livello di rischio
Le ragioni della prudenza nei mercati azionari emergenti
2 Gennaio 2015 14:00
ultimi due mesi i mercati azionari emergenti hanno ripreso a muoversi al ribasso, penalizzati dal forte calo dei prezzi del petrolio. Mentre alcuni paesi asiatici come l’India (+1,7%), la Turchia (+2,0%), e la Cina (+3%), grazie al taglio a sorpresa di 25 punti base dei tassi di interesse della banca centrale, hanno mostrato una buona tenuta, molti importanti mercati dell’universo emergente hanno chiuso il bimestre in forte ribasso, come la Russia (-22,2%), il Messico (-9,8%) o il Brasile (-13,7%).
Per il mercato brasiliano, l’impatto del ribasso del prezzo del barile su Petrobras si è sommato alla mancanza di visibilità macroeconomica dopo la rielezione di Dilma Rousseff. Con una perdita del 3,5% in euro, negli ultimi due mesi, i mercati emergenti hanno continuato a sottoperformare i mercati sviluppati (+4,2%), e il divario si amplia ulteriormente in termini di performance da inizio anno (+7,6% contro il +17,9%) e, soprattutto, negli ultimi due anni (-2,2% per l’azionario emergente a fronte di un +40% dell’indice delle Borse mondiali).
“Da un punto di vista puramente fondamentale, in assenza di miglioramenti sostanziali dell’attività economica o dei risultati societari, le valutazioni rappresentano il solo vero fattore di sostegno per questi mercati, giustificando un posizionamento neutrale. Tuttavia, sul breve termine le pressioni deflazionistiche sui prezzi delle commodity, unite alla forza del dollaro, continueranno probabilmente a pesare sulla performance di questa asset class. Giudizio positivo su: Messico, Thailandia e Turchia. Giudizio negativo su: Brasile, Malesia, Russia e Sudafrica” puntualizza la divisione Global Emerging di Natixis Global Asset management che poi elenca anche i cinque rischi principali per chi investe, o vorrebbe farlo, in questa asset class:
“In primis, ulteriori flussi in uscita e nuova fase di debolezza delle valute emergenti innescati da tensioni sui tassi a lungo termine statunitensi. Poi la debolezza del prezzo delle commodity. Quindi il rischio politico (Cina/Hong Kong) e quello geopolitico (Russia/Ucraine, Medio Oriente, ecc). A questo aggiungeremmo anche l’inerzia o il deterioramento dei dati macroeconomici nel mondo emergente rispetto ai paesi sviluppati. Infine, ma non meno importante, può impattare anche l’evoluzione negativa del sentiment degli investitori”.
Per il mercato brasiliano, l’impatto del ribasso del prezzo del barile su Petrobras si è sommato alla mancanza di visibilità macroeconomica dopo la rielezione di Dilma Rousseff. Con una perdita del 3,5% in euro, negli ultimi due mesi, i mercati emergenti hanno continuato a sottoperformare i mercati sviluppati (+4,2%), e il divario si amplia ulteriormente in termini di performance da inizio anno (+7,6% contro il +17,9%) e, soprattutto, negli ultimi due anni (-2,2% per l’azionario emergente a fronte di un +40% dell’indice delle Borse mondiali).
“Da un punto di vista puramente fondamentale, in assenza di miglioramenti sostanziali dell’attività economica o dei risultati societari, le valutazioni rappresentano il solo vero fattore di sostegno per questi mercati, giustificando un posizionamento neutrale. Tuttavia, sul breve termine le pressioni deflazionistiche sui prezzi delle commodity, unite alla forza del dollaro, continueranno probabilmente a pesare sulla performance di questa asset class. Giudizio positivo su: Messico, Thailandia e Turchia. Giudizio negativo su: Brasile, Malesia, Russia e Sudafrica” puntualizza la divisione Global Emerging di Natixis Global Asset management che poi elenca anche i cinque rischi principali per chi investe, o vorrebbe farlo, in questa asset class:
“In primis, ulteriori flussi in uscita e nuova fase di debolezza delle valute emergenti innescati da tensioni sui tassi a lungo termine statunitensi. Poi la debolezza del prezzo delle commodity. Quindi il rischio politico (Cina/Hong Kong) e quello geopolitico (Russia/Ucraine, Medio Oriente, ecc). A questo aggiungeremmo anche l’inerzia o il deterioramento dei dati macroeconomici nel mondo emergente rispetto ai paesi sviluppati. Infine, ma non meno importante, può impattare anche l’evoluzione negativa del sentiment degli investitori”.
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