Airbus
Londra non ci lasciare
1 Giugno 2015 00:01
mier britannico Cameron appena rieletto si è impegnato a tenere il referendum sulla permanenza del Regno Unito in Europa entro la fine del 2017. Se la data fosse il 22 ottobre di quell’anno sarebbe uno straordinario anniversario. Sarebbero infatti esattamente sessant’anni dalla pubblicazione di un titolo del Times di Londra rimasto famoso: «Heavy fog in the channel. Continent cut off», vale a dire: «nebbia fitta sulla Manica, Continente isolato». Questa volta però, nel caso fosse il NO all’Europa a vincere, a rischiare l’isolamento sarebbe proprio la Gran Bretagna, e soprattutto la sua capitale. Almeno a giudicare dalle reazioni dei grandi gruppi industriali e finanziari che hanno in Londra un punto di forza e che si preparano a fare le valige in caso di Brexit.
Finora sono scesi in campo nomi importanti, tra cui Airbus, Vodafone, HSBC e Deutsche Bank. Tutti minacciano di ridurre drasticamente la loro presenza in Gran Bretagna, concentrata soprattutto a Londra, in caso di uscita dall’Unione Europea. Minacce che hanno il sapore di una potente azione di lobby su governo e Parlamento britannici per convincerli a non rischiare. In termini di posti di lavoro per il Regno Unito sarebbe una catastrofe: solo Airbus impiega 16.000 persone, le grandi banche estere altre decine di migliaia, per non parlare di Vodafone.
Un’azione di lobby cui si è unita anche la Confindustria britannica, la Cbi, il cui presidente Sir Mike Rake ha chiamato nei giorni scorsi i capi azienda ad «alzare la voce» per sostenere un futuro britannico in una UE riformata.
Al coro si sono unite anche le banche locali, come i Lloyds di Londra, a cui fa più paura una piazza finanziaria impoverita che uno o più concorrenti che fanno le valige. Deutsche ha già costituito un gruppo di lavoro per valutare le potenziali conseguenze di una Brexit. Ma non è sola. Anche la Bank of England si sarebbe lasciata intercettare dalla stampa un’e-mail che si riferisce chiaramente a un piano segreto da implementare in caso di Brexit. Insomma, dal punto di vista del business la Brexit sembra proprio un loose-loose, un gioco in cui tutti perdono e nessuno vince. La Gran Bretagna perderebbe presenze industriali e finanziarie importanti che, portano posti di lavoro e business. Ma anche l’Europa perderebbe un polmone finanziario fondamentale per la crescita.
Se però restringiamo il campo alla finanza allargandolo allo stesso tempo al resto del mondo, allora qualche possibile vincitore di una Brexit comincia a intravvedersi. Già da tempo è in atto un esodo, ancora non imponente ma costante, dalla piazza londinese verso altri centri finanziari in crescita. I nomi ? Hong Kong è il più ovvio, ma anche quelli di Dubai, Abu Dhabi e Singapore. I talenti si muovono in cerca di nuove avventure e una Brexit potrebbe mettere le ali alla migrazione.
Finora sono scesi in campo nomi importanti, tra cui Airbus, Vodafone, HSBC e Deutsche Bank. Tutti minacciano di ridurre drasticamente la loro presenza in Gran Bretagna, concentrata soprattutto a Londra, in caso di uscita dall’Unione Europea. Minacce che hanno il sapore di una potente azione di lobby su governo e Parlamento britannici per convincerli a non rischiare. In termini di posti di lavoro per il Regno Unito sarebbe una catastrofe: solo Airbus impiega 16.000 persone, le grandi banche estere altre decine di migliaia, per non parlare di Vodafone.
Un’azione di lobby cui si è unita anche la Confindustria britannica, la Cbi, il cui presidente Sir Mike Rake ha chiamato nei giorni scorsi i capi azienda ad «alzare la voce» per sostenere un futuro britannico in una UE riformata.
Al coro si sono unite anche le banche locali, come i Lloyds di Londra, a cui fa più paura una piazza finanziaria impoverita che uno o più concorrenti che fanno le valige. Deutsche ha già costituito un gruppo di lavoro per valutare le potenziali conseguenze di una Brexit. Ma non è sola. Anche la Bank of England si sarebbe lasciata intercettare dalla stampa un’e-mail che si riferisce chiaramente a un piano segreto da implementare in caso di Brexit. Insomma, dal punto di vista del business la Brexit sembra proprio un loose-loose, un gioco in cui tutti perdono e nessuno vince. La Gran Bretagna perderebbe presenze industriali e finanziarie importanti che, portano posti di lavoro e business. Ma anche l’Europa perderebbe un polmone finanziario fondamentale per la crescita.
Se però restringiamo il campo alla finanza allargandolo allo stesso tempo al resto del mondo, allora qualche possibile vincitore di una Brexit comincia a intravvedersi. Già da tempo è in atto un esodo, ancora non imponente ma costante, dalla piazza londinese verso altri centri finanziari in crescita. I nomi ? Hong Kong è il più ovvio, ma anche quelli di Dubai, Abu Dhabi e Singapore. I talenti si muovono in cerca di nuove avventure e una Brexit potrebbe mettere le ali alla migrazione.
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