Banca Centrale Svizzera
Quando crolla la credibilità delle banche centrali
4 Febbraio 2015 15:00
isione, presa a sorpresa il 15 gennaio scorso dalla Banca nazionale svizzera (BNS) di «abbandonare» la politica del tasso di cambio minimo adottata qualche anno prima, rappresenta per Yves Longchamp, CFA, Head of Macroeconomic Research di ETHENEA Independent Investors (Schweiz) AG, un pericoloso precedente.
Secondo lo strategist, infatti, se l'incapacità della BNS di gestire il tasso di cambio minimo del franco svizzero (CHF) rappresenta una faglia nel sistema finanziario globale, occorre fare estrema attenzione al terremoto che si scatenerebbe se un'importante banca centrale non fosse in grado di mantenere i suoi impegni.
La credibilità degli istituti di credito centrali è infatti determinante per gli investitori e, quando è messa in discussione, crea implicazioni incalcolabili. Yves Longchamp giunge a questa conclusione ripercorrendo le ultime mosse della BNS.
“Il fallimento della politica del tasso di cambio minimo è riconducibile alla combinazione tossica tra le dimensioni e il grado di rischio del bilancio della BNS. Rispetto alla sua economia, la banca centrale svizzera non solo ha il bilancio più ampio al mondo (l'85 % del PIL del paese), ma anche il più rischioso, poiché quasi tutte le sue attività sono denominate in valuta estera” argomenta Yves Longchamp che poi aggiunge: “Nelle prime due settimane di gennaio la BNS ha forse effettuato più interventi sul mercato valutario che non nei mesi precedenti. Le prospettive di un Quantitative Easing (QE) su vasta scala in Europa e le incertezze che circondavano l'esito delle elezioni in Grecia hanno alimentato le pressioni al rialzo sul franco svizzero. Il 15 gennaio la BNS ha sospeso gli interventi quando si è resa conto che le dimensioni del suo bilancio erano destinate a raddoppiare in pochi mesi”.
Malgrado le conseguenze dirette sull'inflazione e sulla crescita in Svizzera, l'effetto principale dell'«abbandono» della politica del tasso di cambio minimo è la perdita di fiducia nella BNS.
Cosa garantisce che in futuro l'istituto vorrà e potrà mantenere i suoi impegni?
“Immaginiamo che nei prossimi sei mesi il franco svizzero rimanga inferiore alla parità rispetto all'euro. L'economia elvetica scivolerà in deflazione, il che è incompatibile con il mandato di stabilità dei prezzi della banca centrale. Vi fidereste ancora della BNS se annunciasse un nuovo regime del tasso di cambio minimo?” si domanda Yves Longchamp. Il sistema finanziario globale si basa sulla fiducia.
Dall'inizio della crisi finanziaria globale otto anni fa, tutte le principali banche centrali, la Bank of England (BoE), la Bank of Japan (BOJ), la Federal Reserve (Fed), la Banca centrale europea (BCE), la People's Bank of China (PBOC) e la Banca nazionale svizzera, hanno lanciato programmi di acquisti di asset su vasta scala sotto forma di Quantitative Easing o di interventi valutari.
A differenza della BNS, le cui attività sono denominate perlopiù in valuta estera (90 %), le altre istituzioni hanno acquistato principalmente asset nazionali (le attività nazionali della Fed, per esempio, rappresentano il 98 % del totale). Inoltre, le dimensioni di queste banche centrali in termini di PIL sono inferiori a quelle della BNS: attualmente la BoE, la Fed e la BCE oscillano tra il 20 e il 30 %, mentre la PBOC e la BOJ sono rispettivamente a quota 53 e 63 %. Secondo questi dati, la PBOC sembra essere a rischio, poiché investe principalmente in valute estere.
Tuttavia, fortunatamente le sue riserve valutarie sono in dollari statunitensi, una valuta che si sta rafforzando. Per la BOJ, i cui asset sono perlopiù nazionali, il rischio principale sarebbe un aumento dei tassi d'interesse, che appare estremamente improbabile nell'attuale contesto economico. Tutto sommato, attualmente il rischio che un'altra importante banca centrale non riesca a far fede ai suoi impegni è basso.
Ciononostante, una seconda tornata di Quantitative Easing, un aumento indesiderato dei tassi d'interesse a lungo termine o un indebolimento del dollaro USA potrebbero cambiare rapidamente la situazione.
“Immaginiamo che tutte le banche centrali, che negli ultimi anni hanno compiuto sforzi immani per mantenere a galla l'economia mondiale, raggiungano il limite come è accaduto alla BNS. Immaginiamo un mondo senza prestatori di ultima istanza credibili nel pieno di una crisi bancaria. Immaginiamo un'altra crisi dell'euro, ma senza un organismo sufficientemente affidabile e potente da fare tutto il possibile per salvare la moneta unica: non ci sarebbero praticamente vie d’uscita” conclude Yves Longchamp.
