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Prezzi del petrolio, il rimbalzo ha comunque il fiato corto

10 Febbraio 2015 12:00

financialounge -  Natixis Investment Managers petrolio
zi del petrolio greggio hanno registrato un crollo deciso, senza mostrare segni di consolidamento a partire dalla seconda metà del 2014. In particolare la quotazione del Brent ha fissato mercoledi 28 gennaio il minimo degli ultimi sei anni intorno ai 45 dollari al barile per poi imboccare la strada del rimbalzo: quest’ultimo, sebbene sia stato di forte intensità (vicino al +20%), non sembra tuttavia sufficiente ad archiviare la correzione e, infatti, molti analisti lo hanno già bollato come un «fisiologico rimbalzo tecnico».
Le previsioni sul prezzo del petrolio hanno un notevole impatto sulle economie (favorevole per i paesi che importano greggio e negativi per i produttori), sui mercati finanziari e sulle scelte di portafoglio degli investitori e per questo sono sempre molto ascoltate dagli addetti ai lavori.

“Nel breve termine, un debole equilibrio tra domanda e offerta, elevati livelli di scorte, scarsa domanda e l’avversione al rischio da parte degli investitori potrebbero indicare che i prezzi del petrolio rimarranno bassi. Mi aspetto che il benchmark del Brent si attesti su una media di circa 60-65 dollari nel 2015 e 70-80 dollari nel 2016” commenta Harish Sundaresh, Portfolio Manager e Senior Commodities Strategist di Loomis Sayles (gruppo Natixis Global Asset Management) che, nel suo intervento di dicembre, aveva osservato attentamente diverse dinamiche che potrebbero far oscillare i prezzi del petrolio di oltre 10 dollari in entrambe le direzioni. Da allora, per Harish Sundaresh è emersa un po’ più di chiarezza sia sui fattori rialzisti, che si sono rafforzati, che sul versante opposto. Lo strategist si chiede, per esempio, quanto sia sostenibile la produzione della Libia. Il periodo di stabilità si è dimostrato estremamente fugace; la produzione libica è scesa a 450.000 barili al giorno da oltre 800.000 barili al giorno nel quarto trimestre del 2014.

Per quanto riguarda invece l’impatto a lungo termine delle sanzioni contro l’Iran e la Russia, Harish Sundaresh suggerisce di dare un’occhiata ai contratti CDS e ai contratti a termine in valuta estera dei Paesi produttori di petrolio, al rublo russo, che ha perso l’80% del suo valore nei confronti del dollaro statunitense dall’estate del 2014, e alle contrattazioni del Venezuela hanno un valore predefinito. I produttori statunitensi di scisto stanno affrontando il tema della loro spesa in conto capitale: in alcuni casi la spesa è in calo del 40%. Questo, secondo Harish Sundaresh, dovrebbe aiutare a comprendere che i prezzi attuali sono troppo bassi sul lungo termine. Se i prezzi a pronti (cioè quelli giornalieri ) continueranno a essere negoziati a questi livelli per un periodo prolungato di tempo, ciò potrebbe tradursi in un enorme evento geopolitico, come l’instabilità politica in un Paese produttore di petrolio che deve far fronte a un budget ridotto.

Ma per Harish Sundaresh continuano ad essere in gioco anche fattori ribassisti. Senza lasciarsi influenzare dai membri dell’OPEC più poveri, l’Arabia Saudita sembra intenzionata a un testa a testa con gli Stati Uniti sulle quote di mercato. Non c’è più una posizione libera dell’OPEC, il che, secondo Harish Sundaresh, potrebbe rendere il cartello irrilevante per il futuro. È una questione quasi pari alla dissoluzione della Federal Reserve. Le scorte hanno continuato ad accumularsi a un ritmo rapido sia per il prodotto lavorato sia per il petrolio greggio. L’offerta ha continuato a superare la domanda nel quarto trimestre e ci si sta avvicinando a livelli estremamente elevati di scorte. Sotto il profilo stagionale, la domanda di petrolio per il riscaldamento è stata debole a causa di un clima più mite del normale. Inoltre, nonostante i prezzi bassi, la domanda al di fuori degli USA ha evidenziato un andamento laterale.

Ma cosa significa tutto questo per i prezzi del petrolio? “Prevedere i prezzi del petrolio è un problema tridimensionale: economia dal lato dell’offerta, crescita della domanda e scorte. Quando le scorte sono basse e l’equilibrio tra domanda e offerta è sottile, le materie prime tendono a essere negoziate a prezzi molto superiori rispetto al costo marginale. Tuttavia, quando l’equilibrio tra domanda e offerta delle materie prime è allentato si verifica l’opposto: le commodity tendono a essere negoziate a un prezzo più vicino al costo marginale. Come si può constatare dall’andamento dei mercati, con tutta probabilità, continueremo ad accumulare scorte anche nel 2015. La natura flessibile dell’offerta e quella meno flessibile della domanda indicano che il rialzo dei prezzi ha un limite. Se il prezzo del greggio dovesse salire a 100 dollari, l’offerta aumenterebbe e dopo qualche mese dovremmo riesaminare questa situazione. Pertanto, il limite superiore nel medio termine è ben al di sotto del prezzo di 100 dollari a cui siamo storicamente abituati” conclude Harish Sundaresh.

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