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Idee di investimento - Obbligazioni - 30 marzo 2015
30 Marzo 2015 09:25
no di Quantitative Easing della BCE dovrebbe favorire il miglioramento del sentiment degli investitori nei confronti dell’Eurozona nel breve periodo. Tuttavia, in un’ottica a più lungo termine, Goldman Sachs Asset Management (GSAM) è scettica sulla sua efficacia nel risolvere le sfide economiche in Europa. Per quest’anno gli esperti di GSAM prevedono una modesta accelerazione della crescita all’1,2%, dovuta in larga misura al calo dei prezzi del petrolio, mentre è difficile che l’inflazione recuperi terreno. La previsione dei prezzi al consumo per il 2015 è pari allo zero, nettamente inferiore all’1% attualmente previsto dalla BCE: l'impatto del Quantitative Easing sull'inflazione si farà sentire più probabilmente nel 2016, con il manifestarsi dei vantaggi di un euro debole e degli effetti positivi dell'allentamento delle condizioni finanziarie sulla crescita. In questo scenario, gli specialisti di Goldman Sachs Asset Management (GSAM) hanno delineato nell’articolo “QE della BCE, ecco dove trovare ancora valore” le possibili implicazioni sui titoli dei paesi europei periferici. Pur avendo ridotto le posizioni in Italia e Spagna in vista della riunione della BCE, entrambi i paesi rimangono lievemente sovrappesati nei portafogli GSAM: la convinzione è che il momentum positivo del mercato dovrebbe proseguire nel breve termine. In ogni caso, i progressi economici dipenderanno in larga misura dalle riforme in Francia e in Italia, ma anche dagli stimoli di bilancio varati dai governi nazionali. Relativamente ai bond societari, invece, nel periodo precedente l’annuncio del Quantitative Easing i prodotti a spread europei hanno sovraperformato quelli statunitensi, spinti al rialzo dalle voci di una possibile inclusione delle obbligazioni societarie nel piano di acquisti di asset della BCE. Sebbene queste aspettative siano state deluse, la ricerca di rendimento sosterrà probabilmente la domanda di asset in euro, supportandone i prezzi nel medio periodo. Infine, gli esperti di GSAM ritengono che, in generale, il piano di Quantitative Easing della BCE dovrebbe sostenere i mercati obbligazionari e del credito nei paesi europei emergenti.
“Ogni taglio dei tassi di interesse della BCE ha suscitato un rinnovato interesse verso il debito emergente da parte dei fondi pensione europei. In genere gli investitori prendono esposizione nei confronti di questa asset class attraverso strategie blended, oppure cercano un’esposizione alle obbligazioni dei Mercati Emergenti in valuta locale, che offrono un’interessante opportunità di rendimento supplementare rispetto ai Bund di circa 650 punti base, a complemento delle gestioni in valute forti” fanno sapere gli esperti di GSAM nell’articolo “Debito dei paesi emergenti, come valutare i veri rischi”.
