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Correzione di Borsa, perché il pessimismo (forse) è eccessivo
25 Agosto 2015 14:56
nel bel mezzo di una vera e propria tempesta finanziaria causata dallo spavento che la crescita economica mondiale (alla luce del forte rallentamento della Cina e di molti paesi emergenti esportatori di materie prime) sia inferiore anche alle più conservative previsioni. Il sentimento prevalente degli investitori è ribassista ma sembrano esserci alcune variabili importanti che raccontano un’altra storia e confermerebbero che, forse, si sta esagerando nel pessimismo.
Innanzitutto l’indice PMI della zona euro si sta mantenendo su livelli positivi e proietterebbe la crescita dell’economia della zona euro intorno ai due punti percentuali per il secondo semestre di quest’anno. Peraltro, fanno notare gli analisti, se il PMI index continuasse a mantenersi sugli attuali livelli anche la base monetaria principale (la M1, cioè l’aggregato di tutte le componenti della liquidità primaria in circolazione) della zona euro stazionerebbe sugli attuali livelli che sono livelli di ampia liquidità. Insomma delle due l’una: o ha ragione il mercato, e allora l’indice PMI deve correggere severamente da questi livelli, oppure i settori sia ciclici che difensivi possono offrire un potenziale di rialzo del 10%.
D’altra parte, gli attuali livelli delle quotazioni azionarie europee si attestano ad una soglia che coincide in termini di trading (cioè di rapporti prezzo/utili attesi e di prezzo/patrimonio netto) con il minimo del 2014. Inoltre le quotazioni correnti dell’indice Eurostoxx 50 sono inferiori a quelli del 22 gennaio scorso, cioè prima dell’annuncio del QE da parte della BCE: il mercato, inoltre non sembra tenere nel dovuto conto neppure dell’euro indebolito e dei costi energetici in forte calo. In tutti i casi, fanno poi notare gli analisti più attenti, non si può attribuire la correzione in atto alle ultime dinamiche degli utili. Gli utili per azione (Eps), infatti, nelle ultime 3-4 settimane hanno subito degli aggiornamenti al rialzo: da aprile in avanti l’indice Eurostoxx 50 ha migliorato il rapporto prezzo/utili (p/e) del 17%.
Per quanto riguarda la Cina, che è l'epicentro della paura sulla crescita, è bene puntualizzare quattro punti:
1) un ulteriore forte indebolimento rapido del renminbi sembra improbabile;
2) alcuni dati importati della Cina (come i prezzi delle case e le compravendite di immobili) stanno mostrando stabilizzazione;
3) il tasso dei pronti contro termine a 7 giorni in Cina è sostanzialmente stabile da alcune settimane;
4) un ulteriore stimolo monetario da parte delle autorità di Pechino sembra imminente.
Le vere preoccupazioni sono quindi da ricercare principalmente nel ciclo economico degli Stati Uniti e nei prezzi delle materie prime, un indicatore importante della dinamica dell’economia reale. Per quanto riguarda gli USA, pur con alcuni punti ancora oscuri o ambigui, la crescita sta aumentando mentre se è vero che il crollo dei prezzi delle commodity è chiaramente un segnale preoccupante, è altrettanto vero che le attuali quotazioni non sono molto lontane dai minimi del 2008: quindi il potenziale di ulteriore ribasso sembrerebbe piuttosto limitato. Questi i dati macro economici su cui riflettere mentre l’Eurostoxx 50 è ora in zona di ipervenduto (ovvero di eccesso di vendite concentrate in un brevissimo termine). Nessuno può escludere che il panico sui mercati possa spingere nei prossimi giorni gli indici azionari europei ancora più in basso, tuttavia, secondo Philippe Waechter, Capo Economista di Natixis Asset Management, vale la pena non trascurare alcuni aspetti.
"L’attuale forte correzione del mercato azionario non è il segno di una recessione globale e crediamo che, fintanto che questa sequenza non sarà prolungata, non dovrebbe influenzare il comportamento di fondo degli investitori” commenta il capo economista che indica pure il lato positivo: il calo del prezzo del petrolio avrà ricadute positive per le economie europee aumentando il potere d'acquisto dei consumatori. "La probabilità di non intervento da parte della Fed nella sua prossima riunione di settembre è in aumento. La politica monetaria globale è ancora accomodante e ci aspettiamo che rimanga così per un periodo prolungato” puntualizza infine Philippe Waechter.
