Borsa di Tehran
La Borsa di Tehran nuova frontiera degli emergenti
6 Maggio 2015 09:05
an è ancora uno dei pochi mercati emergenti in cui è difficile, se non impossibile, investire per gli operatori occidentali. Ma forse ancora per poco, il tempo di firmare l’atteso accordo con gli americani sul nucleare. A quel punto salterebbero le sanzioni che da oltre trent’anni isolano l’economia del paese e perfino la Borsa di Tehran potrebbe aprire le porte agli investitori esteri.
Secondo il Financial Times i tecnici iraniani sono al lavoro da mesi dietro le quinte per realizzare una moderna infrastruttura di scambi capace di reggere l’impatto con il flusso di investimenti esteri. E il New York Times ha scovato un broker occidentale, Turquoise Partners, già al lavoro per aiutare i clienti americani, soprattutto fondi, a iniziare a posizionarsi sul mercato iraniano in vista dell’apertura agli stranieri del Tehran Stock Exchange.
In realtà la Borsa di Tehran non ha mai chiuso, ma per molti anni l’accesso è stato limitato ai residenti e agli investitori di Paesi che non avevano adottato le sanzioni e, soprattutto, che non temevano ritorsioni americane. Una volta tolte sanzioni e restrizioni, potrebbero beneficiarne non solo i titoli azionari, ma anche la moneta. E ad arrivare non saranno soltanto capitali occidentali, ma anche iraniani. Si calcola che in giro per il mondo che ne siano per 100 miliardi di dollari, oggi congelati, che potrebbero essere liberati. In Borsa a Tehran non ci sono solo titoli legati al petrolio da comprare. Decenni di isolamento hanno fatto sviluppare il settore industriale e minerario, mentre c’è anche una forte concentrazione di banche locali.
L’Iran non è un paese povero; basti pensare che il PIL pro-capite è del 28% più elevato di quello cinese e con una popolazione di oltre 80 milioni di persone: questo vuol dire che il mercato interno è interessante. Oggi gli scambi in Borsa non sono un granchè, poco più di 100 milioni di dollari al giorno. Bruscolini rispetto ad altre Borse asiatiche. Ma bisogna ricordare che la Borsa delle Filippine non troppi anni fa scambiava appena 30 milioni di dollari al giorno.
Secondo il Financial Times i tecnici iraniani sono al lavoro da mesi dietro le quinte per realizzare una moderna infrastruttura di scambi capace di reggere l’impatto con il flusso di investimenti esteri. E il New York Times ha scovato un broker occidentale, Turquoise Partners, già al lavoro per aiutare i clienti americani, soprattutto fondi, a iniziare a posizionarsi sul mercato iraniano in vista dell’apertura agli stranieri del Tehran Stock Exchange.
In realtà la Borsa di Tehran non ha mai chiuso, ma per molti anni l’accesso è stato limitato ai residenti e agli investitori di Paesi che non avevano adottato le sanzioni e, soprattutto, che non temevano ritorsioni americane. Una volta tolte sanzioni e restrizioni, potrebbero beneficiarne non solo i titoli azionari, ma anche la moneta. E ad arrivare non saranno soltanto capitali occidentali, ma anche iraniani. Si calcola che in giro per il mondo che ne siano per 100 miliardi di dollari, oggi congelati, che potrebbero essere liberati. In Borsa a Tehran non ci sono solo titoli legati al petrolio da comprare. Decenni di isolamento hanno fatto sviluppare il settore industriale e minerario, mentre c’è anche una forte concentrazione di banche locali.
L’Iran non è un paese povero; basti pensare che il PIL pro-capite è del 28% più elevato di quello cinese e con una popolazione di oltre 80 milioni di persone: questo vuol dire che il mercato interno è interessante. Oggi gli scambi in Borsa non sono un granchè, poco più di 100 milioni di dollari al giorno. Bruscolini rispetto ad altre Borse asiatiche. Ma bisogna ricordare che la Borsa delle Filippine non troppi anni fa scambiava appena 30 milioni di dollari al giorno.
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