Björn Eberhardt
Cosa attendersi dai prossimi acquisti di bond della BCE
16 Aprile 2015 09:45
marzo, nel primo mese di attivazione del Qe (quantitative easing) da parte della BCE, l’istituto di Francoforte aveva acquistato titoli governativi dell’eurozona per 47 miliardi di euro. Di questi, undici miliardi in titoli pubblici tedeschi, 8,7 miliardi in governativi francesi, 7,6 in titoli di stato italiani e 5,6 in bond spagnoli. In realtà, la Banca Centrale Europea ha lanciato il suo programma completo di quantitative easing a partire dal 9 marzo con l’obiettivo di acquistare covered bond, titoli garantiti da asset (ABS) e obbligazioni denominate in EUR di governi dell’Eurozona, oltre che di istituti del settore pubblico: per questo programma sono previsti esborsi nell’ordine di 60 miliardi di euro al mese fino almeno a settembre 2016.
Uno degli obiettivi principale è l’indebolimento della valuta: dal maggio 2014 l’euro si è deprezzato di circa il 15% rispetto alle divise dei principali partner commerciali dell’Eurozona, e molti esperti valutari prevedono che la debolezza della moneta unica europea persisterà, in particolare rispetto al dollaro statunitense.
“Riteniamo che gli effetti di questa sostanziale svalutazione siano piuttosto significativi: con ogni probabilità a trarne vantaggio saranno, in particolare, le economie orientate alle esportazioni, come la Germania, ma anche la crescita del PIL in Francia, Italia e Spagna dovrebbe godere di una spinta. L’effetto non è ottenuto solo grazie alla crescita delle esportazioni, ma anche perché i consumi interni dovrebbero indirizzarsi verso merci interne relativamente più economiche, stimolando quindi la produzione domestica e al contempo facendo calare le importazioni” spiega Björn Eberhardt, Head of Global Macro Research di Credit Suisse.
Un altro importante effetto dell’azione del Qe targato BCE è quello relativo al ribasso dei tassi d’interesse: la flessione dei rendimenti dei titoli di Stato sospingerà con ogni probabilità al ribasso i rendimenti di altri asset nell’ambito del reddito fisso. Inoltre, gli acquisti della BCE di asset a reddito fisso nel settore privato aumentano la portata della compressione di rendimenti e spread.
“Unitamente all’allentamento già osservabile degli standard creditizi da parte delle banche commerciali dell’Eurozona, prevediamo che cresceranno nei prossimi trimestri la domanda di credito delle aziende, oltre che le loro spese per investimenti. Una volta che emergeranno segnali di un miglioramento delle condizioni economiche dell’Eurozona, effetti di retroazione positiva sulla fiducia di imprese e consumatori potrebbero dare più slancio alla dinamica della ripresa. Anche l’effetto della flessione dei tassi d’interesse sulle finanze pubbliche è significativo. Se il tasso d’interesse pagato sul debito pubblico in essere fosse rimasto al livello medio dei quattro anni precedenti la crisi finanziaria del biennio 2008–09, solo la Germania dovrebbe pagare 30–40 miliardi di euro all’anno in più di interessi. Anche le cifre relative a Italia e Francia sono prossime a quel range, mentre gli interessi pagati dalla Spagna sarebbero più elevati per circa 10 miliardi: in tutti questi casi, il calo dei tassi d’interesse migliora quindi il saldo di bilancio in misura significativa” conclude Björn Eberhardt.
Uno degli obiettivi principale è l’indebolimento della valuta: dal maggio 2014 l’euro si è deprezzato di circa il 15% rispetto alle divise dei principali partner commerciali dell’Eurozona, e molti esperti valutari prevedono che la debolezza della moneta unica europea persisterà, in particolare rispetto al dollaro statunitense.
“Riteniamo che gli effetti di questa sostanziale svalutazione siano piuttosto significativi: con ogni probabilità a trarne vantaggio saranno, in particolare, le economie orientate alle esportazioni, come la Germania, ma anche la crescita del PIL in Francia, Italia e Spagna dovrebbe godere di una spinta. L’effetto non è ottenuto solo grazie alla crescita delle esportazioni, ma anche perché i consumi interni dovrebbero indirizzarsi verso merci interne relativamente più economiche, stimolando quindi la produzione domestica e al contempo facendo calare le importazioni” spiega Björn Eberhardt, Head of Global Macro Research di Credit Suisse.
Un altro importante effetto dell’azione del Qe targato BCE è quello relativo al ribasso dei tassi d’interesse: la flessione dei rendimenti dei titoli di Stato sospingerà con ogni probabilità al ribasso i rendimenti di altri asset nell’ambito del reddito fisso. Inoltre, gli acquisti della BCE di asset a reddito fisso nel settore privato aumentano la portata della compressione di rendimenti e spread.
“Unitamente all’allentamento già osservabile degli standard creditizi da parte delle banche commerciali dell’Eurozona, prevediamo che cresceranno nei prossimi trimestri la domanda di credito delle aziende, oltre che le loro spese per investimenti. Una volta che emergeranno segnali di un miglioramento delle condizioni economiche dell’Eurozona, effetti di retroazione positiva sulla fiducia di imprese e consumatori potrebbero dare più slancio alla dinamica della ripresa. Anche l’effetto della flessione dei tassi d’interesse sulle finanze pubbliche è significativo. Se il tasso d’interesse pagato sul debito pubblico in essere fosse rimasto al livello medio dei quattro anni precedenti la crisi finanziaria del biennio 2008–09, solo la Germania dovrebbe pagare 30–40 miliardi di euro all’anno in più di interessi. Anche le cifre relative a Italia e Francia sono prossime a quel range, mentre gli interessi pagati dalla Spagna sarebbero più elevati per circa 10 miliardi: in tutti questi casi, il calo dei tassi d’interesse migliora quindi il saldo di bilancio in misura significativa” conclude Björn Eberhardt.
Trending