Bank of England
Fed, tutte le ragioni a favore di una normalizzazione dei tassi
6 Agosto 2015 15:12
ioni a favore di una normalizzazione dei tassi secondo Keith Wade, Chief Economist and Strategist di Schroders, stanno aumentando: il manager si aspetta che la Fed rialzi i tassi a settembre e che la BoE la segua a febbraio dell’anno prossimo.
“Soprattutto Janet Yellen, presidente della Federal Reserve, sembra muoversi in quella direzione a giudicare dalle sue ultime dichiarazioni rese di fronte al Congresso, dove ha fatto notare che ci sarebbero dei rischi per la Fed nel caso in cui intervenisse troppo presto o troppo tardi. Eppure, nelle altre parti del mondo i rischi tendono ancora verso una crescita globale debole, perciò la sfida per la Fed, e per la BoE, sarà di alzare i tassi a un livello più neutrale senza scatenare un apprezzamento significativo delle rispettive valute” spiega l’economista analizzando l’attuale dilemma a cui si trova a far fronte la Federal Reserve: alzare i tassi troppo presto, facendo sprofondare l’economia di nuovo in recessione, o mantenere le attuali politiche monetarie accomodanti troppo a lungo e, di conseguenza, dover poi affrontare il rischio di una recessione per riportare l’inflazione sotto controllo.
Per Keith Wade i due esempi sui quali si basano gli economisti sono estremi: il confronto sia tra il 1937, quando la Fed attuò una stretta di politica monetaria troppo presto, causando una contrazione dell’attività economica, che con il 1966, quando ci fu un allentamento eccessivo, ponendo le basi per l’inflazione dei tardi anni ‘60 e degli anni ’70, rappresentano, per lo strategist, scenari che escludono molte altre possibilità nel mezzo.
“Oggi vediamo un contesto globale che è ancora relativamente deflazionistico, con una “square root recovery” (cioè una ripresa in cui l’andamento della crescita economica segue la forma della radice quadrata, ndr), dove la crescita globale è ben al di sotto dei livelli pre-crisi. Tuttavia, all’interno di questo outlook gli Stati Uniti, e in certa misura il Regno Unito, hanno compiuto progressi considerevoli nel mettere in ordine i propri sistemi finanziari e i propri bilanci. Entrambi i Paesi stanno anche mostrando i primi segnali di una pressione inflazionistica. Per queste economie, la bilancia del rischio tende più verso un’inflazione elevata che verso una recessione” dice l’economista a supporto della sua tesi sulle tempistiche di normalizzazione dei tassi da parte della Fed e della BoE.
“Soprattutto Janet Yellen, presidente della Federal Reserve, sembra muoversi in quella direzione a giudicare dalle sue ultime dichiarazioni rese di fronte al Congresso, dove ha fatto notare che ci sarebbero dei rischi per la Fed nel caso in cui intervenisse troppo presto o troppo tardi. Eppure, nelle altre parti del mondo i rischi tendono ancora verso una crescita globale debole, perciò la sfida per la Fed, e per la BoE, sarà di alzare i tassi a un livello più neutrale senza scatenare un apprezzamento significativo delle rispettive valute” spiega l’economista analizzando l’attuale dilemma a cui si trova a far fronte la Federal Reserve: alzare i tassi troppo presto, facendo sprofondare l’economia di nuovo in recessione, o mantenere le attuali politiche monetarie accomodanti troppo a lungo e, di conseguenza, dover poi affrontare il rischio di una recessione per riportare l’inflazione sotto controllo.
Per Keith Wade i due esempi sui quali si basano gli economisti sono estremi: il confronto sia tra il 1937, quando la Fed attuò una stretta di politica monetaria troppo presto, causando una contrazione dell’attività economica, che con il 1966, quando ci fu un allentamento eccessivo, ponendo le basi per l’inflazione dei tardi anni ‘60 e degli anni ’70, rappresentano, per lo strategist, scenari che escludono molte altre possibilità nel mezzo.
“Oggi vediamo un contesto globale che è ancora relativamente deflazionistico, con una “square root recovery” (cioè una ripresa in cui l’andamento della crescita economica segue la forma della radice quadrata, ndr), dove la crescita globale è ben al di sotto dei livelli pre-crisi. Tuttavia, all’interno di questo outlook gli Stati Uniti, e in certa misura il Regno Unito, hanno compiuto progressi considerevoli nel mettere in ordine i propri sistemi finanziari e i propri bilanci. Entrambi i Paesi stanno anche mostrando i primi segnali di una pressione inflazionistica. Per queste economie, la bilancia del rischio tende più verso un’inflazione elevata che verso una recessione” dice l’economista a supporto della sua tesi sulle tempistiche di normalizzazione dei tassi da parte della Fed e della BoE.