crescita economica
India, pronta a sostituirsi alla Cina come motore di sviluppo mondiale
22 Settembre 2015 09:40
giorni che hanno travolto le valute dei paesi emergenti non è stata risparmiata nemmeno la rupia indiana. Dall’11 agosto (data nella quale le autorità di Pechino hanno sganciato il renminbi dal dollaro americano) al 28 agosto scorso, la moneta indiana ha infatti perso i 6,5% rispetto all’euro e circa tre punti percentuali rispetto al dollaro americano. Ma non per questo l’India ha perso il suo appeal, soprattutto per le brillanti prospettive economiche del paese nel medio lungo periodo con le stime di una crescita del PIL tra il +7% e il +8% sia per quest’anno che per i prossimi due anni: per questo l’India è pronta a sostituirsi alla Cina come motore dello sviluppo mondiale.
Uno scenario che dovrebbe essere agevolato sia da misure interne che da fattori esterni oltre che da investimenti esteri. Il governo indiano, in particolare, ha permesso agli investitori stranieri di possedere l’intero capitale sociale delle aziende operanti in alcuni stratori nevralgici quali, le infrastrutture ferroviarie e l’edilizia, mentre i prezzi al consumo tornati sotto controllo, dovrebbero permettere alla banca centrale dell’India di agire con una graduale riduzione del costo del denaro: uno scenario nel quale, grazie anche al brusco calo del petrolio (di cui l’India è uno dei maggiori importatori mondiali), il gigante asiatico potrà sviluppare i suoi programmi di crescita a lungo termine attraendo ingenti flussi di capitale esteri. In virtù di questi sviluppi, non è quindi azzardato pensare a un passaggio del testimone «ideale» tra la Cina e l’India nella crescita globale. Questo senza necessariamente ipotizzare un atterraggio brusco dell’economia di Pechino.
“Il rallentamento della crescita economica cinese potrebbe essere compensato positivamente dall’attuazione di riforme” fanno infatti sapere gli esperti di Goldman Sachs Asset Management (GSAM) che ricordando come, nonostante nel primo trimestre la crescita del PIL di Pechino sia scesa al 7% generando negli investitori una certa preoccupazione per la dinamica dell’economia cinese, il contributo della Cina alla crescita globale rimane superiore a quello degli Stati Uniti. A ciò si aggiunge, sempre secondo i professionisti di GSAM, una serie di riforme attuate dalle autorità cinesi che nel tempo potrebbero contribuire a dare slancio all’economia.
Precisato doverosamente questo, l’India sembra comunque pronta al grande salto, grazie alle dinamiche demografiche indiane che rappresentano un fattore potenzialmente promettente per la futura crescita del paese. “L’India è in una posizione privilegiata in merito dalle dinamiche demografiche, e non solo. Si prevede che la forza lavoro indiana aumenterà di quasi 70 milioni di unità nei prossimi dieci anni (contro i 10 milioni previsti in più in Brasile, i 7,4 milioni negli Stati Uniti e i 2,3 milioni in Cina) , mentre il tasso di urbanizzazione della popolazione dovrebbe avvicinarsi al 40% entro il 2030. Al quadro demografico favorevole si aggiungono solide riforme politiche che delineano un’opportunità di investimento sostenibile, una dinamica rilevata anche in altri paesi emergenti” puntualizzano gli esperti di GSAM.
Uno scenario che dovrebbe essere agevolato sia da misure interne che da fattori esterni oltre che da investimenti esteri. Il governo indiano, in particolare, ha permesso agli investitori stranieri di possedere l’intero capitale sociale delle aziende operanti in alcuni stratori nevralgici quali, le infrastrutture ferroviarie e l’edilizia, mentre i prezzi al consumo tornati sotto controllo, dovrebbero permettere alla banca centrale dell’India di agire con una graduale riduzione del costo del denaro: uno scenario nel quale, grazie anche al brusco calo del petrolio (di cui l’India è uno dei maggiori importatori mondiali), il gigante asiatico potrà sviluppare i suoi programmi di crescita a lungo termine attraendo ingenti flussi di capitale esteri. In virtù di questi sviluppi, non è quindi azzardato pensare a un passaggio del testimone «ideale» tra la Cina e l’India nella crescita globale. Questo senza necessariamente ipotizzare un atterraggio brusco dell’economia di Pechino.
“Il rallentamento della crescita economica cinese potrebbe essere compensato positivamente dall’attuazione di riforme” fanno infatti sapere gli esperti di Goldman Sachs Asset Management (GSAM) che ricordando come, nonostante nel primo trimestre la crescita del PIL di Pechino sia scesa al 7% generando negli investitori una certa preoccupazione per la dinamica dell’economia cinese, il contributo della Cina alla crescita globale rimane superiore a quello degli Stati Uniti. A ciò si aggiunge, sempre secondo i professionisti di GSAM, una serie di riforme attuate dalle autorità cinesi che nel tempo potrebbero contribuire a dare slancio all’economia.
Precisato doverosamente questo, l’India sembra comunque pronta al grande salto, grazie alle dinamiche demografiche indiane che rappresentano un fattore potenzialmente promettente per la futura crescita del paese. “L’India è in una posizione privilegiata in merito dalle dinamiche demografiche, e non solo. Si prevede che la forza lavoro indiana aumenterà di quasi 70 milioni di unità nei prossimi dieci anni (contro i 10 milioni previsti in più in Brasile, i 7,4 milioni negli Stati Uniti e i 2,3 milioni in Cina) , mentre il tasso di urbanizzazione della popolazione dovrebbe avvicinarsi al 40% entro il 2030. Al quadro demografico favorevole si aggiungono solide riforme politiche che delineano un’opportunità di investimento sostenibile, una dinamica rilevata anche in altri paesi emergenti” puntualizzano gli esperti di GSAM.
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