Federal Reserve

Attesa una maggiore volatilità nel fixed income e nei cambi

16 Settembre 2014 15:40

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il progressivo sganciamento delle politiche monetarie, potremmo entrare in un periodo di maggiore volatilità dei mercati obbligazionari e dei cambi”.

Ad affermarlo è la Pictet Asset Management Strategy Unit (PSU), il gruppo di investimento responsabile delle linee guida di asset al location in ambito azionario e obbligazionario, nonché in materia di valute e di commodity. Gli esperti della PSU, nel Barometer di settembre 2014, fanno presente come, mentre la BCE dovrebbe fornire nuovi stimoli nell’immediato, la Fed si prepara a concludere il programma di acquisto di obbligazioni e ad effettuare il primo rialzo dei tassi di interesse entro la prima metà dell’anno prossimo.
Inoltre, in agosto, anche la Bank of England ha fatto un passo verso l’inasprimento, in quanto due membri del Comitato di politica monetaria hanno votato a favore di un aumento dei tassi manifestando un dissenso per la prima volta dal 2011.

“Nel nostro portafoglio fixed income abbiamo quindi assunto una posizione basata sull’appiattimento della curva in Europa e su una maggiore inclinazione di quella statunitense” fanno sapere gli specialisti della PSU che invece confermano il sovrappeso nel debito emergente, sia quello in valuta forte sia quello corporate. Tali asset class sono, per la PSU, interessanti in un contesto di bassi tassi di interesse e volatilità che porta ad intensificare la ricerca di rendimenti. Anche se da inizio anno il debito in valuta forte ha guadagnato quasi il 10% in USD, offrendo la performance più brillante in ambito fixed income, gli spread rispetto ai Treasury USA, a 280 punti base, sono ancora allettanti. Anche il debito corporate presenta uno spread appetibile rispetto ai buoni del Tesoro americano (290 punti base), dato che molte società dei Paesi emergenti beneficeranno di una ripresa dell’attività globale.

“Siamo invece ancora prudenti nei confronti delle emissioni in valuta locale. Riteniamo infatti che le divise dei Paesi emergenti resteranno sotto pressione rispetto al dollaro americano. A nostro parere, le banche centrali di tali aree favoriranno la svalutazione monetaria per sostenere le esportazioni e ridurre il disavanzo delle partite correnti. Una valuta più debole contribuirebbe anche alla realizzazione delle riforme strutturali tanto necessarie per proteggersi dagli shock economici” commenta la PSU che poi conclude sul debito della zona euro: “I titoli di stato europei restano sottopesati. I rendimenti del debito sovrano dei principali Paesi della regione hanno toccato nuovi minimi e gli investitori sono quindi poco tutelati contro i rischi di ribasso”.

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