare l'inflazione nella terza più grande economia del mondo.

In un comunicato diffuso stamani, la Banca del Giappone ha superato le compagnie di assicurazione come il più grande detentore di titoli di Stato giapponesi alla fine di marzo tra categorie istituzionali rilevate dalla banca centrale: in particolare alla BOJ fa capo il 20,1 per cento delle obbligazioni governative, contro il 19,4 per cento di proprietà degli assicuratori che, per la prima volta dal 1997, sono stati superati in questa speciale graduatoria.

La banca centrale acquista 8 trilioni di yen (58 miliardi di euro) di titoli di Stato al mese al fine di debellare la deflazione che affligge il paese da oltre 20 anni: gli ingenti acquisti hanno inoltre tagliato liquidità nel secondo più grande mercato obbligazionario del mondo. E questo crea problemi non secondari per il futuro.

"La questione è se la BOJ sarà in grado di gestire una uscita ordinata dopo l’accumulazione di un enorme detenzione di obbligazioni governative”, ha infatti sottolineato Hiroshi Shiraishi, economista senior presso BNP Paribas SA a Tokyo che ha poi aggiunto: "Questo è un punto di riferimento che dovrebbe sollecitare il premier Abe ad accelerare i suoi sforzi per contenere il debito sempre più ingente del Giappone".

Non a caso i funzionari della BOJ starebbero prendendo in considerazione il mantenimento di un bilancio della banca centrale a livelli imponenti anche dopo il raggiungimento dell’obiettivo di inflazione, riducendo il rischio di un aumento dei rendimenti obbligazionari a lungo termine. Esattamente la stessa strategia che stanno pensando di attuare i funzionari della Federal Reserve USA, preoccupati che la vendita sul mercato delle obbligazioni in portafoglio per un controvalore di 4.300 miliardi di dollari possa schiacciare la ripresa degli Stati Uniti.

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