cina
Azionario Europa, i gestori attivi sono passati al contrattacco
23 Ottobre 2015 09:34
tuale scenario che sembra non promettere nulla di buono circa le prospettive sull’economia mondiale e le implicazioni del rallentamento della Cina, è tuttavia fonte anche di notizie positive.
“Dopo anni caratterizzati dalla perdita di quote di mercato a favore di fornitori passivi (i provider di ETF e non solo), i gestori attivi sono passati al contrattacco. Quest'anno in Europa e nel Regno Unito il gestore attivo medio ha registrato un extra rendimento rispetto all'indice tra il 3% e il 5% circa e i nostri fondi hanno conseguito, per la maggior parte, risultati ancora migliori” rivela Mark Burgess, Chief Investment Officer EMEA e Responsabile azionario globale di Columbia Threadneedle Investments, che, in linea con lo stile d'investimento e l’approccio improntato alla prudenza della casa d’investimento, ha nettamente sottopesato i titoli ad alta capitalizzazione del settore energetico e delle risorse ed ha assistito da spettatore, declassamento dopo declassamento, al tracollo delle quotazioni azionarie di molte società una volta solide.
“La situazione potrebbe peggiorare per coloro che si trovano in condizioni finanziarie sfavorevoli e ci si dovrebbe inoltre attendere ulteriori fallimenti. Ciò ha già trovato riflesso negli spread creditizi, dove i differenziali dei titoli high yield sono aumentati a quasi 600 punti base (6 per cento) sui titoli di stato inglesi (Gilt) da un minimo di 300 (3 per cento) punti base nel 2014. A nostro parere, l'accurata selezione dei titoli, la gestione del rischio e la costruzione del portafoglio saranno fondamentali alla luce del persistente deterioramento dello scenario” sottolinea Mark Burgess la cui tesi centrale è che la crescita del PIL cinese rallenterà probabilmente al 5% annuo: secondo il manager, sembra pertanto chiaro che i tassi rimarranno bassi più a lungo e che il loro punto d'arrivo una volta che avranno ripreso ad aumentare sarà nettamente inferiore rispetto ai cicli passati.
Una visione, quella di Mark Burgess, che prende atto che la crescita economica del mondo sviluppato sia, al più, modesta. Secondo le previsioni di Columbia Threadneedle, l'espansione globale dovrebbe essere pari ad appena il 3,5% nel 2016 e sarà decisamente inferiore a tale quota nella maggior parte dei paesi avanzati. Negli Stati Uniti, che rappresentano il mercato sviluppato più solido, le stime sulla crescita continuano a subire pressioni, limitando la capacità delle autorità di avviare la normalizzazione dei tassi d'interesse. In Europa l'espansione potrebbe registrare un rialzo attestandosi tuttavia all'1,5% massimo il prossimo anno, nonostante il massiccio stimolo monetario, il forte indebolimento dell'euro e la marcata flessione delle quotazioni energetiche. Persino in Giappone, dove il QE è attualmente pari a oltre il 14% del PIL su base annua, è molto difficile riscontrare espansione e inflazione, con la prima destinata a non superare l'1,5% il prossimo anno.
Uno scenario che sembra non poter beneficiare nemmeno del forte calo del prezzo del petrolio e, a cascata, della benzina: i consumatori occidentali, per il momento, sembrano destinare i loro guadagni al risparmio piuttosto che alla spesa.
“Dopo anni caratterizzati dalla perdita di quote di mercato a favore di fornitori passivi (i provider di ETF e non solo), i gestori attivi sono passati al contrattacco. Quest'anno in Europa e nel Regno Unito il gestore attivo medio ha registrato un extra rendimento rispetto all'indice tra il 3% e il 5% circa e i nostri fondi hanno conseguito, per la maggior parte, risultati ancora migliori” rivela Mark Burgess, Chief Investment Officer EMEA e Responsabile azionario globale di Columbia Threadneedle Investments, che, in linea con lo stile d'investimento e l’approccio improntato alla prudenza della casa d’investimento, ha nettamente sottopesato i titoli ad alta capitalizzazione del settore energetico e delle risorse ed ha assistito da spettatore, declassamento dopo declassamento, al tracollo delle quotazioni azionarie di molte società una volta solide.
“La situazione potrebbe peggiorare per coloro che si trovano in condizioni finanziarie sfavorevoli e ci si dovrebbe inoltre attendere ulteriori fallimenti. Ciò ha già trovato riflesso negli spread creditizi, dove i differenziali dei titoli high yield sono aumentati a quasi 600 punti base (6 per cento) sui titoli di stato inglesi (Gilt) da un minimo di 300 (3 per cento) punti base nel 2014. A nostro parere, l'accurata selezione dei titoli, la gestione del rischio e la costruzione del portafoglio saranno fondamentali alla luce del persistente deterioramento dello scenario” sottolinea Mark Burgess la cui tesi centrale è che la crescita del PIL cinese rallenterà probabilmente al 5% annuo: secondo il manager, sembra pertanto chiaro che i tassi rimarranno bassi più a lungo e che il loro punto d'arrivo una volta che avranno ripreso ad aumentare sarà nettamente inferiore rispetto ai cicli passati.
Una visione, quella di Mark Burgess, che prende atto che la crescita economica del mondo sviluppato sia, al più, modesta. Secondo le previsioni di Columbia Threadneedle, l'espansione globale dovrebbe essere pari ad appena il 3,5% nel 2016 e sarà decisamente inferiore a tale quota nella maggior parte dei paesi avanzati. Negli Stati Uniti, che rappresentano il mercato sviluppato più solido, le stime sulla crescita continuano a subire pressioni, limitando la capacità delle autorità di avviare la normalizzazione dei tassi d'interesse. In Europa l'espansione potrebbe registrare un rialzo attestandosi tuttavia all'1,5% massimo il prossimo anno, nonostante il massiccio stimolo monetario, il forte indebolimento dell'euro e la marcata flessione delle quotazioni energetiche. Persino in Giappone, dove il QE è attualmente pari a oltre il 14% del PIL su base annua, è molto difficile riscontrare espansione e inflazione, con la prima destinata a non superare l'1,5% il prossimo anno.
Uno scenario che sembra non poter beneficiare nemmeno del forte calo del prezzo del petrolio e, a cascata, della benzina: i consumatori occidentali, per il momento, sembrano destinare i loro guadagni al risparmio piuttosto che alla spesa.