crescita economica
Borse, focus sull’Europa in attesa del rilancio del Giappone
16 Dicembre 2014 14:20
tinuiamo a privilegiare le azioni europee da una prospettiva tattica: l’Europa è l’unica regione sulla quale siamo sovraponderati, sebbene anche i titoli azionari giapponesi inizino ad apparire interessanti” sottolineano gli esperti della Pictet Asset Management Strategy Unit (PSU), il gruppo di investimento responsabile delle linee guida di asset allocation in ambito azionario e obbligazionario, nonché in materia di valute e di commodity nel Barometro di dicembre. Ma vediamo insieme come gli specialisti della PSU argomentano le loro scelte di asset al location mensili.
“Malgrado le persistenti difficoltà che pesano sull’economia dell’Eurozona, riteniamo che il clima di investimento per le azioni europee dovrebbe migliorare, poiché la BCE si dimostra ogni giorno più determinata a evitare la deflazione. In aggiunta, gli effetti positivi della flessione dei prezzi del petrolio e della debolezza dell’Euro dovrebbero presto trasmettersi alle imprese europee. In assenza di un’escalation delle tensioni fra la Russia e l’Europa, le esportazioni delle aziende del continente dovrebbero acquistare slancio, dando impulso agli utili societari. A tal proposito, merita rilevare che il terzo trimestre 2014 ha riservato sorprese positive sul fronte sia del fatturato sia dei profitti, a suggerire che le previsioni di consenso sulla crescita siano troppo pessimistiche. Inoltre, le valutazioni delle azioni europee sono interessanti: il premio al rischio azionario della regione, pari a circa 6 punti percentuali, è più elevato rispetto a quello di tutte le altre maggiori piazze azionarie (mercati emergenti inclusi), ad eccezione del Giappone. Inoltre, dopo un lungo periodo caratterizzato da deflussi, negli ultimi due mesi il posizionamento degli investitori nell’asset class è diventato estremamente ribassista, creando i presupposti per un rimbalzo” dicono alla PSU che reputa le azioni giapponesi appetibili sotto diversi punti di vista.
In primo luogo, le imprese orientate alle esportazioni dovrebbero beneficiare della debolezza dello Yen, che per la prima volta è sceso al di sotto del tasso di parità dei poteri d’acquisto.
In secondo luogo, i titoli domestici dovrebbero ricevere un impulso significativo dalla modifica della politica d’investimento del maggiore fondo pensione pubblico giapponese, il GPIF, che intende incrementare la propria allocazione in azioni nipponiche dall’attuale target del 12% al 25%.
In terzo luogo, l’ampliamento del programma di acquisto di obbligazioni della BoJ dovrebbe sostenere la crescita.
Infine, le riforme avviate dal Primo ministro Shinzo Abe promettono di migliorare la governance delle aziende del Paese.
Per gli esperti della PSU anche gli Stati Uniti potrebbero sembrare un mercato interessante. La crescita americana è infatti in via di accelerazione e diverse grandi società statunitensi sono destinate a beneficiare di un aumento della spesa per consumi indotto dal calo dei prezzi del petrolio. Tuttavia, per quanto gli operatori della vendita al dettaglio abbiano pubblicato solidi risultati trimestrali, le azioni statunitensi sono nel complesso sopravvalutate.
“Secondo il nostro modello, che aggrega una vasta gamma di parametri di valutazione e mette a confronto i dati correnti con il trend storico, gli Stati Uniti sono la regione di gran lunga più costosa. La principale modifica della nostra allocazione settoriale riguarda l’esposizione ai beni voluttuari, passata da neutrale a sovraponderata. I produttori di beni di consumo dovrebbero trarre vantaggio dalla diminuzione dei prezzi del petrolio, poiché i minori costi dell’energia stimolano la spesa delle famiglie. Le vendite al dettaglio tendono ad aumentare nei mesi successivi a un brusco calo delle quotazioni petrolifere. I consumatori statunitensi dovrebbero evidenziare l’aumento più consistente della spesa, benché sia prevedibile un incremento degli acquisti anche da parte delle famiglie europee e giapponesi” dicono gli specialisti della PSU che, inoltre, mantengono il sovrappeso sull’energia.
