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Privatizzazioni e IPO, ingorgo 2015 a Piazza Affari

30 Settembre 2014 15:00

financialounge -  enel eni Ferrovie delle Stato IPO Piazza Affari Poste Italiane Privatizzazioni
lato c’è l’esigenza, inderogabile, di rassicurare i partner europei che l’Italia sta facendo i compiti a casa garantendo a Bruxelles che entro il 2017 verranno reperite risorse per 30 miliardi di euro circa (pari al 2,1% del PIL) da utilizzare per la riduzione del debito pubblico del nostro paese. Dall’altra è necessario valorizzare al meglio gli asset che l’Italia intende cedere sul mercato: dalle Poste all’Enav, da Sogei alle Ferrovie dello Stato, fino alle quote azionarie di Stm, Finmeccanica, Eni ed Enel.
In mezzo a queste due contrapposte opzioni, si sta configurando un problema non certo di poco conto: il possibile ingorgo nei collocamenti in Piazza Affari. Scopriamo il perché.

La quotazioni in Borsa di Poste italiane è stata rimandata al 2015 anche perché il nuovo management ha suggerito al Governo di risolvere in modo strutturale la definizione dei contratti di servizio per quelle divisioni (recapiti postali classici) che sono in perdita ma che assolvono a un servizio pubblico, in modo da rendere il budget industriale sostenibile nel medio lungo termini. In tutti i casi, dal momento che il valore di Poste italiane dovrebbe oscillare intorno ai 12 miliardi di euro, il collocamento del 49% delle quota comporterebbe una richiesta al mercato di circa 5,5 – 6 miliardi.

Stesso discorso per le Ferrovie delle Stato. La riunione della scorsa settimana tra i tecnici dei ministeri dell’Economia e delle Infrastrutture, i vertici del gruppo ferroviario e le banche advisor del collocamento in Borsa, hanno valutato che la scelta migliore sia quella di vendere l’intera holding lasciando la maggioranza in mano pubblica: in base alle ultime stime, ci si aspetta un incasso per lo stato italiano tra i 5 e i 6 miliardi.

Se a questi valori si aggiungono un altro 5% di Enel da piazzare sul mercato (la scorsa settimana è stato avviato l’iter per la cessione con l’advisor finanziario e quello legale) che vale circa 2 miliardi e un altro 4,3% di Eni (che vale circa 3 miliardi di euro), si arriva ad una somma tra i 15,5 e i 17 miliardi di euro che lo stato intenderebbe incassare da IPO e privatizzazioni nel 2015: una cifra che potrebbe risultare piuttosto difficile da digerire per un listino azionario come quello italiano soprattutto se l’anno prossimo gli umori degli investitori fossero meno propensi al rischio rispetto ad oggi.

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