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Emergenti, ecco i paesi più vulnerabili al rialzo dei tassi Fed
30 Luglio 2015 17:17
a e il Sud Africa in prima fila, seguiti, da Malesia, Indonesia e Messico. Dovrebbero essere questi i paesi emergenti diventati più vulnerabili ad un prossimo rialzo dei tassi di interesse USA da parte della Fed.
Lo rileva uno studio della divisione Multi-Asset Investments di Schroders che ha esaminato le varie componenti in gioco nell’universo dei mercati emergenti: dall’aumento delle emissioni in debito in valuta locale alle riserve valutarie dei singoli paesi, dagli importi di debito estero in scadenza alle reazioni registrate in seguito al cosiddetto «taper tantrum» del 2013 (quando una indiscrezione circa la possibile riduzione del QE della Fed fece scattare vendite massicce di titoli dei paesi emergenti), fino alla possibilità dei singoli paesi di aumentare la liquidità interna.
Guardando invece ai posizionamenti sull’azionario dei mercati emergenti, l’analisi di Schroders suggerisce che alcuni dei Paesi più vulnerabili sono tra i più sovrappesati nei portafogli Emergenti globali, in particolare l’India, il Brasile e in misura ridotta la Turchia: ciò potrebbe far aggiungere forti vendite negative a posizioni fondamentali altrimenti incerte.
Ma percorriamo insieme l’analisi condotta dalla Multi-Asset Investments di Schroders.
È un fatto che l’aumento delle emissioni di debito denominato in valuta locale da parte dei Paesi Emergenti ha ridotto la dipendenza dal finanziamento estero: le emissioni lorde di debito pubblico degli Emergenti in Asia e America Latina sono infatti diminuite sensibilmente in seguito alla crisi finanziaria asiatica di fine anni ‘90.
“Tuttavia, benché la dipendenza dal debito estero sia diminuita, andando a guardare nel dettaglio delle valute di denominazione di tale debito ora è maggiore la concentrazione sul dollaro americano, rispetto ad alternative come lo yen, l’euro o la sterlina. In particolare, più del 70% del debito pubblico estero in Asia e America Latina è denominato in dollari USA, mentre gli EM in Europa hanno sì un debito estero superiore in rapporto al PIL, ma con una dipendenza dal dollaro minore” fanno sapere gli esperti di Schroders secondo i quali, osservando le principali economie all’interno degli Emergenti, la Turchia e il Sud Africa sono i più esposti a una potenziale fuga della liquidità estera a causa delle loro riserve in valuta relativamente basse, a bilanci delle partite correnti in deficit e alle grandi somme di debito estero in scadenza.
Invece, in seguito al «taper tantrum» del 2013, la Malesia, l’Indonesia e il Messico sono diventati più vulnerabili, mentre il Brasile e l’India hanno registrato alcuni miglioramenti (fonte: World Bank, 2013).
“Oltre al debito estero, abbiamo anche esaminato quanto debito pubblico denominato in valuta locale sia in mano di investitori stranieri. Mentre l’aumento del debito denominato in valuta locale ridurrà la vulnerabilità dei Mercati Emergenti alla volatilità sui mercati dei cambi legata all’aumento dei tassi della Fed, il consistente incremento delle quote di debito in mano straniera rappresenta un punto debole significativo per la liquidità esterna” spiegano gli analisti di Schroders che ricordano come, negli ultimi anni, i mercati del debito in valuta locale degli Emergenti abbiano attratto flussi di capitale grazie all’apertura dei mercati agli investitori stranieri.
“Tuttavia, tassi d’interesse americani più alti potenziano l’attrattività relativa dei rendimenti dei titoli di Stato USA e rendono i Mercati Emergenti vulnerabili alla fuga dei capitali degli investitori stranieri a caccia di rendimenti più elevati” puntualizza la Multi-Asset Investments di Schroders che, proseguendo nella propria analisi, ha esaminato anche la possibilità dei Mercati Emergenti di aumentare la liquidità interna.
La gran parte dei Governi ha la flessibilità necessaria per diminuire i tassi d’interesse, con i livelli attuali al di sopra dei minimi delle crisi passate. La liquidità interna e quella estera sono strettamente legate, a causa delle operazioni di carry trade degli investitori stranieri nei Mercati Emergenti.
Di conseguenza, le banche centrali degli Emergenti dovranno trovare un equilibrio tra la necessità di ridurre i tassi, per fornire liquidità interna e supportare la crescita, e quella di continuare ad attirare gli investitori stranieri.
“Il Brasile e la Turchia dispongono della massima flessibilità per tagliare i tassi, per via dei loro livelli attuali rispettivamente al 13,75% e al 10,75%, mentre il Sud Africa è quello che ha le limitazioni maggiori dato che il livello attuale (5,75%) è solo dello 0,75% più alto rispetto ai livelli più bassi degli ultimi 15 anni (fonte: Bloomberg, Schroders, luglio 2015)” precisano gli esperti di Schroders che poi concludono con un’ultima riflessione: “Mentre le dinamiche del debito delle economie più vulnerabili all’estero sono causa di preoccupazione, ci sono margini per iniezioni di liquidità interna attraverso il taglio dei tassi d’interesse, sebbene con diversa intensità a seconda dell’area geografica. La comunicazione di un graduale aumento dei tassi della Fed è perciò essenziale per assicurare che le economie dei Mercati Emergenti più sensibili possano adeguare le politiche monetarie per bilanciare la crescita senza correre il rischio di una fuga dei capitali”.
