fusioni e acquisizioni
International Editor's Picks - 8 giugno 2015
8 Giugno 2015 10:14
il 2030 il cervello sarà un ibrido
Così come le auto elettriche non decollano, ma le ibride vanno alla grande, anche il futuro dell’intelligenza artificiale sarà diverso da quello che molti immaginano o temono, con macchine o robot così intelligenti che si ribellano all’uomo e ne prendono il posto. Sarà invece il cervello umano ad avere una protesi elettronica, un’estensione della propria rete di neuroni così come gli utensili lo sono delle braccia. Lo riporta Cnn Money che cita a sua volta le previsioni di Ray Kurzweil, il mitologico capo dell’engineering di Google, che la scorsa settimana ha parlato all’Exponential Finance Conference di New York. Kurzweil profetizza che gli umani diventeranno ibridi nel 2030 nel senso che i loro cervelli saranno in grado di connettersi direttamente al cloud, che a sua volta conterrà migliaia di computer, aumentando l’intelligenza naturale con un plus digitale. La connessione avverrà tramite nanobots – minuscoli robot fatti di filamenti di DNA. Il cervello diventerà ibrido nel senso che produrrà un pensiero misto, biologico e non biologico.
M&A a livelli bolla, ma stavolta può essere diverso
Molti quattrini segnalano un problema, almeno se stiamo parlando del mercato delle Merger & Acquisition che sta esplodendo. Lo scrive Gillian Tett sul FT di venerdì notando che proprio a maggio l’America ha segnato un nuovo record storico, con il valore dei deal pari a $243 miliardi battendo i record precedenti di maggio 2007 e di gennaio 2000, entrambi toccati alla vigilia dello scoppio di una bolla. Se continua così, il 2015 potrebbe battere anche il record annuale, segnato anche quello nel 2007 $4,6 trilioni di operazioni di M&A.
L’altro aspetto interessante è che l’attuale febbre da M&A tocca tutti i settori, non solo come ad esempio nel 2000 il tecnologico. Ma questa volta non è stato il mercato a gonfiare la (presunta) bolla, sono state le banche centrali con l’alluvione di liquidità nella quale ora il mercato sta letteralmente annegando. Liquidità andata in parte a finanziare i buy back azionari, anche questi a livelli record, $133 miliardi solo in aprile. E in parte appunto ad alimentare l’M&A. E secondo alcuni è più sano spendere i soldi in acquisizioni che nel riacquisto di azioni proprie. Come andrà a finire? La Tett lascia l’opzione aperta, dovremo leggerlo sui libri di storia.
Sono partite le startup per la Casa Bianca
Le campagne per le presidenziali americane sono le vere startup. Nel giro di pochi mesi bruciano centinaia di milioni di dollari. Gli investitori non si tirano certo indietro. La posta è il bastone di comando del mondo. Il tema era comparso sulla stampa americana già nel 2008, quando la campagna di Obama venne definita la miglior startup dell’anno. Ora torna a cavalcarlo la società di consulenza Hamilton Place Strategies, ripresa da diverse testate. In un report appena pubblicato HPS sostiene che le moderne campagne presidenziali prendono il volo alla velocità dela luce, e riescono a raccogliere e a spendere enormi quantità di denaro, più di qualunque startup della Silicon Valley. Ma le somiglianze non finiscono qui.
Yahoo Finance aggiunge che anche le campagne devono staffarsi rapidamente, e mentre il cronometro conta i secondi bisogna sempre avanzare, o si rimane indietro. Secondo il report ci sono soprattutto quattro cose in comune tra campagne presidenziali e startup: la cultura, la strategia, il management e i metodi usati per fa crescere l’organizzazione. Interessante anche la exit strategy. Per le startup può essere la quotazione, ma anche l’acquisizione da parte di una realtà più grande. E anche nelle campagne magari si inizia a correre per la Casa Bianca, ma magari si finisce nella squadra di un altro, per arrivare comunque a Washington.
Così come le auto elettriche non decollano, ma le ibride vanno alla grande, anche il futuro dell’intelligenza artificiale sarà diverso da quello che molti immaginano o temono, con macchine o robot così intelligenti che si ribellano all’uomo e ne prendono il posto. Sarà invece il cervello umano ad avere una protesi elettronica, un’estensione della propria rete di neuroni così come gli utensili lo sono delle braccia. Lo riporta Cnn Money che cita a sua volta le previsioni di Ray Kurzweil, il mitologico capo dell’engineering di Google, che la scorsa settimana ha parlato all’Exponential Finance Conference di New York. Kurzweil profetizza che gli umani diventeranno ibridi nel 2030 nel senso che i loro cervelli saranno in grado di connettersi direttamente al cloud, che a sua volta conterrà migliaia di computer, aumentando l’intelligenza naturale con un plus digitale. La connessione avverrà tramite nanobots – minuscoli robot fatti di filamenti di DNA. Il cervello diventerà ibrido nel senso che produrrà un pensiero misto, biologico e non biologico.
M&A a livelli bolla, ma stavolta può essere diverso
Molti quattrini segnalano un problema, almeno se stiamo parlando del mercato delle Merger & Acquisition che sta esplodendo. Lo scrive Gillian Tett sul FT di venerdì notando che proprio a maggio l’America ha segnato un nuovo record storico, con il valore dei deal pari a $243 miliardi battendo i record precedenti di maggio 2007 e di gennaio 2000, entrambi toccati alla vigilia dello scoppio di una bolla. Se continua così, il 2015 potrebbe battere anche il record annuale, segnato anche quello nel 2007 $4,6 trilioni di operazioni di M&A.
L’altro aspetto interessante è che l’attuale febbre da M&A tocca tutti i settori, non solo come ad esempio nel 2000 il tecnologico. Ma questa volta non è stato il mercato a gonfiare la (presunta) bolla, sono state le banche centrali con l’alluvione di liquidità nella quale ora il mercato sta letteralmente annegando. Liquidità andata in parte a finanziare i buy back azionari, anche questi a livelli record, $133 miliardi solo in aprile. E in parte appunto ad alimentare l’M&A. E secondo alcuni è più sano spendere i soldi in acquisizioni che nel riacquisto di azioni proprie. Come andrà a finire? La Tett lascia l’opzione aperta, dovremo leggerlo sui libri di storia.
Sono partite le startup per la Casa Bianca
Le campagne per le presidenziali americane sono le vere startup. Nel giro di pochi mesi bruciano centinaia di milioni di dollari. Gli investitori non si tirano certo indietro. La posta è il bastone di comando del mondo. Il tema era comparso sulla stampa americana già nel 2008, quando la campagna di Obama venne definita la miglior startup dell’anno. Ora torna a cavalcarlo la società di consulenza Hamilton Place Strategies, ripresa da diverse testate. In un report appena pubblicato HPS sostiene che le moderne campagne presidenziali prendono il volo alla velocità dela luce, e riescono a raccogliere e a spendere enormi quantità di denaro, più di qualunque startup della Silicon Valley. Ma le somiglianze non finiscono qui.
Yahoo Finance aggiunge che anche le campagne devono staffarsi rapidamente, e mentre il cronometro conta i secondi bisogna sempre avanzare, o si rimane indietro. Secondo il report ci sono soprattutto quattro cose in comune tra campagne presidenziali e startup: la cultura, la strategia, il management e i metodi usati per fa crescere l’organizzazione. Interessante anche la exit strategy. Per le startup può essere la quotazione, ma anche l’acquisizione da parte di una realtà più grande. E anche nelle campagne magari si inizia a correre per la Casa Bianca, ma magari si finisce nella squadra di un altro, per arrivare comunque a Washington.
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