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Ecco perché gli Eurobond sono meglio del QE

9 Ottobre 2014 10:30

financialounge -  Abs BCE quantitative easing titoli di stato Zest Asset Management
recente intervista al Wall Street Journal, il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, si è dichiarato nettamente contrario sia all’acquisto annunciato dalla BCE degli ABS (Asset Backed Securities) e sia anche al possibile acquisto dei titoli di stato dell’Eurozona (il cosiddetto QE, quantitative easing): la sua tesi, condivisa anche dall’economista austriaco Ewald Nowotny, è che c’è il rischio di pagarli ad un prezzo eccessivamente alto, con ricadute pesantemente negative sui contribuenti dell’unione e, inoltre, di indurre la politica monetaria della BCE ad essere dipendente dalla politica.

Il problema è che, a fronte di un’economia europea che arranca, il presidente della Bundesbank non fornisce soluzioni efficaci alternative per la ripartenza. L'Europa ha infatti iniziato una nuova fase di contrazione della crescita che rischia di riportare sull'orlo della recessione buona parte dei paesi che ne erano appena usciti. Un fenomeno puntualmente fotografato dal Fondo monetario internazionale (FMI) che martedi 7 ottobre ha tagliato le previsioni di crescita dell’Eurozona per il 2014 (allo 0,8% dall’1,3% previsto a luglio) e per il 2015 (all’1,3%, lo 0,3 per cento in meno stimato tre mesi fa). Questo, peraltro, accade proprio in concomitanza di un contesto finanziario abbastanza favorevole, dove gli spread dei governativi dei paesi periferici dell’Eurozona si erano chiusi sui minimi e mentre la BCE ha cercato di sostenere il credito con tassi negativi sui depositi presso la Banca Centrale e nuovi stimoli monetari.

“La BCE sa benissimo che tutto quello che sta facendo per sostenere il credito nell'area Euro è inefficace, infatti da gennaio i prestiti bancari si sono contratti del 5,7% (vedi Bollettino BCE di Agosto) e la domanda di credito ristagna. Dare ulteriore liquidità ora non farà che confermare la trappola della liquidità in cui si trova l'Europa. Il credito non riparte perché l'economia non va e la domanda di credito (non solo l'offerta) non c'è” sottolinea Maurizio Novelli, Global Strategist di Zest Asset Management, per il quale la verità è che l'area Euro si sta giapponesizzando (Japanisation) perchè la Banca Centrale è ormai in netto e plateale ritardo sulle politiche reflazionistiche così come la BoJ dopo la crisi del Giappone negli anni novanta.

Inoltre le politiche fiscali espansive di cui si parla non possono essere fatte perché molti paesi europei hanno livelli di debito pubblico troppo alti e moltiplicatori di spesa pubblica sono di dubbia efficacia. Per Maurizio Novelli, ci vorrebbero gli Eurobonds per finanziare politiche fiscali espansive sebbene, come ammette lo stesso strategist, su questo tema siamo ancora in alto mare. In ogni caso, ecco come funzionerebbero gli eurobond. L’Unione Europea si farebbe carico del debito federale rispondendo in solido su di esso, senza differenziazione a livello di singoli stati ai quali resterebbero in capo i debiti del paese. Questo nuovo soggetto emittente si presenterebbe sul mercato con, probabilmente, un rating massimo (tripla A), alcuni progetti infrastrutturali strutturali ben delineati da finanziarie in tutta l’eurozona (aeroporti, autostrade, porti, collegamenti ferroviari, reti di comunicazione, banda larga, ricerca medica, bonifica del territorio, progetti ambientali, ecc.).

L’eccesso di risparmio mondiale troverebbe, in questi bond , degli strumenti solidi e interessanti per gli impieghi a medio-lungo termine: in tal modo, se dovessero prendere effettivamente corpo, gli eurobond non dovrebbero fare fatica a trovare sottoscrittori e diventerebbero quindi dei prodotti obbligazionari molto richiesti dagli investitori.
Al punto di creare qualche serio problema alla raccolta del Tesoro italiano?

“Non credo che ci siano eccessivi rischi in questo senso” commenta Maurizio Novelli che subito dopo aggiunge: “L’Unione Europea, infatti, in caso di emissione di eurobond, coprirebbe una parte della spesa pubblica di pertinenza dei singoli stati avocando a sé alcune competenze specifiche. Penso che potrebbe farsi carico delle spese infrastrutturali federali (le autostrade, solo per fare un esempio) i cui costi finirebbero di conseguenza per non pesare più nel bilancio del singolo paese”.

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