mercati azionari
Economie Emergenti, un processo di risanamento lungo diversi anni
26 Agosto 2015 11:36
monete svalutate e con i rendimenti nominali elevati, il debito locale dei Mercati Emergenti dovrebbe posizionarsi in una posizione migliore, quando la Fed inizierà ad aumentare i tassi di interesse, rispetto allo stato in cui si trovava prima del taper tantrum nel 2013 (cioè quando trapelarono le prime indicazioni circa la possibile riduzione degli importi mensili di acquisto di bond americani da parte delle Federal Reserve). Ma, per il Multi-Asset Investment Team di Schroders resta comunque preferibile il debito emergente in valuta forte.
Allo stesso tempo, il team rivela una visione negativa sull’azionario dei Mercati Emergenti in generale ed è convinto che, in caso di rialzo dei tassi americani, i paesi a più alta qualità dovrebbero mostrare una performance migliore rispetto al più ampio universo dei Mercati Emergenti. Conclusione a cui il team giunge ritenendo, in generale, che le economie emergenti siano in uno stato di malessere a causa di una miriade di difficoltà che potrebbero richiedere un processo di risanamento lungo diversi anni.
“L’MSCI Emerging Markets Index (che riflette l’azionario dei Mercati Emergenti) è piombato ai livelli più bassi da quattro anni, dopo aver raggiunto a maggio i massimi da 12 mesi. Al di là dell’andamento dell’indice, riteniamo che la maggior parte della sotto-performance e del miglioramento delle valutazioni dell’azionario dei Mercati Emergenti possa essere attribuito ai settori legati alle materie prime. Ciò suggerisce che effettuare una stima sul valore dei titoli azionari nei Mercati Emergenti richiede una presa di posizione sui prezzi delle commodity e sulle prospettive di una ripresa ciclica cinese. Nonostante questo, gli specialisti Risk Prima di Schroders rimangono cauti riguardo le materie prime e le commodity in generale: per questo motivo fatichiamo ad avere una visione positiva sull’azionario dei Mercati Emergenti, fino a quando non vedremo un valore maggiormente diffuso in tutto l’universo di investimento” puntualizzano gli esperti del team che poi spiegano perché hanno una visione negativa sull’azionario dei Mercati Emergenti in generale: “Gli ultimi provvedimenti attuati dalla Banca centrale cinese (PBoC) suggeriscono che i rischi di una grave regressione in Cina sono aumentati, il che è un segnale di avvertimento che la ripresa ciclica cinese potrebbe non essere ancora raggiungibile”.
Per quanto riguarda invece le obbligazioni dei Mercati Emergenti, denominate sia in valuta forte che in valuta locale, il team ricorda come stiano mostrando segnali di affaticamento già dal mese di aprile. “Mentre una crescita limitata dei Mercati Emergenti e le preoccupazioni sui flussi di settore ostacoleranno le prestazioni del debito dei Paesi di questo gruppo, ci aspettiamo che il ciclo del rialzo dei tassi della Fed relativamente piatto sarà in parte controbilanciato da una politica monetaria sempre accomodante nell’Eurozona e in Giappone” sottolinea il team che poi aggiunge: “Dall’inizio del 2015 il debito estero dei Mercati Emergenti è stato relativamente robusto, supportato da fondamentali sani e da afflussi di capitale stabili. Preferiamo ancora le obbligazioni denominate in valuta forte rispetto a quelle denominate in valuta locale e ci aspettiamo che gli asset di elevata qualità avranno prestazioni migliori durante questo periodo di aumentata volatilità. Continuiamo ad avere una visione neutrale sugli spread dei bond in valuta forti dei Mercati Emergenti rispetto ai Treasury statunitensi e riteniamo che i rendimenti attraenti saranno i motori di una performance positiva da qui in avanti”.
Ad ogni modo, con valute più economiche e rendimenti nominali elevati, il team ritiene che il debito locale dei Mercati Emergenti sarà in una posizione migliore, quando la Fed inizierà ad aumentare i tassi di interesse, rispetto allo stato in cui si trovava prima del taper tantrum nel 2013. “Il debito in valuta locale dei Mercati Emergenti scambia con uno spread di circa il 4,70% sui titoli statunitensi, nel punto più alto della serie storica. Ciò detto, rimaniamo selettivamente prudenti sulle obbligazioni locali dei Mercati Emergenti. Ad esempio, abbiamo una visione negativa sulla Polonia e sul Sud Africa per via di una potenziale pressione al rialzo sulle attese dell’inflazione legata alle loro valute deboli” fa sapere il team che continua ad avere una posizione relativamente prudente anche sulle valute dei Mercati Emergenti rispetto al dollaro, tenuto anche conto che la normalizzazione dei tassi di interesse della Fed dovrebbe essere probabilmente accompagnata da una maggiore volatilità, in quanto gli investitori rimpatrieranno il capitale dai rendimenti valutari più elevati.
“A nostro avviso, le valute dei Mercati Emergenti più esposte a tali rischi sono il rand sudafricano, la lira turca e il real brasiliano. Siamo particolarmente negativi sul rand sud africano, che è stato declassato questo mese di un punto negativo dai nostri specialisti sulle valute; questa visione è rafforzata dalla doppia revisione negativa sulle obbligazioni sudafricane denominate in valuta locale, effettuata dai nostri specialisti sulla duration. Siamo più positivi sulla lira turca poiché riteniamo che il flusso di notizie negative stia iniziando ad essere prezzato dalla valuta, anche se vediamo una potenziale volatilità nel momento delle prossime elezioni. Rimaniamo negativi anche sulle valute asiatiche, come il dollaro di Singapore e il won coreano, per via delle pressioni deflazionistiche nella regione” conclude il team.
