Alain Nsiona Defise
Debito corporate emergente: il gioco sembra valere la candela
20 Aprile 2015 11:15
co dei dubbi e dei timori sui costi per il servizio del debito per gli emittenti societari dei Paesi in via di sviluppo si è sicuramente allungato negli ultimi tempi. L'apprezzamento del dollaro americano, l'attesa di un rialzo dei tassi USA e lo scandalo che ha investito il gigante del petrolio brasiliano Petrobras potrebbero rendere la vita difficile agli emittenti corporate delle aree in via di sviluppo. Senza contare l'aumento delle emissioni in dollari lanciate soprattutto da aziende latinoamericane e asiatiche. Dal 2000, il volume di obbligazioni dei Paesi emergenti denominate in dollari è raddoppiato toccando quota 4,5 miliardi di dollari, in parte proprio grazie ai bond societari.
“Tuttavia, a uno sguardo più attento, questo segmento non è così rischioso come potrebbe sembrare. Innanzitutto, sostenere che gli emittenti corporate dei Paesi in via di sviluppo saranno penalizzati da bilanci asimmetrici (caratterizzati da una non corrispondenza fra passività denominate in dollari e proventi e attività denominati per lo più in valuta locale) è una generalizzazione eccessiva” sottolinea Alain-Nsiona Defise, Head of Emerging Corporate Bonds di Pictet Asset Management secondo il quale la debolezza delle valute locali non implica necessariamente una maggiore instabilità finanziaria degli emittenti. Anzi, secondo il gestore, diverse aziende delle aree emergenti beneficiano del rialzo del biglietto verde.
Le più avvantaggiate sembrano le società asiatiche, che rappresentano un'ampia fetta del mercato obbligazionario dei Paesi emergenti. Studi recenti rivelano infatti che circa il 22% del debito di tali società è denominato in dollari, ma è espresso nella divisa USA anche il 21% degli utili. Inoltre la maggior parte delle società dei Paesi emergenti che attingono al mercato obbligazionario in dollari appartiene alla categoria investment grade.
“Ciò significa che molte adottano (con successo!) politiche di copertura valutaria difensive e trasparenti. Inoltre, parecchie aziende in cui investiamo sono in grado di riversare i maggiori costi del debito sui propri clienti senza subire un calo di fatturato” fa presente Alain-Nsiona Defise. Oltre alle questioni valutarie, i detrattori dell'asset class citano anche la recente ondata di riduzioni dei rating e di casi di insolvenza. Eppure, anche in questo caso, secondo Alain-Nsiona Defise, non bisogna fare di tutta l'erba un fascio.
L'aumento dei default e dei declassamenti ha riguardato per lo più Paesi e settori esposti alla debolezza dei prezzi delle commodity (Brasile, Russia ed energia). Inoltre, le riduzioni dei rating societari sono per lo più una conseguenza del downgrade degli emittenti sovrani o quasi-sovrani. In altre parole, diverse aziende russe sono state declassate solo perché la Russia è stata retrocessa alla categoria «junk» (spazzatura). Lo stesso vale per le società brasiliane: alcune sono state penalizzate dallo scandalo Petrobras. Escludendo l'effetto dei downgrade sovrani, i rialzi dei rating hanno superato i ribassi: una tendenza positiva confermata anche dai parametri del credito che mostrano come gli emittenti corporate dei mercati emergenti presentino un indice di indebitamento lordo inferiore rispetto agli omologhi statunitensi in quasi tutte le fasce di rating. Anche per queste ragioni, nel 2015 il tasso di default fra gli emittenti corporate emergenti dovrebbe rimanere al 3,9%.
In ogni caso, il grande banco di prova per l'asset class potrebbe essere rappresentato dall'inasprimento della politica monetaria statunitense, che provocherà un aumento dei costi di finanziamento delle aziende in tutto il mondo, e soprattutto nelle aree in via di sviluppo.
“Tuttavia, i toni della Federal Reserve suggeriscono che l'istituto non ha fretta di alzare il costo del denaro. Il grafico a punti della banca centrale USA (che mappa le previsioni sui tassi di interesse ufficiali) indica un inasprimento più graduale di quanto previsto solo pochi mesi fa. I tassi saliranno, ma non così presto” puntualizza Alain-Nsiona Defise per il quale un altro punto a favore dell'asset class è la stabilità della base di investitori: diversamente da altre obbligazioni high yield, il debito corporate emergente non è in balia di flussi imprevedibili da parte degli investitori retail.
