bilancio
Il rating di legalità non sembra così lontano
9 Febbraio 2015 15:45
17 le grandi aziende dovranno dotarsi di un bilancio di sostenibilità. Sono le norme europee (delineate all’interno delle «Modifiche della direttiva 2013/34/Ue» votate dal Parlamento europeo lo scorso ottobre) che impongono la rendicontazione della Responsabilità Sociale e Sostenibilità d'Impresa (CSR) per tutte le aziende con almeno 500 dipendenti.
Intanto, mentre il prossimo passo riguarda i singoli Paesi («Gli Stati membri – si legge nelle modifiche – mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 6 dicembre 2016») si moltiplicano i convegni sugli obblighi di tali rendicontazione. In parallelo, gli addetti ai lavori notano però un altro importante fenomeno: il crescente spazio di discussione dedicato al concetto di etica d’impresa.
Questo scenario di corporate social responsibility imposta ex lege (la direttiva UE) e di crescente consapevolezza legale (penale) dell’utilità della CSR, offre spazio per un serio approfondimento in merito al rating di legalità: un istituto criticato per essersi ridotto a una sorta di fedina penale dell’azienda, più che un indicatore del livello di responsabilità e di etica della stessa. In quest’ottica, potrebbe essere adeguato dare un valore anche alla rendicontazione di sostenibilità. Da un lato, esiste un obbligo in arrivo imposto dalla Ue, e che probabilmente, negli anni, una volta definiti standard efficaci ed efficienti, sarà estendibile a imprese di dimensioni minori. Dall’altro, c’è una consapevolezza della valenza strategica della CSR (dell’etica) che ha finito per permeare anche le parti dell’azienda (uffici legali e consulenti penali) più prossimi alla «legalità». L’ipotesi è quella di inserire, già da oggi, la rendicontazione di sostenibilità tra i parametri che alzano il rating di legalità.
Questo si tradurrebbe in: 1) una quantificazione tangibile dell’utilità della rendicontazione da parte delle aziende (accesso ai bandi e ai finanziamenti); 2) inoltre potrebbe favorirne il percorso di attuazione, legandolo a un istituto (il rating) già varato;3) darebbe peraltro allo stesso «rating di legalità» quell’anima etica (spinta alla Csr) che oggi, di fatto, è rimasta inattuata.
Intanto, mentre il prossimo passo riguarda i singoli Paesi («Gli Stati membri – si legge nelle modifiche – mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 6 dicembre 2016») si moltiplicano i convegni sugli obblighi di tali rendicontazione. In parallelo, gli addetti ai lavori notano però un altro importante fenomeno: il crescente spazio di discussione dedicato al concetto di etica d’impresa.
Questo scenario di corporate social responsibility imposta ex lege (la direttiva UE) e di crescente consapevolezza legale (penale) dell’utilità della CSR, offre spazio per un serio approfondimento in merito al rating di legalità: un istituto criticato per essersi ridotto a una sorta di fedina penale dell’azienda, più che un indicatore del livello di responsabilità e di etica della stessa. In quest’ottica, potrebbe essere adeguato dare un valore anche alla rendicontazione di sostenibilità. Da un lato, esiste un obbligo in arrivo imposto dalla Ue, e che probabilmente, negli anni, una volta definiti standard efficaci ed efficienti, sarà estendibile a imprese di dimensioni minori. Dall’altro, c’è una consapevolezza della valenza strategica della CSR (dell’etica) che ha finito per permeare anche le parti dell’azienda (uffici legali e consulenti penali) più prossimi alla «legalità». L’ipotesi è quella di inserire, già da oggi, la rendicontazione di sostenibilità tra i parametri che alzano il rating di legalità.
Questo si tradurrebbe in: 1) una quantificazione tangibile dell’utilità della rendicontazione da parte delle aziende (accesso ai bandi e ai finanziamenti); 2) inoltre potrebbe favorirne il percorso di attuazione, legandolo a un istituto (il rating) già varato;3) darebbe peraltro allo stesso «rating di legalità» quell’anima etica (spinta alla Csr) che oggi, di fatto, è rimasta inattuata.