Allo stesso tempo, il team rivela una visione negativa sull’azionario dei Mercati Emergenti in generale ed è convinto che, in caso di rialzo dei tassi americani, i paesi a più alta qualità dovrebbero mostrare una performance migliore rispetto al più ampio universo dei Mercati Emergenti. Conclusione a cui il team giunge ritenendo, in generale, che le economie emergenti siano in uno stato di malessere a causa di una miriade di difficoltà che potrebbero richiedere un processo di risanamento lungo diversi anni.
“L’MSCI Emerging Markets Index (che riflette l’azionario dei Mercati Emergenti) è piombato ai livelli più bassi da quattro anni, dopo aver raggiunto a maggio i massimi da 12 mesi. Al di là dell’andamento dell’indice, riteniamo che la maggior parte della sotto-performance e del miglioramento delle valutazioni dell’azionario dei Mercati Emergenti possa essere attribuito ai settori legati alle materie prime. Ciò suggerisce che effettuare una stima sul valore dei titoli azionari nei Mercati Emergenti richiede una presa di posizione sui prezzi delle commodity e sulle prospettive di una ripresa ciclica cinese. Nonostante questo, gli specialisti Risk Prima di Schroders rimangono cauti riguardo le materie prime e le commodity in generale: per questo motivo fatichiamo ad avere una visione positiva sull’azionario dei Mercati Emergenti, fino a quando non vedremo un valore maggiormente diffuso in tutto l’universo di investimento” puntualizzano gli esperti del team che poi spiegano perché hanno una visione negativa sull’azionario dei Mercati Emergenti in generale: “Gli ultimi provvedimenti attuati dalla Banca centrale cinese (PBoC) suggeriscono che i rischi di una grave regressione in Cina sono aumentati, il che è un segnale di avvertimento che la ripresa ciclica cinese potrebbe non essere ancora raggiungibile”.
Per quanto riguarda invece le obbligazioni dei Mercati Emergenti, denominate sia in valuta forte che in valuta locale, il team ricorda come stiano mostrando segnali di affaticamento già dal mese di aprile. “Mentre una crescita limitata dei Mercati Emergenti e le preoccupazioni sui flussi di settore ostacoleranno le prestazioni del debito dei Paesi di questo gruppo, ci aspettiamo che il ciclo del rialzo dei tassi della Fed relativamente piatto sarà in parte controbilanciato da una politica monetaria sempre accomodante nell’Eurozona e in Giappone” sottolinea il team che poi aggiunge: “Dall’inizio del 2015 il debito estero dei Mercati Emergenti è stato relativamente robusto, supportato da fondamentali sani e da afflussi di capitale stabili. Preferiamo ancora le obbligazioni denominate in valuta forte rispetto a quelle denominate in valuta locale e ci aspettiamo che gli asset di elevata qualità avranno prestazioni migliori durante questo periodo di aumentata volatilità. Continuiamo ad avere una visione neutrale sugli spread dei bond in valuta forti dei Mercati Emergenti rispetto ai Treasury statunitensi e riteniamo che i rendimenti attraenti saranno i motori di una performance positiva da qui in avanti”.
Ad ogni modo, con valute più economiche e rendimenti nominali elevati, il team ritiene che il debito locale dei Mercati Emergenti sarà in una posizione migliore, quando la Fed inizierà ad aumentare i tassi di interesse, rispetto allo stato in cui si trovava prima del taper tantrum nel 2013. “Il debito in valuta locale dei Mercati Emergenti scambia con uno spread di circa il 4,70% sui titoli statunitensi, nel punto più alto della serie storica. Ciò detto, rimaniamo selettivamente prudenti sulle obbligazioni locali dei Mercati Emergenti. Ad esempio, abbiamo una visione negativa sulla Polonia e sul Sud Africa per via di una potenziale pressione al rialzo sulle attese dell’inflazione legata alle loro valute deboli” fa sapere il team che continua ad avere una posizione relativamente prudente anche sulle valute dei Mercati Emergenti rispetto al dollaro, tenuto anche conto che la normalizzazione dei tassi di interesse della Fed dovrebbe essere probabilmente accompagnata da una maggiore volatilità, in quanto gli investitori rimpatrieranno il capitale dai rendimenti valutari più elevati.
“A nostro avviso, le valute dei Mercati Emergenti più esposte a tali rischi sono il rand sudafricano, la lira turca e il real brasiliano. Siamo particolarmente negativi sul rand sud africano, che è stato declassato questo mese di un punto negativo dai nostri specialisti sulle valute; questa visione è rafforzata dalla doppia revisione negativa sulle obbligazioni sudafricane denominate in valuta locale, effettuata dai nostri specialisti sulla duration. Siamo più positivi sulla lira turca poiché riteniamo che il flusso di notizie negative stia iniziando ad essere prezzato dalla valuta, anche se vediamo una potenziale volatilità nel momento delle prossime elezioni. Rimaniamo negativi anche sulle valute asiatiche, come il dollaro di Singapore e il won coreano, per via delle pressioni deflazionistiche nella regione” conclude il team.