diversificazione
Piazza Affari, cosa fare con la volatilità che si è impennata
6 Ottobre 2015 09:54
ultimi sei mesi, la volatilità in Piazza Affari, ovvero le oscillazioni dei prezzi delle azioni, si è letteralmente impennata. Infatti, la volatilità annualizzata dell’indice Ftsemib che dal primo gennaio al 10 aprile ha viaggiato al 21,68%, dal 10 aprile in poi è balzata al 29,33%: dal 10 agosto (vigilia dell’annuncio da parte di Pechino di svalutare il renminbi) la volatilità del Ftsemib è schizzata addirittura al 37,35%. Ma cosa significa, in pratica, questo forte aumento della volatilità per l’investitore?
Innanzitutto c’è l’impatto emotivo che, come sappiamo, può indurre ad assumere decisioni non coerenti con l’obiettivo del proprio portafoglio finanziario come quella di vendere, travolti dal panico, sui minimi contabilizzando perdite che sono difficilmente recuperabili in seguito. Ma c’è anche altro.
Le ampie variazioni, anche giornaliere, degli indici di Piazza Affari (e, a maggior ragione, dei settori e dei singoli titoli quotati sul listino), espongono il risparmiatore al cosiddetto «rischio timing», ovvero al problema di quando entrare in Borsa: infatti il risultato dell’investimento può cambiare sensibilmente anche se l’ingresso è fatto a distanza di uno o due soli giorni. Per esempio, se l’investimento in Piazza Affari fosse avvenuto il 24 agosto, dopo un mese, al 25 settembre, si sarebbe realizzato un guadagno del +4,34% mentre se l’investimento fosse avvenuto il giorno successivo (25 agosto), l’investitore avrebbe contabilizzato una perdita di un punto e mezzo percentuale.
Come risolvere il «problema timing»? La soluzione più semplice consiste nel contestualizzare l’investimento nelle azioni italiane all’interno di un portafoglio azionario ben diversificato in termini geografici e settoriali e, soprattutto, attribuendogli il giusto orizzonte temporale d’investimento: almeno tre- cinque anni. In questo modo, le variazioni di Borsa di questi giorni assumeranno una rilevanza trascurabile permettendo al risparmiatore di beneficiare delle ricadute positive attese dall’investimento azionario nel medio lungo termine.
Innanzitutto c’è l’impatto emotivo che, come sappiamo, può indurre ad assumere decisioni non coerenti con l’obiettivo del proprio portafoglio finanziario come quella di vendere, travolti dal panico, sui minimi contabilizzando perdite che sono difficilmente recuperabili in seguito. Ma c’è anche altro.
Le ampie variazioni, anche giornaliere, degli indici di Piazza Affari (e, a maggior ragione, dei settori e dei singoli titoli quotati sul listino), espongono il risparmiatore al cosiddetto «rischio timing», ovvero al problema di quando entrare in Borsa: infatti il risultato dell’investimento può cambiare sensibilmente anche se l’ingresso è fatto a distanza di uno o due soli giorni. Per esempio, se l’investimento in Piazza Affari fosse avvenuto il 24 agosto, dopo un mese, al 25 settembre, si sarebbe realizzato un guadagno del +4,34% mentre se l’investimento fosse avvenuto il giorno successivo (25 agosto), l’investitore avrebbe contabilizzato una perdita di un punto e mezzo percentuale.
Come risolvere il «problema timing»? La soluzione più semplice consiste nel contestualizzare l’investimento nelle azioni italiane all’interno di un portafoglio azionario ben diversificato in termini geografici e settoriali e, soprattutto, attribuendogli il giusto orizzonte temporale d’investimento: almeno tre- cinque anni. In questo modo, le variazioni di Borsa di questi giorni assumeranno una rilevanza trascurabile permettendo al risparmiatore di beneficiare delle ricadute positive attese dall’investimento azionario nel medio lungo termine.
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