Credit Suisse
Petrolio, quanto è importante la riunione di domani dell’Opec
4 Giugno 2015 10:10
potrà essere il risultato della riunione dell'OPEC a Vienna in programma domani a Vienna? Gli Stati Uniti continueranno a guadagnare quote di mercato? E che cosa significa tutto questo per l'approvvigionamento di greggio a livello mondiale e, soprattutto, per il futuro prezzo del petrolio?
Sono alcune delle principali domande sul tavolo degli analisti di materie prime alle prese con le altalenanti quotazioni del petrolio le cui implicazioni sull’economia mondiale e sui mercati finanziari sono di enorme rilievo. Vi è infatti in atto una vera e propria battaglia di tecnologie tra i produttori convenzionali di petrolio, dominati dall’OPEC, e quelli «emergenti» specializzati nell’olio di scisto (shale oil), operanti soprattutto negli Stati Uniti. Negli ultimi cinque anni, proprio i produttori americani, in virtù del miglioramento della tecnologia basata sullo shale oil, sono riusciti ad invertire un declino della produzione di petrolio nel paese che era in corso da quattro decenni.
Questa nuova offerta globale dei produttori «shale oil», ha spodestato l'OPEC dal trono del mercato del greggio che, dal canto suo, ha risposto con una feroce guerra dei prezzi: il risultato è stato quello di veder crollare di circa la metà le quotazioni dell’oro nero nel giro di sei mesi, da giugno a dicembre 2014. Nel frattempo, mentre i prezzi del petrolio hanno recuperato circa il 40% dai minimi di marzo, il mercato sembra ora riporre significative speranze su un possibile taglio della produzione Opec. In attesa di vedere gli esiti dell’importante appuntamento di domani, gli analisti delle commodity ritengono che un taglio potrebbe effettivamente posizionare l’OPEC in una situazione di vantaggio rispetto ai concorrenti dello «shale oil» ma, al contempo, restano scettici sul fatto che questa mossa possa permettere loro di vincere la guerra.
“La nostra tesi di base è che l’OPEC non prenderà iniziative alla riunione di domani, lasciando i mercati fisici in una situazione di eccesso di offerta e i prezzi in condizioni di vulnerabilità. Mentre il miglioramento della stagionalità si rifletterebbe in una riduzione degli eccessi nel terzo trimestre, le scorte sono destinate a rimanere abbondanti. Dal momento che riscontriamo che il recente rimbalzo del prezzo non è stato accompagnato da corrispondenti miglioramenti fondamentali, vediamo ancora rischi di ritracciamento dei prezzi del greggio ulteriormente verso quota 50 dollari al barile in un quadro temporale di 3 mesi. Ci aspettiamo ancora, col tempo, un ribilanciamento dei mercati e il raggiungimento di un nuovo equilibrio per i prezzi attorno a quota 70 dollari al barile, ma questo processo richiederà del tempo” puntualizza Stefan Graber Commodity Strategy di Credit Suisse.
Sono alcune delle principali domande sul tavolo degli analisti di materie prime alle prese con le altalenanti quotazioni del petrolio le cui implicazioni sull’economia mondiale e sui mercati finanziari sono di enorme rilievo. Vi è infatti in atto una vera e propria battaglia di tecnologie tra i produttori convenzionali di petrolio, dominati dall’OPEC, e quelli «emergenti» specializzati nell’olio di scisto (shale oil), operanti soprattutto negli Stati Uniti. Negli ultimi cinque anni, proprio i produttori americani, in virtù del miglioramento della tecnologia basata sullo shale oil, sono riusciti ad invertire un declino della produzione di petrolio nel paese che era in corso da quattro decenni.
Questa nuova offerta globale dei produttori «shale oil», ha spodestato l'OPEC dal trono del mercato del greggio che, dal canto suo, ha risposto con una feroce guerra dei prezzi: il risultato è stato quello di veder crollare di circa la metà le quotazioni dell’oro nero nel giro di sei mesi, da giugno a dicembre 2014. Nel frattempo, mentre i prezzi del petrolio hanno recuperato circa il 40% dai minimi di marzo, il mercato sembra ora riporre significative speranze su un possibile taglio della produzione Opec. In attesa di vedere gli esiti dell’importante appuntamento di domani, gli analisti delle commodity ritengono che un taglio potrebbe effettivamente posizionare l’OPEC in una situazione di vantaggio rispetto ai concorrenti dello «shale oil» ma, al contempo, restano scettici sul fatto che questa mossa possa permettere loro di vincere la guerra.
“La nostra tesi di base è che l’OPEC non prenderà iniziative alla riunione di domani, lasciando i mercati fisici in una situazione di eccesso di offerta e i prezzi in condizioni di vulnerabilità. Mentre il miglioramento della stagionalità si rifletterebbe in una riduzione degli eccessi nel terzo trimestre, le scorte sono destinate a rimanere abbondanti. Dal momento che riscontriamo che il recente rimbalzo del prezzo non è stato accompagnato da corrispondenti miglioramenti fondamentali, vediamo ancora rischi di ritracciamento dei prezzi del greggio ulteriormente verso quota 50 dollari al barile in un quadro temporale di 3 mesi. Ci aspettiamo ancora, col tempo, un ribilanciamento dei mercati e il raggiungimento di un nuovo equilibrio per i prezzi attorno a quota 70 dollari al barile, ma questo processo richiederà del tempo” puntualizza Stefan Graber Commodity Strategy di Credit Suisse.
Trending