Andrew Harmstone
Emerging markets, sorpasso in scia ai mercati sviluppati
4 Agosto 2014 12:30
sorpasso in scia” è una manovra usata nelle corse automobilistiche, in cui un’automobile all’inseguimento di un’altra può sfruttare la bassa pressione aerea creata dalla scia di quest’ultima e procedere alla sua stessa velocità utilizzando il 70% circa della potenza. Al momento giusto, il pilota esegue il “sorpasso” sfruttando il rimanente 30% della potenza e il vantaggio della bassa pressione.
Questa particolare manovra automobilistica può essere presa in prestito per spiegare un fenomeno che si è verificato negli ultimi mesi sui mercati azionari.
Infatti, se da un lato i mercati statunitensi hanno reagito positivamente alle buone notizie provenienti dal fronte economico interno toccando nuovi massimi, dall’altro va rilevato che da marzo anche i mercati emergenti hanno iniziato a esprimere risultati brillanti. Ad esempio, dal 31 marzo fino all’11 luglio i mercati emergenti, misurati in base all’Indice Msci Emerging Markets, sono avanzati del 7,81%, a fronte del 4,67% realizzato dall’Indice Msci World (rappresentativo delle Borse mondiali dei paesi sviluppati) nello stesso periodo: insomma, è come se i mercati emergenti stessero effettuando un sorpasso in scia.
Nel caso dei mercati emergenti, la “bassa pressione” potrebbe essere costituita dalla forte domanda di esportazioni dei paesi in via di sviluppo esercitata da un’economia USA in espansione. La correlazione tra il tasso di crescita del PIL reale di un paese emergente e quello dell’economia statunitense tende a essere più elevata quando le esportazioni costituiscono un’ampia quota del PIL di quell’economia emergente.
Le uniche eccezioni sembrerebbero essere la Malesia e la Tailandia: una possibile causa potrebbe essere la natura delle loro esportazioni, che comprendono prodotti agricoli. In tutti i casi, è probabile che gli investitori considerino i mercati emergenti come un buon mezzo per investire su una crescita economica potenzialmente vigorosa negli USA, nell’ipotesi che i mercati emergenti riescano a sorpassare gli Stati Uniti grazie anche alla spinta esercitata dalla domanda americana per i loro prodotti d’esportazione.
“Perché ciò accada, tuttavia, è essenziale che la Fed continui a fornire liquidità in misura sufficiente a lubrificare l’economia statunitense. Una lubrificazione insufficiente potrebbe causare il surriscaldamento del motore e persino il suo arresto. Gli investitori sperano probabilmente che alla Fed l’indicatore della temperatura del motore funzioni bene” sottolinea Andrew Harmstone, Managing Director e Gestore di portafoglio Strategia Global Balanced Risk Controlled (GBaR) di Morgan Stanley Investment Management.
Questa particolare manovra automobilistica può essere presa in prestito per spiegare un fenomeno che si è verificato negli ultimi mesi sui mercati azionari.
Infatti, se da un lato i mercati statunitensi hanno reagito positivamente alle buone notizie provenienti dal fronte economico interno toccando nuovi massimi, dall’altro va rilevato che da marzo anche i mercati emergenti hanno iniziato a esprimere risultati brillanti. Ad esempio, dal 31 marzo fino all’11 luglio i mercati emergenti, misurati in base all’Indice Msci Emerging Markets, sono avanzati del 7,81%, a fronte del 4,67% realizzato dall’Indice Msci World (rappresentativo delle Borse mondiali dei paesi sviluppati) nello stesso periodo: insomma, è come se i mercati emergenti stessero effettuando un sorpasso in scia.
Nel caso dei mercati emergenti, la “bassa pressione” potrebbe essere costituita dalla forte domanda di esportazioni dei paesi in via di sviluppo esercitata da un’economia USA in espansione. La correlazione tra il tasso di crescita del PIL reale di un paese emergente e quello dell’economia statunitense tende a essere più elevata quando le esportazioni costituiscono un’ampia quota del PIL di quell’economia emergente.
Le uniche eccezioni sembrerebbero essere la Malesia e la Tailandia: una possibile causa potrebbe essere la natura delle loro esportazioni, che comprendono prodotti agricoli. In tutti i casi, è probabile che gli investitori considerino i mercati emergenti come un buon mezzo per investire su una crescita economica potenzialmente vigorosa negli USA, nell’ipotesi che i mercati emergenti riescano a sorpassare gli Stati Uniti grazie anche alla spinta esercitata dalla domanda americana per i loro prodotti d’esportazione.
“Perché ciò accada, tuttavia, è essenziale che la Fed continui a fornire liquidità in misura sufficiente a lubrificare l’economia statunitense. Una lubrificazione insufficiente potrebbe causare il surriscaldamento del motore e persino il suo arresto. Gli investitori sperano probabilmente che alla Fed l’indicatore della temperatura del motore funzioni bene” sottolinea Andrew Harmstone, Managing Director e Gestore di portafoglio Strategia Global Balanced Risk Controlled (GBaR) di Morgan Stanley Investment Management.