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Emergenti, la selezione dei bond può dare ancora soddisfazioni

13 Gennaio 2015 10:20

financialounge -  dollaro Fondi obbligazionari mercati emergenti Natixis Investment Managers petrolio
ante un buon 2014 (+6,1%), i fondi obbligazionari Paesi emergenti chiudono il biennio 2013- 2014 in coda alla classifica degli investimenti a reddito fisso stilata in base alle performance degli ultimi 24 mesi: l’indice di categoria segna infatti un -0,1% contro il +3,3% annuo dell’indice generale dei fondi obbligazionari, il +5,8% degli obbligazionari misti, il +5,3% degli obbligazionari governativi euro a medio lungo termine e il +4,8% degli obbligazionari euro corporate bond investment grade.
I comparti del risparmio gestito specializzati sul debito emergente restano però in testa alla graduatoria degli ultimi 5 anni (+5,7% su base annua) e in quella a 10 anni (+4,8%). Si tratta di un’asset class che non può essere trascurata dagli investitori in cerca di una valida diversificazione del portafoglio obbligazionario e, al contempo, di una buona fonte di rendimento: i bond emerging markets in valuta locale offrono tra il 6,5% e il 7% mentre quelli denominati in valute forti assicurano una remunerazione tra il 5,5% e il 6%. Ma è indispensabile la selezione.

“Da diversi mesi la domanda mondiale più debole e la crescita della produzione di gas e petrolio di scisto causano un eccesso di offerta. L’OPEC, riunitosi a fine novembre, ha scelto di non ridurre la produzione, lasciando che sia il mercato a decidere il livello delle quotazioni petrolifere con il prezzo del WTI sceso di oltre il 50% rispetto alla quotazione di giugno. L’universo emergente ha subito un impatto diretto, ma non uniforme” sottolinea infatti la divisione Fixed Income di Natixis Global Asset management. I più colpiti sono stati chiaramente i paesi esportatori: il Venezuela, il Messico, il Brasile, la Colombia, alcuni paesi dell’Africa Subsahariana e la Russia, che fra l’altro si trova nel pieno di una grave crisi geopolitica. Per i paesi importatori come la Turchia, il Sudafrica, l’India o l’Indonesia, le ricadute sono state positive. Alcuni di questi paesi potranno continuare a beneficiare del ribasso dei prezzi del petrolio per diminuire i sussidi per la benzina accordati ai consumatori e ridurre il deficit di bilancio, limitando nel contempo l’inflazione. In parallelo, però, la forza del dollaro (associata al ribasso dei prezzi del petrolio) ha avuto un impatto fortemente negativo sulle valute emergenti che hanno infatti accusato perdite tra novembre e i primi di dicembre.

“Tenuto conto del contesto mondiale di bassi tassi di interesse, ulteriormente rafforzato dalle manovre della BCE e della Bank of Japan, riteniamo che il debito dei mercati emergenti susciterà l’interesse degli investitori, anche in considerazione del fatto che le valutazioni relative di queste emissioni risultano interessanti. Continuiamo a sovrappesare i paesi ad alto rendimento, anche se dobbiamo sopportare una certa volatilità sul breve termine. Non abbiamo alcuna esposizione alle valute emergenti e siamo persino intenzionati a venderne in un’ottica tattica” dicono gli esperti di Natixis che, tuttavia, non nascondono quali siano i rischi principali: “Un forte e prolungato ribasso dei prezzi delle commodity che potrebbe condurre a una maggiore eterogeneità dell’universo emergente, il tutto associato a un forte apprezzamento del dollaro statunitense”.

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