“Con questo non intendiamo dire che gli investitori possono sedersi sugli allori. La situazione economica non è così rosea come negli ultimi anni e potrebbe nuocere al profilo creditizio di alcune società. Tuttavia, dato che il debito corporate emergente offre premi più che doppi rispetto agli omologhi statunitensi, il gioco sembra valere la candela” conclude Alain-Nsiona Defise.
“Tuttavia, a uno sguardo più attento, questo segmento non è così rischioso come potrebbe sembrare. Innanzitutto, sostenere che gli emittenti corporate dei Paesi in via di sviluppo saranno penalizzati da bilanci asimmetrici (caratterizzati da una non corrispondenza fra passività denominate in dollari e proventi e attività denominati per lo più in valuta locale) è una generalizzazione eccessiva” sottolinea Alain-Nsiona Defise, Head of Emerging Corporate Bonds di Pictet Asset Management secondo il quale la debolezza delle valute locali non implica necessariamente una maggiore instabilità finanziaria degli emittenti. Anzi, secondo il gestore, diverse aziende delle aree emergenti beneficiano del rialzo del biglietto verde.
Le più avvantaggiate sembrano le società asiatiche, che rappresentano un'ampia fetta del mercato obbligazionario dei Paesi emergenti. Studi recenti rivelano infatti che circa il 22% del debito di tali società è denominato in dollari, ma è espresso nella divisa USA anche il 21% degli utili. Inoltre la maggior parte delle società dei Paesi emergenti che attingono al mercato obbligazionario in dollari appartiene alla categoria investment grade.
“Ciò significa che molte adottano (con successo!) politiche di copertura valutaria difensive e trasparenti. Inoltre, parecchie aziende in cui investiamo sono in grado di riversare i maggiori costi del debito sui propri clienti senza subire un calo di fatturato” fa presente Alain-Nsiona Defise. Oltre alle questioni valutarie, i detrattori dell'asset class citano anche la recente ondata di riduzioni dei rating e di casi di insolvenza. Eppure, anche in questo caso, secondo Alain-Nsiona Defise, non bisogna fare di tutta l'erba un fascio.
L'aumento dei default e dei declassamenti ha riguardato per lo più Paesi e settori esposti alla debolezza dei prezzi delle commodity (Brasile, Russia ed energia). Inoltre, le riduzioni dei rating societari sono per lo più una conseguenza del downgrade degli emittenti sovrani o quasi-sovrani. In altre parole, diverse aziende russe sono state declassate solo perché la Russia è stata retrocessa alla categoria «junk» (spazzatura). Lo stesso vale per le società brasiliane: alcune sono state penalizzate dallo scandalo Petrobras. Escludendo l'effetto dei downgrade sovrani, i rialzi dei rating hanno superato i ribassi: una tendenza positiva confermata anche dai parametri del credito che mostrano come gli emittenti corporate dei mercati emergenti presentino un indice di indebitamento lordo inferiore rispetto agli omologhi statunitensi in quasi tutte le fasce di rating. Anche per queste ragioni, nel 2015 il tasso di default fra gli emittenti corporate emergenti dovrebbe rimanere al 3,9%.
In ogni caso, il grande banco di prova per l'asset class potrebbe essere rappresentato dall'inasprimento della politica monetaria statunitense, che provocherà un aumento dei costi di finanziamento delle aziende in tutto il mondo, e soprattutto nelle aree in via di sviluppo.
“Tuttavia, i toni della Federal Reserve suggeriscono che l'istituto non ha fretta di alzare il costo del denaro. Il grafico a punti della banca centrale USA (che mappa le previsioni sui tassi di interesse ufficiali) indica un inasprimento più graduale di quanto previsto solo pochi mesi fa. I tassi saliranno, ma non così presto” puntualizza Alain-Nsiona Defise per il quale un altro punto a favore dell'asset class è la stabilità della base di investitori: diversamente da altre obbligazioni high yield, il debito corporate emergente non è in balia di flussi imprevedibili da parte degli investitori retail.
“Con questo non intendiamo dire che gli investitori possono sedersi sugli allori. La situazione economica non è così rosea come negli ultimi anni e potrebbe nuocere al profilo creditizio di alcune società. Tuttavia, dato che il debito corporate emergente offre premi più che doppi rispetto agli omologhi statunitensi, il gioco sembra valere la candela” conclude Alain-Nsiona Defise.