Lo rileva uno studio della divisione Multi-Asset Investments di Schroders che ha esaminato le varie componenti in gioco nell’universo dei mercati emergenti: dall’aumento delle emissioni in debito in valuta locale alle riserve valutarie dei singoli paesi, dagli importi di debito estero in scadenza alle reazioni registrate in seguito al cosiddetto «taper tantrum» del 2013 (quando una indiscrezione circa la possibile riduzione del QE della Fed fece scattare vendite massicce di titoli dei paesi emergenti), fino alla possibilità dei singoli paesi di aumentare la liquidità interna.
Guardando invece ai posizionamenti sull’azionario dei mercati emergenti, l’analisi di Schroders suggerisce che alcuni dei Paesi più vulnerabili sono tra i più sovrappesati nei portafogli Emergenti globali, in particolare l’India, il Brasile e in misura ridotta la Turchia: ciò potrebbe far aggiungere forti vendite negative a posizioni fondamentali altrimenti incerte.
Ma percorriamo insieme l’analisi condotta dalla Multi-Asset Investments di Schroders.
È un fatto che l’aumento delle emissioni di debito denominato in valuta locale da parte dei Paesi Emergenti ha ridotto la dipendenza dal finanziamento estero: le emissioni lorde di debito pubblico degli Emergenti in Asia e America Latina sono infatti diminuite sensibilmente in seguito alla crisi finanziaria asiatica di fine anni ‘90.
“Tuttavia, benché la dipendenza dal debito estero sia diminuita, andando a guardare nel dettaglio delle valute di denominazione di tale debito ora è maggiore la concentrazione sul dollaro americano, rispetto ad alternative come lo yen, l’euro o la sterlina. In particolare, più del 70% del debito pubblico estero in Asia e America Latina è denominato in dollari USA, mentre gli EM in Europa hanno sì un debito estero superiore in rapporto al PIL, ma con una dipendenza dal dollaro minore” fanno sapere gli esperti di Schroders secondo i quali, osservando le principali economie all’interno degli Emergenti, la Turchia e il Sud Africa sono i più esposti a una potenziale fuga della liquidità estera a causa delle loro riserve in valuta relativamente basse, a bilanci delle partite correnti in deficit e alle grandi somme di debito estero in scadenza.
Invece, in seguito al «taper tantrum» del 2013, la Malesia, l’Indonesia e il Messico sono diventati più vulnerabili, mentre il Brasile e l’India hanno registrato alcuni miglioramenti (fonte: World Bank, 2013).
“Oltre al debito estero, abbiamo anche esaminato quanto debito pubblico denominato in valuta locale sia in mano di investitori stranieri. Mentre l’aumento del debito denominato in valuta locale ridurrà la vulnerabilità dei Mercati Emergenti alla volatilità sui mercati dei cambi legata all’aumento dei tassi della Fed, il consistente incremento delle quote di debito in mano straniera rappresenta un punto debole significativo per la liquidità esterna” spiegano gli analisti di Schroders che ricordano come, negli ultimi anni, i mercati del debito in valuta locale degli Emergenti abbiano attratto flussi di capitale grazie all’apertura dei mercati agli investitori stranieri.
“Tuttavia, tassi d’interesse americani più alti potenziano l’attrattività relativa dei rendimenti dei titoli di Stato USA e rendono i Mercati Emergenti vulnerabili alla fuga dei capitali degli investitori stranieri a caccia di rendimenti più elevati” puntualizza la Multi-Asset Investments di Schroders che, proseguendo nella propria analisi, ha esaminato anche la possibilità dei Mercati Emergenti di aumentare la liquidità interna.
La gran parte dei Governi ha la flessibilità necessaria per diminuire i tassi d’interesse, con i livelli attuali al di sopra dei minimi delle crisi passate. La liquidità interna e quella estera sono strettamente legate, a causa delle operazioni di carry trade degli investitori stranieri nei Mercati Emergenti.
Di conseguenza, le banche centrali degli Emergenti dovranno trovare un equilibrio tra la necessità di ridurre i tassi, per fornire liquidità interna e supportare la crescita, e quella di continuare ad attirare gli investitori stranieri.
“Il Brasile e la Turchia dispongono della massima flessibilità per tagliare i tassi, per via dei loro livelli attuali rispettivamente al 13,75% e al 10,75%, mentre il Sud Africa è quello che ha le limitazioni maggiori dato che il livello attuale (5,75%) è solo dello 0,75% più alto rispetto ai livelli più bassi degli ultimi 15 anni (fonte: Bloomberg, Schroders, luglio 2015)” precisano gli esperti di Schroders che poi concludono con un’ultima riflessione: “Mentre le dinamiche del debito delle economie più vulnerabili all’estero sono causa di preoccupazione, ci sono margini per iniezioni di liquidità interna attraverso il taglio dei tassi d’interesse, sebbene con diversa intensità a seconda dell’area geografica. La comunicazione di un graduale aumento dei tassi della Fed è perciò essenziale per assicurare che le economie dei Mercati Emergenti più sensibili possano adeguare le politiche monetarie per bilanciare la crescita senza correre il rischio di una fuga dei capitali”.