Scott A. Mather, CIO U.S. Core Strategies di PIMCO, dal canto suo, spiega le recenti scelte di portafoglio nell’obbligazionario area dollaro: “In primo luogo, abbiamo modificato la nostra esposizione alla curva dei rendimenti in modo da allontanarci dal segmento a breve, che riteniamo significativamente sopravvalutato, focalizzandoci sulle scadenze a 7-10 anni. Inoltre, alcuni comparti presentano valutazioni errate, a nostro giudizio, come le obbligazioni indicizzate all’inflazione. Nel mercato dei Treasury Inflation-Protected Securities (TIPS), ad esempio, i differenziali d’inflazione di pareggio a 10 anni (cioè la soglia del costo della vita che rende identici i rendimenti di questi titoli con i Treasury classici di pari durata) sono scesi all’1,5% di recente, un livello che riflette aspettative d’inflazione decennali molto basse e a nostro avviso irrealistiche. Una volta che i prezzi del petrolio e l’inflazione complessiva saranno tornati a salire, riteniamo che il mercato considererà i TIPS come un’asset class sottovalutata. Siamo inoltre dell’idea che il dollaro si trovi probabilmente all’inizio di un lungo trend rialzista, anche se potrebbe registrare un’elevata volatilità in futuro. Non solo è salito da livelli di relativa sottovalutazione, ma date le continue divergenze nell’economia mondiale, il dollaro ha ancora un potenziale di rialzo significativo” chiarisce Scott A. Mather nell’articolo “Posizionati sul dollaro forte e sui bond USA medio lunghi” mentre i suoi colleghi, Vineer Bhansali, Ph.D. Managing Director e Ben Emons, Senior Vice President, gestori di PIMCO, indicano come mantenere la flessibilità necessaria per investire in un contesto di rendimenti negativi. “In primo luogo, occorre controllare l’esposizione ai fattori di rischio laddove gli esiti potrebbero essere più incerti, ad esempio modificando la duration complessiva del portafoglio (ovvero la scadenza media dei titoli in portafoglio). In secondo luogo, è opportuno orientare l’esposizione del portafoglio verso gli ambiti nei quali le valutazioni relative sono più interessanti, ad esempio verso le azioni e le obbligazioni di società con fondamentali solidi. In terzo luogo, è auspicabile ricercare fonti di convessità (come per esempio le obbligazioni convertibili, ndr) e diversificazione a basso costo, laddove la definitiva soluzione dell’enigma dei rendimenti negativi provocherà probabilmente significative tendenze e fluttuazioni di mercato. Infine, in termini molto generali, gli energici interventi delle banche centrali, con tassi d’interesse negativi, continuano a favorire l’assunzione di rischi. Pertanto, un’asset allocation con una sovraesposizione al rischio azionario e un sottopeso di duration sui titoli di Stato core rimane interessante nell’eventualità che i rendimenti divengano ancor più negativi” argomentano i due manager.
La Pictet Asset Management Strategy Unit (PSU), il gruppo di investimento responsabile delle linee guida di asset allocation in ambito azionario e obbligazionario, nonché in materia di valute e di commodity, spiega infine nell’articolo “High yield, con il QE l’asset class torna attraente” le ragioni della preferenza al segmento dei bond ad alto rendimento: “L’asset class è interessante sotto vari aspetti. Primo il QE della BCE aumenterà l’attrattività degli strumenti che offrono buoni rendimenti a una cifra. Dato che nell’area euro un titolo di stato su quattro ha un tasso negativo e le obbligazioni investment grade rendono poco più dell’1%, gli investitori alla ricerca di una rendita sono costretti a puntare sui corporate bond a basso rating. Secondo, gli sviluppi dell’economia dovrebbero sostenere il merito di credito degli emettenti high yield europei. In previsione di una crescita dell’eurozona dell’1,4% circa secondo i nostri calcoli, le società di categoria speculativa dovrebbero godere ancora di solide prospettive di ricavi e utili. Terzo, le valutazioni sono interessanti: l’extra rendimento offerto attualmente dai titoli high yield, che presentano uno spread aggregato di circa 350 punti base (+3,50%), è più che sufficiente a compensare il rischio di default (fallimento). Il tasso di insolvenza a 12 mesi implicito nel mercato dell’alto rendimento europeo è di circa il 5,7%, oltre il doppio del tasso effettivo corrente (2% circa) e al di sopra dello scenario di base delineato da Moody’s per il 2015 (poco più di due punti percentuali)”.
“Ogni taglio dei tassi di interesse della BCE ha suscitato un rinnovato interesse verso il debito emergente da parte dei fondi pensione europei. In genere gli investitori prendono esposizione nei confronti di questa asset class attraverso strategie blended, oppure cercano un’esposizione alle obbligazioni dei Mercati Emergenti in valuta locale, che offrono un’interessante opportunità di rendimento supplementare rispetto ai Bund di circa 650 punti base, a complemento delle gestioni in valute forti” fanno sapere gli esperti di GSAM nell’articolo “Debito dei paesi emergenti, come valutare i veri rischi”.
