Banca Centrale Svizzera
La Banca Nazionale svizzera ha agevolato il rientro di capitali in Italia
22 Gennaio 2015 12:10
sa a sorpresa della Banca Nazionale Svizzera (BNS) di giovedi scorso di sganciare il franco elvetico dall’euro ha avuto diverse implicazioni sia sui mercati finanziari che in campo economico (sul fronte import ed export svizzero).
Ma ce n’è una che è passata sotto traccia e che, invece, potrebbe avere un impatto molto importante per il nostro paese: un inaspettato vantaggio per gli italiani che hanno spostato capitali in Svizzera e che ora devono fare i conti con la «voluntary disclosure».
Quest’ultima è la legge italiana che fissa le regole per il rientro dei capitali di migliaia di contribuenti italiani all’estero in modo bonario con il fisco.
Una legge che da giovedi 15 gennaio si è ulteriormente rafforzata in virtù della firma del pre-accordo tra Italia e Svizzera (a febbraio dovrebbe esserci la sigla dei ministri delle Finanze dei rispettivi paesi) che consente uno scambio di informazioni tra il nostro erario e le banche elvetiche: le richieste, che partono direttamente dall’Agenzia delle Entrate italiane potranno accedere ai dati dei clienti italiani degli istituti svizzeri.
In questo modo ogni tipo di reddito (valutario, finanziario e immobiliare) finisce sotto la lente degli uffici fiscali italiani. Si stima che a fine dicembre 2014 lo stock complessivo di risparmio fiscali di italiani depositato nei forzieri elvetici ammontasse all’equivalente di circa 200 miliardi di euro.
Ma dopo la decisione della BNS di sdoganare il cambio fisso eur / chf, tale tesoretto si è rivalutato di circa il 20% grazie alla inattesa rivalutazione del franco svizzero sulla divisa unica europea. Dal momento che, in base alle stime degli uffici legali e dei commercialisti, il costo del rimpatrio dei capitali esteri dovrebbe costare circa il tra il 10% e il 15% del totale, i detentori che volessero aderire alla voluntary disclosure avrebbero addirittura un vantaggio economico nel farlo, in quanto il loro capitale rimpatriato in euro sarebbe ora superiore a quello di fine dicembre 2014.
Ma ce n’è una che è passata sotto traccia e che, invece, potrebbe avere un impatto molto importante per il nostro paese: un inaspettato vantaggio per gli italiani che hanno spostato capitali in Svizzera e che ora devono fare i conti con la «voluntary disclosure».
Quest’ultima è la legge italiana che fissa le regole per il rientro dei capitali di migliaia di contribuenti italiani all’estero in modo bonario con il fisco.
Una legge che da giovedi 15 gennaio si è ulteriormente rafforzata in virtù della firma del pre-accordo tra Italia e Svizzera (a febbraio dovrebbe esserci la sigla dei ministri delle Finanze dei rispettivi paesi) che consente uno scambio di informazioni tra il nostro erario e le banche elvetiche: le richieste, che partono direttamente dall’Agenzia delle Entrate italiane potranno accedere ai dati dei clienti italiani degli istituti svizzeri.
In questo modo ogni tipo di reddito (valutario, finanziario e immobiliare) finisce sotto la lente degli uffici fiscali italiani. Si stima che a fine dicembre 2014 lo stock complessivo di risparmio fiscali di italiani depositato nei forzieri elvetici ammontasse all’equivalente di circa 200 miliardi di euro.
Ma dopo la decisione della BNS di sdoganare il cambio fisso eur / chf, tale tesoretto si è rivalutato di circa il 20% grazie alla inattesa rivalutazione del franco svizzero sulla divisa unica europea. Dal momento che, in base alle stime degli uffici legali e dei commercialisti, il costo del rimpatrio dei capitali esteri dovrebbe costare circa il tra il 10% e il 15% del totale, i detentori che volessero aderire alla voluntary disclosure avrebbero addirittura un vantaggio economico nel farlo, in quanto il loro capitale rimpatriato in euro sarebbe ora superiore a quello di fine dicembre 2014.
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