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Bond, gli strumenti monetari non sono un’alternativa

21 Maggio 2015 09:48

financialounge -  asset quality review mercati obbligazionari quantitative easing TLTRO
vestitori si sono resi conto del fatto che i prezzi delle obbligazioni si sono mossi a livelli irragionevoli tra gennaio e aprile, ma gli strumenti monetari non sono da preferire. È questa la riflessione che Gareth Isaac, Fund Manager, Fixed Income di Schroders si sente di fare osservando le recenti performance del mercato obbligazionario che hanno indotto diversi commentatori a incominciare a parlare di un mercato «orso».
“Crediamo di non essere all’inizio di un mercato «orso» duraturo per le obbligazioni. I tassi d’interesse negli USA sono ancora effettivamente a zero e negativi in Europa. Finché non ci saranno modifiche ai tassi, gli strumenti monetari non saranno un’alternativa per gli investitori. Le obbligazioni, anche con rendimenti bassi, sono in confronto allettanti. Se e quando i tassi inizieranno effettivamente a salire, gli investitori dovranno chiedersi se le obbligazioni varranno il rischio che rappresentano, ma non è ancora il caso” fa sapere Gareth Isaac per il quale, ogni qualvolta ci siano significative correzioni, è importante che gli investitori si ricordino dove era il mercato prima della discesa e quali sono le motivazioni di tale movimento.

Il riferimento del gestore è al fatto che, sebbene ci siano state sicuramente delle forti vendite sui mercati obbligazionari, a causa della fragilità in Europa, queste si siano verificate partendo da valutazioni che erano sui massimi di tutti i tempi.
“Ci sono diverse ragioni per le quali le obbligazioni sono diventate così care. All’inizio del 2015 le aspettative di crescita in Europa erano estremamente basse. L’obiettivo perseguito dalla Banca Centrale Europa (BCE) con l’annuncio in gennaio del programma di Quantitative Easing era cambiare tale orientamento negativo dei dati macroeconomici. Le aspettative sull’inflazione erano ulteriormente spinte al ribasso dal persistente calo del prezzo del greggio, iniziato a metà del 2014. Gli investitori, sapendo che la BCE avrebbe acquistato obbligazioni fino al 2016, sono stati costretti a spostarsi ulteriormente lungo la curva dei rendimenti; spinti sui titoli a 10, 20 e 30 anni per trovare un rendimento. Nonostante ciò, il supporto derivato dal QE è stato eccessivo e ad aprile, i rendimenti dei Bund erano solo di 7 punti base: anche senza nessuna aspettativa di crescita economica o di inflazione di lungo termine, le valutazioni delle obbligazioni a tali livelli non riflettevano alcun rischio di eventuali errori sulle stime macro economiche” spiega Gareth Isaac.

Nel frattempo, la crescita nell’Eurozona è tornata a salire ancora una volta nel primo trimestre del 2015 e il prezzo del petrolio ha riguadagnato terreno. “La crescita a cui stiamo assistendo ora ha probabilmente poco a che fare con il programma di allentamento quantitativo della BCE. È invece, molto probabilmente, l’apice degli effetti dell’introduzione della BCE dei tassi negativi, delle Targeted Longer-Term Refinance Operations (TLTROs) e della finalizzazione dell’Asset Quality Review, che ha tenuto ben capitalizzate le banche europee. Tutte queste iniziative sono state lanciate lo scorso anno, con l’obiettivo di liberare capitali da poter spendere o investire” conclude Gareth Isaac.

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