Federal Reserve

La valutazione dell’equity sembra piuttosto tirata

5 Settembre 2014 12:06

financialounge -  Federal Reserve mercati azionari tassi di interesse utili Yves Longchamp
Champions League della finanza, un errore fortuito potrebbe avere un impatto devastante. Nel giugno 2013, dopo che la Fed annunciò che avrebbe ridotto i suoi acquisti di asset (tapering), i mercati azionari hanno perso il 4,8% ed i rendimenti dei titoli del Tesoro a 10 anni sono aumentati di 30 punti base nel giro di un paio di giorni.

“Queste pesanti correzioni sono dipese essenzialmente dall’incomprensione tra la Fed e gli attori del mercato. Questo esempio illustra il ruolo centrale della Fed in un ambiente così fragile. Visto che la banca centrale Usa interromperà il suo programma Quantitative Easing in ottobre, la fase successiva sarà con tutta probabilità rappresentata dal primo aumento dei tassi di interesse, forse a metà estate 2015” dichiara Yves Longchamp, Head of Macroeconomic Research di ETHENEA Independent Investors (Schweiz) AG.

Gli investitori sono nervosi in merito al potenziale impatto del primo aumento dei tassi di interesse sui mercati azionari, ponendosi numerosi interrogativi: Segnerà l’inizio di un ciclo di irrigidimento come nel 2004, e se così fosse, con quale velocità? Quanto è solida l’economia americana? Ci sarà un ritorno dell’inflazione? Domande alle quali non è affatto semplice rispondere anche perché è difficile poter confermare la continua espansione dei margini di profitto alla stessa velocità degli ultimi decenni.

Infatti il margine di profitto, cioè la quota di utili netti delle corporation americane rispetto al reddito nazionale, rappresenta attualmente il 12,8%, la percentuale più alta mai raggiunta in 70 anni. I tassi delle imposte aziendali negli Stati Uniti sono alti rispetto agli standard OCSE, ma l’elevato livello di indebitamento del governo purtroppo non ne permette una possibile riduzione.

I tassi di interesse sono virtualmente a zero ed il loro impatto positivo sugli utili svanirebbe anche se non subissero cambiamenti. Solo una persistente stagnazione del mercato del lavoro permetterebbe, in maniera perversa, di continuare a sostenere il margine di profitto. Basta immaginare che il reddito nazionale e l’utile netto continuino ad aumentare nei prossimi anni come è successo dal 2000 (anche nel corso della crisi finanziaria), cioè ad un tasso annualizzato del 3,9 % per il reddito nazionale e del 9,4% per i profitti: in un tale scenario, il margine di profitto raggiungerebbe uno stellare 21,5 % nel 2025.

“Una crescita bassa, bassi tassi di interesse, bassa volatilità, bassa inflazione ed alti utili sono dimostrativi di un mercato fragile e dissonante. La valutazione delle azioni sembra allungata visto che gli utili non dovrebbero aumentare nei prossimi anni alla stessa velocità degli ultimi decenni. Soprattutto se la Fed farà quello che il mercato ritiene che possa fare, e cioè procedere ad un aumento dei tassi il prossimo anno” è la conclusione di Yves Longchamp.

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