Andrew Harmstone

Viviamo lo sgretolamento di una struttura economica che esiste dal 1973

16 Settembre 2015 10:02

financialounge -  Andrew Harmstone Morgan Stanley volatilità
io avviso esiste un filo conduttore che unisce tutto quello che sta avvenendo di recente e che ha reso instabili i mercati finanziari” dichiara Andrew Harmstone, Managing Director Portfolio Manager Global Balanced Risk Controlled (GBaR) Strategy di Morgan Stanley Investment Management nella sintesi delle vicende estive che, dalla crisi greca al crollo delle Borse, prima quella cinese e poi quelle mondiali, ha fatto balzare all’insù la volatilità dei mercati.

“Se si considera il quadro generale, i movimenti di mercato che si stanno verificando sono dovuti allo sgretolamento di una struttura economica che esiste da molto tempo, indubbiamente dall’embargo petrolifero del 1973” sostiene infatti il manager che poi spiega: “In sostanza, nel 1973 le nazioni esportatrici di petrolio presero il controllo dei prezzi delle loro esportazioni, a quel tempo il petrolio. In questo modo provocarono uno spostamento del potere economico e iniziarono ad accumulare massicci flussi di capitale e a costituire riserve. Questa struttura economica generò degli squilibri importanti e le nazioni dell’Opec accumularono ingenti riserve”.

Una nuova struttura economica a livello globale che negli anni successivi si estese alle nazioni esportatrici che producevano manufatti le quali assunsero il controllo economico dei prezzi delle loro esportazioni. Un processo che, sebbene avvenne in modo meno drastico che nei mercati petroliferi in quanto agevolato dall’incoraggiamento alle aziende globali a creare centri manifatturieri nei paesi emergenti, non fu meno pervasivo di quello generato dai paesi produttori di petrolio e materie prime. Anche perché, l’appel dei paesi emergenti produttori di manufatti consisteva nella disponibilità di manodopera a basso costo e sufficientemente formata e al fatto che la produzione fosse più vantaggiosa anche tenendo conto dei costi di spedizione. Un insieme di forze che sfocò nel 2008 quando si erano creati notevoli squilibri globali, laddove le nazioni sviluppate acquistavano beni e servizi (prevalentemente beni) dai paesi emergenti, pagandoli con denaro preso in prestito dai risparmiatori degli stessi paesi in via di sviluppo. Un esempio eclatante in questo senso è rappresentato dalla Cina che ha costituito riserve per oltre 3.000 miliardi di dollari USA, di cui una parte sostanziale è costituita da «prestiti» agli Stati Uniti sotto forma di titoli del Tesoro USA acquistati nel corso degli ultimi decenni: proprio l’evoluzione di questi squilibri nel commercio e nel flusso di capitali hanno contribuito secondo gli analisti alla crisi del 2008 e in seguito a quella che è stata definita la «grande recessione».

“I recenti sviluppi del mercato hanno dimostrato il cedimento di questa struttura in cui i paesi sviluppati prendono denaro in prestito dai paesi emergenti per acquistare beni da questi ultimi. Le riserve dei principali paesi emergenti esportatori stanno diminuendo e il potere economico sta ritornando ai paesi sviluppati” rivela Andrew Harmstone secondo il quale l’impatto a lungo termine sarà forse positivo, nel senso che correggerà gli squilibri di lunga data, ma nel breve termine genera una notevole volatilità. Inoltre, la correzione di questi squilibri difficilmente avverrà in tempi brevi. Ecco perché il manager prevede in futuro un’elevata volatilità sui mercati che suggerisce cautela agli investitori: perche, se è vero che si delineeranno interessanti opportunità, sarà indispensabile agire rapidamente e in modo preciso.

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