Federal Reserve

Perché rialzare i tassi di interesse può riattivare l’inflazione

21 Ottobre 2015 10:06

financialounge -  Federal Reserve inflazione J.P. Morgan Asset Management Maria Paola Toschi tassi di interesse
trong>Quale può essere il rimedio per riattivare l’inflazione? Alzare i tassi di interesse, anche se ciò potrebbe sembrare controintuitivo. È questa la soluzione indicata da Maria Paola Toschi, Market Strategist di J.P. Morgan Asset Management che, per confermare questa tesi, segnala il caso del Giappone che ha sperimentato vent’anni di tassi a zero, senza che ciò contribuisse a rilanciare la crescita e l’inflazione. Come dire, insomma, che ZIRP (Zero interst rate policy, la politica dei tassi a zero), alla lunga non funziona. La politica dei tassi a zero, portata peraltro avanti da anni dalla Fed, sembra infatti aver perso la sua funzione, perchè alimenta un senso di sfiducia e proietta sull’economia le sfavorevoli implicazioni di una prolungata repressione finanziaria.

Ciò in pratica significa che i tassi bassi hanno notevolmente ridotto le entrate finanziarie dei risparmiatori americani: chi in passato investiva in titoli governativi per ottenere un rendimento che entrava come flusso di reddito nelle decisioni di spesa delle famiglie, ora ottiene flussi poco consistenti. La difficoltà di trovare rendimento ha portato alla revisione delle decisioni di spesa: infatti per ottenere del rendimento si deve alzare il rischio, una scelta che non tutti i risparmiatori possono fare.

La decisione di un rialzo dei tassi della Fed avrebbe quindi più effetti positivi che negativi per l’economia. Un primo aumento dei tassi USA avrebbe un primo importante effetto di aumentare la fiducia, e sarebbe interpretato come il segnale che l’economia americana è finalmente forte e in grado di iniziare il percorso di normalizzazione monetaria: la fiducia è un canale molto potente per riattivare consumi e investimenti. Un aumento dei tassi accrescerebbe il rendimento dei risparmiatori incoraggiando le famiglie nelle decisioni di spesa. Ciò avrebbe ripercussioni positive sia sulla propensione al consumo delle famiglie sia nella propensione ad investire e ad assumere delle imprese. Un aumento di consumi e investimenti riattiva il ciclo economico, aumenta la domanda e porta al rialzo dei prezzi e dell’inflazione. Si attiverebbe un circolo virtuoso che continuerebbe ad alimentare nuovi canali di espansione. Un graduale aumento dei tassi potrebbe indurre un ritorno di capitali verso gli Stati Uniti alla ricerca di rendimento, attratti anche da aspettative di moderato rialzo del dollaro.

In pratica l’uscita dalla prolungata fase di tassi nulli consentirebbe di ripristinare delle dinamiche economiche più normali, guiderebbe una migliore allocazione delle risorse ed eviterebbe il rischio di prolungata stagnazione e di trappola della liquidità, distorsioni generate da anni di ampia liquidità a costo zero.

“Naturalmente un rafforzamento dell’economia americana avrebbe riflessi positivi anche sull’Europa, che è il principale partner commerciale e che beneficerebbe anche di un contesto di rafforzamento del dollaro verso l’euro” segnala inoltre Maria Paola Toschi che, infine, risponde anche a chi si interroga sul rischio che l’inflazione possa scappare di mano “Per ora sembra prematuro pensarlo. Tuttavia possiamo pensare di essere ai minimi di prezzi del petrolio, ai minimi dei prezzi di molte commodity, e anche di molte valute emergenti. Segnali di inversione di questi trend potrebbero contribuire al rilancio dell’inflazione, ma il fattore domanda è fondamentale per rendere la ripresa credibile e per alzare le aspettative d’inflazione in maniera sostenibile nel tempo”.

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