banche centrali
Perchè investire sta diventando sempre più complesso
10 Marzo 2015 10:45
i prevedesse una deflazione e un’economia depressa potrebbe aver senso acquistare l’oro e i titoli di stato svizzeri che mostrano un rendimento negativo. “Gli altri investitori che, come noi, non prefigurano tale scenario, possono invece ottenere rendimenti adeguati con le obbligazioni societarie, in particolare nel segmento high yield, e con le emissioni dei paesi emergenti. Nella situazione attuale sono interessanti anche le azioni di società con flussi di cassa robusti e sostenibili e una politica di dividendi generosa. Anche i gestori di portafoglio capaci di attuare strategie che generano rendimenti assoluti in ogni contesto di mercato potranno trarre vantaggio dalla sostenuta domanda degli investitori” fa sapere Christophe Bernard, Chief Strategist di Vontobel per il quale l’abbandono di rendimenti nominali positivi sulle liquidità e i titoli di Stato di alta qualità pone una sfida nuova e impegnativa per gli investitori e i risparmiatori.
A tale proposito, l’investitore prudente dovrà tener d’occhio, secondo Christophe Bernard, il pericolo di bolle speculative causate dalle manovre delle banche centrali e si dovrà attrezzare per sfruttare i periodi di bassa volatilità per acquistare a basso prezzo una protezione dai ribassi attraverso le cosiddette opzioni put.
“Per quanto riguarda le valute, il dollaro USA dovrebbe proseguire la sua ascesa grazie alle migliori prospettive della maggiore economia mondiale. Così come stanno le cose, nel prossimo futuro gli Stati Uniti sembrano essere l’unico grande paese industrializzato in grado di attuare una politica monetaria più restrittiva, eventualmente assieme al Regno Unito” specifica inoltre Christophe Bernard che poi indica le previsioni sulla crescita economica mondiale e sull’inflazione come i fattori chiave che determinano il posizionamento del portafoglio.
“Quanto al futuro andamento del prodotto interno lordo mondiale, prevediamo che il prolungato periodo di revisioni al ribasso della crescita giunga gradualmente a termine grazie ai miglioramenti in atto nell’eurozona e in Giappone. Una tale stabilizzazione è la condicio sine qua non per un’eventuale spostamento dalle obbligazioni alle azioni. Sul fronte dell’inflazione continuano a dominare le forze disinflazionistiche mondiali, complici la manodopera ridondante, l’eccesso di offerta di materie prime, l’abbattimento del debito e gli avversi sviluppi demografici. Prima o poi, però, il movimento ribassista dei prezzi si arresterà. A quel punto le banche centrali, analogamente alla Federale Reserve americana, inizieranno a ritirare le estreme misure di stimolo economico, una manovra che, almeno temporaneamente, potrà provocare perdite agli investitori obbligazionari. Siamo però ancora ben lungi da un tale scenario” riferisce Christophe Bernard per il quale, attualmente, le valutazioni azionarie non sono particolarmente allettanti, ma la politica monetaria offre generalmente un ampio sostegno: in un tale ambiente lo strategist ammette di aver aumentato gli investimenti ad alto rischio, portandoli in lieve sovrappeso.
A tale proposito, l’investitore prudente dovrà tener d’occhio, secondo Christophe Bernard, il pericolo di bolle speculative causate dalle manovre delle banche centrali e si dovrà attrezzare per sfruttare i periodi di bassa volatilità per acquistare a basso prezzo una protezione dai ribassi attraverso le cosiddette opzioni put.
“Per quanto riguarda le valute, il dollaro USA dovrebbe proseguire la sua ascesa grazie alle migliori prospettive della maggiore economia mondiale. Così come stanno le cose, nel prossimo futuro gli Stati Uniti sembrano essere l’unico grande paese industrializzato in grado di attuare una politica monetaria più restrittiva, eventualmente assieme al Regno Unito” specifica inoltre Christophe Bernard che poi indica le previsioni sulla crescita economica mondiale e sull’inflazione come i fattori chiave che determinano il posizionamento del portafoglio.
“Quanto al futuro andamento del prodotto interno lordo mondiale, prevediamo che il prolungato periodo di revisioni al ribasso della crescita giunga gradualmente a termine grazie ai miglioramenti in atto nell’eurozona e in Giappone. Una tale stabilizzazione è la condicio sine qua non per un’eventuale spostamento dalle obbligazioni alle azioni. Sul fronte dell’inflazione continuano a dominare le forze disinflazionistiche mondiali, complici la manodopera ridondante, l’eccesso di offerta di materie prime, l’abbattimento del debito e gli avversi sviluppi demografici. Prima o poi, però, il movimento ribassista dei prezzi si arresterà. A quel punto le banche centrali, analogamente alla Federale Reserve americana, inizieranno a ritirare le estreme misure di stimolo economico, una manovra che, almeno temporaneamente, potrà provocare perdite agli investitori obbligazionari. Siamo però ancora ben lungi da un tale scenario” riferisce Christophe Bernard per il quale, attualmente, le valutazioni azionarie non sono particolarmente allettanti, ma la politica monetaria offre generalmente un ampio sostegno: in un tale ambiente lo strategist ammette di aver aumentato gli investimenti ad alto rischio, portandoli in lieve sovrappeso.