“Sebbene i prezzi del petrolio siano diminuiti più di quanto avessimo inizialmente previsto, riteniamo che i margini per un’ulteriore flessione siano limitati, rendendo nuovamente interessante il settore energetico. Abbiamo ridotto l’esposizione alla tecnologia, nonostante i fondamentali solidi, poiché il posizionamento degli investitori nel settore è eccessivamente rialzista” conclude la PSU.
“Malgrado le persistenti difficoltà che pesano sull’economia dell’Eurozona, riteniamo che il clima di investimento per le azioni europee dovrebbe migliorare, poiché la BCE si dimostra ogni giorno più determinata a evitare la deflazione. In aggiunta, gli effetti positivi della flessione dei prezzi del petrolio e della debolezza dell’Euro dovrebbero presto trasmettersi alle imprese europee. In assenza di un’escalation delle tensioni fra la Russia e l’Europa, le esportazioni delle aziende del continente dovrebbero acquistare slancio, dando impulso agli utili societari. A tal proposito, merita rilevare che il terzo trimestre 2014 ha riservato sorprese positive sul fronte sia del fatturato sia dei profitti, a suggerire che le previsioni di consenso sulla crescita siano troppo pessimistiche. Inoltre, le valutazioni delle azioni europee sono interessanti: il premio al rischio azionario della regione, pari a circa 6 punti percentuali, è più elevato rispetto a quello di tutte le altre maggiori piazze azionarie (mercati emergenti inclusi), ad eccezione del Giappone. Inoltre, dopo un lungo periodo caratterizzato da deflussi, negli ultimi due mesi il posizionamento degli investitori nell’asset class è diventato estremamente ribassista, creando i presupposti per un rimbalzo” dicono alla PSU che reputa le azioni giapponesi appetibili sotto diversi punti di vista.
In primo luogo, le imprese orientate alle esportazioni dovrebbero beneficiare della debolezza dello Yen, che per la prima volta è sceso al di sotto del tasso di parità dei poteri d’acquisto.
In secondo luogo, i titoli domestici dovrebbero ricevere un impulso significativo dalla modifica della politica d’investimento del maggiore fondo pensione pubblico giapponese, il GPIF, che intende incrementare la propria allocazione in azioni nipponiche dall’attuale target del 12% al 25%.
In terzo luogo, l’ampliamento del programma di acquisto di obbligazioni della BoJ dovrebbe sostenere la crescita.
Infine, le riforme avviate dal Primo ministro Shinzo Abe promettono di migliorare la governance delle aziende del Paese.
Per gli esperti della PSU anche gli Stati Uniti potrebbero sembrare un mercato interessante. La crescita americana è infatti in via di accelerazione e diverse grandi società statunitensi sono destinate a beneficiare di un aumento della spesa per consumi indotto dal calo dei prezzi del petrolio. Tuttavia, per quanto gli operatori della vendita al dettaglio abbiano pubblicato solidi risultati trimestrali, le azioni statunitensi sono nel complesso sopravvalutate.
“Secondo il nostro modello, che aggrega una vasta gamma di parametri di valutazione e mette a confronto i dati correnti con il trend storico, gli Stati Uniti sono la regione di gran lunga più costosa. La principale modifica della nostra allocazione settoriale riguarda l’esposizione ai beni voluttuari, passata da neutrale a sovraponderata. I produttori di beni di consumo dovrebbero trarre vantaggio dalla diminuzione dei prezzi del petrolio, poiché i minori costi dell’energia stimolano la spesa delle famiglie. Le vendite al dettaglio tendono ad aumentare nei mesi successivi a un brusco calo delle quotazioni petrolifere. I consumatori statunitensi dovrebbero evidenziare l’aumento più consistente della spesa, benché sia prevedibile un incremento degli acquisti anche da parte delle famiglie europee e giapponesi” dicono gli specialisti della PSU che, inoltre, mantengono il sovrappeso sull’energia.
“Sebbene i prezzi del petrolio siano diminuiti più di quanto avessimo inizialmente previsto, riteniamo che i margini per un’ulteriore flessione siano limitati, rendendo nuovamente interessante il settore energetico. Abbiamo ridotto l’esposizione alla tecnologia, nonostante i fondamentali solidi, poiché il posizionamento degli investitori nel settore è eccessivamente rialzista” conclude la PSU.