Secondo lo strategist, infatti, se l'incapacità della BNS di gestire il tasso di cambio minimo del franco svizzero (CHF) rappresenta una faglia nel sistema finanziario globale, occorre fare estrema attenzione al terremoto che si scatenerebbe se un'importante banca centrale non fosse in grado di mantenere i suoi impegni.
La credibilità degli istituti di credito centrali è infatti determinante per gli investitori e, quando è messa in discussione, crea implicazioni incalcolabili. Yves Longchamp giunge a questa conclusione ripercorrendo le ultime mosse della BNS.
“Il fallimento della politica del tasso di cambio minimo è riconducibile alla combinazione tossica tra le dimensioni e il grado di rischio del bilancio della BNS. Rispetto alla sua economia, la banca centrale svizzera non solo ha il bilancio più ampio al mondo (l'85 % del PIL del paese), ma anche il più rischioso, poiché quasi tutte le sue attività sono denominate in valuta estera” argomenta Yves Longchamp che poi aggiunge: “Nelle prime due settimane di gennaio la BNS ha forse effettuato più interventi sul mercato valutario che non nei mesi precedenti. Le prospettive di un Quantitative Easing (QE) su vasta scala in Europa e le incertezze che circondavano l'esito delle elezioni in Grecia hanno alimentato le pressioni al rialzo sul franco svizzero. Il 15 gennaio la BNS ha sospeso gli interventi quando si è resa conto che le dimensioni del suo bilancio erano destinate a raddoppiare in pochi mesi”.
Malgrado le conseguenze dirette sull'inflazione e sulla crescita in Svizzera, l'effetto principale dell'«abbandono» della politica del tasso di cambio minimo è la perdita di fiducia nella BNS.
Cosa garantisce che in futuro l'istituto vorrà e potrà mantenere i suoi impegni?
“Immaginiamo che nei prossimi sei mesi il franco svizzero rimanga inferiore alla parità rispetto all'euro. L'economia elvetica scivolerà in deflazione, il che è incompatibile con il mandato di stabilità dei prezzi della banca centrale. Vi fidereste ancora della BNS se annunciasse un nuovo regime del tasso di cambio minimo?” si domanda Yves Longchamp. Il sistema finanziario globale si basa sulla fiducia.
Dall'inizio della crisi finanziaria globale otto anni fa, tutte le principali banche centrali, la Bank of England (BoE), la Bank of Japan (BOJ), la Federal Reserve (Fed), la Banca centrale europea (BCE), la People's Bank of China (PBOC) e la Banca nazionale svizzera, hanno lanciato programmi di acquisti di asset su vasta scala sotto forma di Quantitative Easing o di interventi valutari.
A differenza della BNS, le cui attività sono denominate perlopiù in valuta estera (90 %), le altre istituzioni hanno acquistato principalmente asset nazionali (le attività nazionali della Fed, per esempio, rappresentano il 98 % del totale). Inoltre, le dimensioni di queste banche centrali in termini di PIL sono inferiori a quelle della BNS: attualmente la BoE, la Fed e la BCE oscillano tra il 20 e il 30 %, mentre la PBOC e la BOJ sono rispettivamente a quota 53 e 63 %. Secondo questi dati, la PBOC sembra essere a rischio, poiché investe principalmente in valute estere.
Tuttavia, fortunatamente le sue riserve valutarie sono in dollari statunitensi, una valuta che si sta rafforzando. Per la BOJ, i cui asset sono perlopiù nazionali, il rischio principale sarebbe un aumento dei tassi d'interesse, che appare estremamente improbabile nell'attuale contesto economico. Tutto sommato, attualmente il rischio che un'altra importante banca centrale non riesca a far fede ai suoi impegni è basso.
Ciononostante, una seconda tornata di Quantitative Easing, un aumento indesiderato dei tassi d'interesse a lungo termine o un indebolimento del dollaro USA potrebbero cambiare rapidamente la situazione.
“Immaginiamo che tutte le banche centrali, che negli ultimi anni hanno compiuto sforzi immani per mantenere a galla l'economia mondiale, raggiungano il limite come è accaduto alla BNS. Immaginiamo un mondo senza prestatori di ultima istanza credibili nel pieno di una crisi bancaria. Immaginiamo un'altra crisi dell'euro, ma senza un organismo sufficientemente affidabile e potente da fare tutto il possibile per salvare la moneta unica: non ci sarebbero praticamente vie d’uscita” conclude Yves Longchamp.