petrolio
Mosca, 55 miliardi di dollari non bastano a difendere il rublo
21 Ottobre 2014 15:15
nterventi in valuta della banca centrale russa non sono sufficienti a prevenire l'indebolimento rublo, il cui cambio con il dollaro USA e l’euro continuerà gradualmente a perdere quota nonostante i ripetuti e regolari sostegni sul mercato da parte delle autorità monetarie della Russia” ha affermato Alexei Egorov, analista presso la OAO Promsvyazbank di Mosca.
Nelle ultime due settimane la banca centrale della Russia ha impiegato altri due miliardi di dollari delle proprie riserve per sostenere il rublo, una somma superiore a quanto speso subito dopo l'incursione in Ucraina. Era il 4 marzo di quest’anno quando il presidente Vladimir Putin ha ordinato il via libera all'incursione in Crimea che ha innescato uno scontro con gli Stati Uniti ed i suoi alleati da qual momento il patrimonio della nazione ha subito pesanti contraccolpi.
Il Governatore della Banca centrale, Elvira Nabiullina, ha intensificato la difesa del rublo ma pagando un conto salato: le riserve valutarie della Russia sono diminuite dell'equivalente di 55 miliardi di dollari dal’inizio dell’anno attestandosi a quota 457 miliardi la scorsa settimana. Nonostante questa massiccia difesa sul mercato dei cambi, il rublo ha perso il 15 per cento contro il dollaro negli ultimi tre mesi, contribuendo ad un peggioramento del tasso di inflazione, che ha raggiunto nel mese di settembre a Mosca il suo livello più un alto degli ultimi tre anni. Ma c’è di più.
La Russia deve ora fronteggiare un altro inatteso problema i cui contraccolpi potrebbero diventare letali per l’economia del paese: il crollo dei prezzi del petrolio. Il greggio Brent, è infatti scivolato venerdi scorso al prezzo più basso degli ultimi 48 mesi e, dal momento che l’economia russa si basa prevalentemente sulle esportazioni del petrolio, Mosca rischia di registrare la crescita più lenta dalla recessione del 2009 con il pericolo concreto, per alcuni economisti, di finire addirittura sulla soglia di recessione.
L’attenzione degli osservatori è ora tutta alla prossima riunione della banca centrale russa del prossimo 31 ottobre. "La situazione, a nostro avviso, rende la decisione di un aumento dei tassi di interesse una mossa sempre più probabile ogni giorno che passa" hanno dichiarato gli analisti valutari della Sberbank che poi hanno aggiunto: “Pensiamo che la situazione richieda che la banca centrale sia in grado di puntellare il tasso di cambio del rublo per alleviare l’emorragia degli acquisti in dollari statunitensi".
L’evoluzione dell’economia russa è seguita con estrema attenzione sia dagli investitori obbligazionari (interessati alle dinamiche delle valute emergenti di cui il rublo è una delle più scambiate sui mercati) e sia dalle autorità europee (e italiane in particolare), preoccupate per la possibilità del varo di nuove sanzioni di ritorsione da Mosca.
Nelle ultime due settimane la banca centrale della Russia ha impiegato altri due miliardi di dollari delle proprie riserve per sostenere il rublo, una somma superiore a quanto speso subito dopo l'incursione in Ucraina. Era il 4 marzo di quest’anno quando il presidente Vladimir Putin ha ordinato il via libera all'incursione in Crimea che ha innescato uno scontro con gli Stati Uniti ed i suoi alleati da qual momento il patrimonio della nazione ha subito pesanti contraccolpi.
Il Governatore della Banca centrale, Elvira Nabiullina, ha intensificato la difesa del rublo ma pagando un conto salato: le riserve valutarie della Russia sono diminuite dell'equivalente di 55 miliardi di dollari dal’inizio dell’anno attestandosi a quota 457 miliardi la scorsa settimana. Nonostante questa massiccia difesa sul mercato dei cambi, il rublo ha perso il 15 per cento contro il dollaro negli ultimi tre mesi, contribuendo ad un peggioramento del tasso di inflazione, che ha raggiunto nel mese di settembre a Mosca il suo livello più un alto degli ultimi tre anni. Ma c’è di più.
La Russia deve ora fronteggiare un altro inatteso problema i cui contraccolpi potrebbero diventare letali per l’economia del paese: il crollo dei prezzi del petrolio. Il greggio Brent, è infatti scivolato venerdi scorso al prezzo più basso degli ultimi 48 mesi e, dal momento che l’economia russa si basa prevalentemente sulle esportazioni del petrolio, Mosca rischia di registrare la crescita più lenta dalla recessione del 2009 con il pericolo concreto, per alcuni economisti, di finire addirittura sulla soglia di recessione.
L’attenzione degli osservatori è ora tutta alla prossima riunione della banca centrale russa del prossimo 31 ottobre. "La situazione, a nostro avviso, rende la decisione di un aumento dei tassi di interesse una mossa sempre più probabile ogni giorno che passa" hanno dichiarato gli analisti valutari della Sberbank che poi hanno aggiunto: “Pensiamo che la situazione richieda che la banca centrale sia in grado di puntellare il tasso di cambio del rublo per alleviare l’emorragia degli acquisti in dollari statunitensi".
L’evoluzione dell’economia russa è seguita con estrema attenzione sia dagli investitori obbligazionari (interessati alle dinamiche delle valute emergenti di cui il rublo è una delle più scambiate sui mercati) e sia dalle autorità europee (e italiane in particolare), preoccupate per la possibilità del varo di nuove sanzioni di ritorsione da Mosca.
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