bilancia commerciale
Momento di luci e ombre per la Svizzera
4 Settembre 2014 10:45
anche sui cieli della Svizzera. Lo “Stato-scatoletta”, uno scrigno nel cuore dell’Europa racchiuso tra cime e ghiacciai, finora era considerato immune alla crisi e alla contrazione economica. I Cantoni invece si sono svegliati ieri con una brutta sorpresa: nel secondo trimestre il PIL è a zero e la crescita ferma.
Il dato è il peggiore degli ultimi due anni e inferiore alle aspettative. Gli analisti si aspettavano un +0,5%, ma la previsione è stata smentita: una flessione che contrasta la crescita del +0,5% del primo trimestre.
Secondo gli esperti, le cause di questa battuta d’arresto sono più di una.
La nazione “cuscinetto”, che all’estero ha un’identità assimilata ai suoi prodotti, come gli orologi e il cioccolato, può non essere così immune dalle ripercussioni della crisi che si è abbattuta sugli stati europei come Francia, Italia e, come rivelano gli ultimi dati, anche Germania. Tra i fattori che hanno condotto a questo risultato l’andamento della bilancia commerciale dei beni e servizi. Le esportazioni sono generalmente stagnanti: a un aumento dell’export di merci (esclusi metalli e pietre preziosi, e oggetti d'arte e d'antiquariato), grazie soprattutto agli articoli di gioielleria, corrisponde una diminuzione dell’export dell'industria meccanica, elettrotecnica e metallurgica. Di contro, sono cresciute le importazioni, in particolare dei prodotti chimico-farmaceutici.
Inoltre, alla diminuzione della domanda globale ha corrisposto un fisiologico calo della domanda interna. A pesare sugli scambi economici è anche la forza della valuta locale, che non agevola la crescita delle esportazioni. Anche gli investimenti sono fermi dopo una crescita del +0,2% di inizio anno. In particolare è cambiata la composizione degli acquisti: il primo trimestre ha visto l’aumento delle spese per le costruzioni, che nel secondo trimestre sono diminuite soprattutto a causa dei fattori climatici.
Contrastanti i dati sui consumi: quelli delle famiglie e delle istituzioni non a scopo di lucro per le economie domestiche sono cresciuti, ma sono diminuite quelli sanitari, così come le spese per lo Stato. Completa il quadro la situazione della produzione, che non ha dato forti incentivi alla crescita del PIL: i dati positivi dall’industria e approvvigionamento idrico ed elettrico sono controbilanciati dalla flessione in ambito finanziario e dei settori economici parastatali. Tutti questi fattori contribuiscono a delineare le motivazioni oggettive del rallentamento economico.
In ogni caso, nessuna analisi può prescindere da un aspetto macro e generalizzato. L’Eurozona vive un momento di globale difficoltà e di forte rallentamento molto vicino alla recessione, come conferma anche la decelerazione del PIL della Germania locomotiva d’Europa, e neanche la Svizzera, sebbene non appartenente alla Unione Europea, può considerarsi intoccabile.
Nonostante questo momento di arresto, la Svizzera si conferma l’economia più competitiva al mondo, come decretato dal World Economic Forum (WEF) che l’ha incoronata per il sesto anno consecutivo, seguita da Singapore e dagli USA. Il WEF ha premiato una serie di caratteristiche che consegnano alla Svizzera la medaglia d’oro: le istituzioni, il contesto macroeconomico, le infrastrutture, il sistema sanitario, il sistema educativo, il sistema finanziario, il mercato del lavoro, le innovazioni e l’alto livello di business.
La situazione di generale stabilità e prosperità per la Svizzera potrebbe cambiare nel corso dei prossimi anni. In particolare il mirino è puntato sulle correnti interne di pensiero che vorrebbero una minore chiusura ed inaccessibilità del mercato del lavoro da parte degli stranieri. Se dovesse configurarsi un tale scenario, le ripercussione potrebbero essere un generale impoverimento delle competenze e del personale qualificato, con una conseguente perdita di competività.
Il dato è il peggiore degli ultimi due anni e inferiore alle aspettative. Gli analisti si aspettavano un +0,5%, ma la previsione è stata smentita: una flessione che contrasta la crescita del +0,5% del primo trimestre.
Secondo gli esperti, le cause di questa battuta d’arresto sono più di una.
La nazione “cuscinetto”, che all’estero ha un’identità assimilata ai suoi prodotti, come gli orologi e il cioccolato, può non essere così immune dalle ripercussioni della crisi che si è abbattuta sugli stati europei come Francia, Italia e, come rivelano gli ultimi dati, anche Germania. Tra i fattori che hanno condotto a questo risultato l’andamento della bilancia commerciale dei beni e servizi. Le esportazioni sono generalmente stagnanti: a un aumento dell’export di merci (esclusi metalli e pietre preziosi, e oggetti d'arte e d'antiquariato), grazie soprattutto agli articoli di gioielleria, corrisponde una diminuzione dell’export dell'industria meccanica, elettrotecnica e metallurgica. Di contro, sono cresciute le importazioni, in particolare dei prodotti chimico-farmaceutici.
Inoltre, alla diminuzione della domanda globale ha corrisposto un fisiologico calo della domanda interna. A pesare sugli scambi economici è anche la forza della valuta locale, che non agevola la crescita delle esportazioni. Anche gli investimenti sono fermi dopo una crescita del +0,2% di inizio anno. In particolare è cambiata la composizione degli acquisti: il primo trimestre ha visto l’aumento delle spese per le costruzioni, che nel secondo trimestre sono diminuite soprattutto a causa dei fattori climatici.
Contrastanti i dati sui consumi: quelli delle famiglie e delle istituzioni non a scopo di lucro per le economie domestiche sono cresciuti, ma sono diminuite quelli sanitari, così come le spese per lo Stato. Completa il quadro la situazione della produzione, che non ha dato forti incentivi alla crescita del PIL: i dati positivi dall’industria e approvvigionamento idrico ed elettrico sono controbilanciati dalla flessione in ambito finanziario e dei settori economici parastatali. Tutti questi fattori contribuiscono a delineare le motivazioni oggettive del rallentamento economico.
In ogni caso, nessuna analisi può prescindere da un aspetto macro e generalizzato. L’Eurozona vive un momento di globale difficoltà e di forte rallentamento molto vicino alla recessione, come conferma anche la decelerazione del PIL della Germania locomotiva d’Europa, e neanche la Svizzera, sebbene non appartenente alla Unione Europea, può considerarsi intoccabile.
Nonostante questo momento di arresto, la Svizzera si conferma l’economia più competitiva al mondo, come decretato dal World Economic Forum (WEF) che l’ha incoronata per il sesto anno consecutivo, seguita da Singapore e dagli USA. Il WEF ha premiato una serie di caratteristiche che consegnano alla Svizzera la medaglia d’oro: le istituzioni, il contesto macroeconomico, le infrastrutture, il sistema sanitario, il sistema educativo, il sistema finanziario, il mercato del lavoro, le innovazioni e l’alto livello di business.
La situazione di generale stabilità e prosperità per la Svizzera potrebbe cambiare nel corso dei prossimi anni. In particolare il mirino è puntato sulle correnti interne di pensiero che vorrebbero una minore chiusura ed inaccessibilità del mercato del lavoro da parte degli stranieri. Se dovesse configurarsi un tale scenario, le ripercussione potrebbero essere un generale impoverimento delle competenze e del personale qualificato, con una conseguente perdita di competività.
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