Scott A. Mather, CIO U.S. Core Strategies di PIMCO, dal canto suo, spiega le recenti scelte di portafoglio nell’obbligazionario area dollaro: “In primo luogo, abbiamo modificato la nostra esposizione alla curva dei rendimenti in modo da allontanarci dal segmento a breve, che riteniamo significativamente sopravvalutato, focalizzandoci sulle scadenze a 7-10 anni. Inoltre, alcuni comparti presentano valutazioni errate, a nostro giudizio, come le obbligazioni indicizzate all’inflazione. Nel mercato dei Treasury Inflation-Protected Securities (TIPS), ad esempio, i differenziali d’inflazione di pareggio a 10 anni (cioè la soglia del costo della vita che rende identici i rendimenti di questi titoli con i Treasury classici di pari durata) sono scesi all’1,5% di recente, un livello che riflette aspettative d’inflazione decennali molto basse e a nostro avviso irrealistiche. Una volta che i prezzi del petrolio e l’inflazione complessiva saranno tornati a salire, riteniamo che il mercato considererà i TIPS come un’asset class sottovalutata. Siamo inoltre dell’idea che il dollaro si trovi probabilmente all’inizio di un lungo trend rialzista, anche se potrebbe registrare un’elevata volatilità in futuro. Non solo è salito da livelli di relativa sottovalutazione, ma date le continue divergenze nell’economia mondiale, il dollaro ha ancora un potenziale di rialzo significativo” chiarisce Scott A. Mather nell’articolo “Posizionati sul dollaro forte e sui bond USA medio lunghi” mentre i suoi colleghi, Vineer Bhansali, Ph.D. Managing Director e Ben Emons, Senior Vice President, gestori di PIMCO, indicano come mantenere la flessibilità necessaria per investire in un contesto di rendimenti negativi. “In primo luogo, occorre controllare l’esposizione ai fattori di rischio laddove gli esiti potrebbero essere più incerti, ad esempio modificando la duration complessiva del portafoglio (ovvero la scadenza media dei titoli in portafoglio). In secondo luogo, è opportuno orientare l’esposizione del portafoglio verso gli ambiti nei quali le valutazioni relative sono più interessanti, ad esempio verso le azioni e le obbligazioni di società con fondamentali solidi. In terzo luogo, è auspicabile ricercare fonti di convessità (come per esempio le obbligazioni convertibili, ndr) e diversificazione a basso costo, laddove la definitiva soluzione dell’enigma dei rendimenti negativi provocherà probabilmente significative tendenze e fluttuazioni di mercato. Infine, in termini molto generali, gli energici interventi delle banche centrali, con tassi d’interesse negativi, continuano a favorire l’assunzione di rischi. Pertanto, un’asset allocation con una sovraesposizione al rischio azionario e un sottopeso di duration sui titoli di Stato core rimane interessante nell’eventualità che i rendimenti divengano ancor più negativi” argomentano i due manager.
La Pictet Asset Management Strategy Unit (PSU), il gruppo di investimento responsabile delle linee guida di asset allocation in ambito azionario e obbligazionario, nonché in materia di valute e di commodity, spiega infine nell’articolo “High yield, con il QE l’asset class torna attraente” le ragioni della preferenza al segmento dei bond ad alto rendimento: “L’asset class è interessante sotto vari aspetti. Primo il QE della BCE aumenterà l’attrattività degli strumenti che offrono buoni rendimenti a una cifra. Dato che nell’area euro un titolo di stato su quattro ha un tasso negativo e le obbligazioni investment grade rendono poco più dell’1%, gli investitori alla ricerca di una rendita sono costretti a puntare sui corporate bond a basso rating. Secondo, gli sviluppi dell’economia dovrebbero sostenere il merito di credito degli emettenti high yield europei. In previsione di una crescita dell’eurozona dell’1,4% circa secondo i nostri calcoli, le società di categoria speculativa dovrebbero godere ancora di solide prospettive di ricavi e utili. Terzo, le valutazioni sono interessanti: l’extra rendimento offerto attualmente dai titoli high yield, che presentano uno spread aggregato di circa 350 punti base (+3,50%), è più che sufficiente a compensare il rischio di default (fallimento). Il tasso di insolvenza a 12 mesi implicito nel mercato dell’alto rendimento europeo è di circa il 5,7%, oltre il doppio del tasso effettivo corrente (2% circa) e al di sopra dello scenario di base delineato da Moody’s per il 2015 (poco più di due punti percentuali)”.
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