Innanzitutto l’indice PMI della zona euro si sta mantenendo su livelli positivi e proietterebbe la crescita dell’economia della zona euro intorno ai due punti percentuali per il secondo semestre di quest’anno. Peraltro, fanno notare gli analisti, se il PMI index continuasse a mantenersi sugli attuali livelli anche la base monetaria principale (la M1, cioè l’aggregato di tutte le componenti della liquidità primaria in circolazione) della zona euro stazionerebbe sugli attuali livelli che sono livelli di ampia liquidità. Insomma delle due l’una: o ha ragione il mercato, e allora l’indice PMI deve correggere severamente da questi livelli, oppure i settori sia ciclici che difensivi possono offrire un potenziale di rialzo del 10%.
D’altra parte, gli attuali livelli delle quotazioni azionarie europee si attestano ad una soglia che coincide in termini di trading (cioè di rapporti prezzo/utili attesi e di prezzo/patrimonio netto) con il minimo del 2014. Inoltre le quotazioni correnti dell’indice Eurostoxx 50 sono inferiori a quelli del 22 gennaio scorso, cioè prima dell’annuncio del QE da parte della BCE: il mercato, inoltre non sembra tenere nel dovuto conto neppure dell’euro indebolito e dei costi energetici in forte calo. In tutti i casi, fanno poi notare gli analisti più attenti, non si può attribuire la correzione in atto alle ultime dinamiche degli utili. Gli utili per azione (Eps), infatti, nelle ultime 3-4 settimane hanno subito degli aggiornamenti al rialzo: da aprile in avanti l’indice Eurostoxx 50 ha migliorato il rapporto prezzo/utili (p/e) del 17%.
Per quanto riguarda la Cina, che è l'epicentro della paura sulla crescita, è bene puntualizzare quattro punti:
1) un ulteriore forte indebolimento rapido del renminbi sembra improbabile;
2) alcuni dati importati della Cina (come i prezzi delle case e le compravendite di immobili) stanno mostrando stabilizzazione;
3) il tasso dei pronti contro termine a 7 giorni in Cina è sostanzialmente stabile da alcune settimane;
4) un ulteriore stimolo monetario da parte delle autorità di Pechino sembra imminente.
Le vere preoccupazioni sono quindi da ricercare principalmente nel ciclo economico degli Stati Uniti e nei prezzi delle materie prime, un indicatore importante della dinamica dell’economia reale. Per quanto riguarda gli USA, pur con alcuni punti ancora oscuri o ambigui, la crescita sta aumentando mentre se è vero che il crollo dei prezzi delle commodity è chiaramente un segnale preoccupante, è altrettanto vero che le attuali quotazioni non sono molto lontane dai minimi del 2008: quindi il potenziale di ulteriore ribasso sembrerebbe piuttosto limitato. Questi i dati macro economici su cui riflettere mentre l’Eurostoxx 50 è ora in zona di ipervenduto (ovvero di eccesso di vendite concentrate in un brevissimo termine). Nessuno può escludere che il panico sui mercati possa spingere nei prossimi giorni gli indici azionari europei ancora più in basso, tuttavia, secondo Philippe Waechter, Capo Economista di Natixis Asset Management, vale la pena non trascurare alcuni aspetti.
"L’attuale forte correzione del mercato azionario non è il segno di una recessione globale e crediamo che, fintanto che questa sequenza non sarà prolungata, non dovrebbe influenzare il comportamento di fondo degli investitori” commenta il capo economista che indica pure il lato positivo: il calo del prezzo del petrolio avrà ricadute positive per le economie europee aumentando il potere d'acquisto dei consumatori. "La probabilità di non intervento da parte della Fed nella sua prossima riunione di settembre è in aumento. La politica monetaria globale è ancora accomodante e ci aspettiamo che rimanga così per un periodo prolungato” puntualizza infine Philippe Waechter.
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