cambiamenti climatici
Cambiamento climatico, gli impatti del megatrend sui mercati
5 Novembre 2015 11:43
iamo sfruttato il recente rimbalzo per effettuare alcune prese di profitto, riducendo la nostra esposizione azionaria a un livello neutrale. Da un lato, gli utili societari rimangono sotto pressione in tutto il mondo, soprattutto quelli delle aziende attive nella produzione e nel commercio su scala mondiale; dall’altra parte le banche centrali rimangono ampiamente accomodanti, fornendo un forte sostegno alle attività rischiose” ha fatto sapere Christophe Bernard, Chief Strategist di Vontobel, che spiega questo approccio in funzione del fatto che continuino a prevalere le forze disinflazionistiche e i rischi di rallentamento della crescita mondiale, derivanti essenzialmente dalle economie emergenti. Un fenomeno che spinge alcune autorità monetarie a mantenere le loro politiche espansive più a lungo del previsto: una buona ragione, secondo lo strategist, per aumentare la propria esposizione nei titoli di Stato USA con scadenze molto lunghe.
“A nostro parere i Treasury trentennali offrono non solo un’efficace diversificazione e un rendimento positivo se paragonato con gran parte delle alternative, ma anche un rischio di ribasso limitato grazie alla ripidità della curva dei rendimenti” ha puntualizzato il manager che poi, in vista dell’imminente Conferenza di Parigi sul cambiamento climatico, passa a indagare i possibili impatti di questo megatrend.
“L’elemento decisivo sarà l’impegno degli ambienti politici e delle autorità di regolamentazione per promuovere le tecnologie «pulite» e scoraggiare le emissioni di carbonio. Ciò avrà profonde conseguenze per la società, le nazioni, i settori economici e, non da ultimo, i mercati dei capitali” ha commentato Christophe Bernard che ricorda l’ammonizione formulata di recente da Mark Carney, governatore della Bank of England, sulle perdite «potenzialmente enormi» a causa del cambiamento climatico. Le società petrolifere, ha affermato il governatore, potrebbero per esempio non sfruttare tutte le loro riserve petrolifere: un’eventualità che non si riflette nei prezzi delle azioni e che avrebbe effetti destabilizzanti non solo per le imprese del settore ma anche per i fondi pensione e gli investitori privati, poiché i colossi petroliferi hanno un grande peso negli indici azionari. Allo stesso modo, i paesi che dipendono dagli introiti delle fonti fossili devono affrontare grandi sfide a lungo termine con ricadute potenzialmente pesanti sui loro rating creditizi e le loro valute, a meno che non riescano ad adottare per tempo un’adeguata strategia di diversificazione.
“La transizione verso un’economia a basso tenore di carbonio è un trend dal grande impatto. L’Agenzia internazionale dell’energia ha stimato che limitare il riscaldamento del pianeta a livelli accettabili richiederà investimenti aggiuntivi in energia «pulita» pari a circa mille miliardi di dollari USA all’anno. Gli operatori di mercato dovrebbero quindi puntare sulle società che hanno tutti i presupposti per beneficiare di questa tendenza di lungo periodo” ha sottolineato infine Christophe Bernard, secondo il quale, allo stesso tempo, sarebbe opportuno riconsiderare anche le posizioni in aziende e settori che potrebbero figurare tra gli sconfitti di questo «megatrend».
“A nostro parere i Treasury trentennali offrono non solo un’efficace diversificazione e un rendimento positivo se paragonato con gran parte delle alternative, ma anche un rischio di ribasso limitato grazie alla ripidità della curva dei rendimenti” ha puntualizzato il manager che poi, in vista dell’imminente Conferenza di Parigi sul cambiamento climatico, passa a indagare i possibili impatti di questo megatrend.
“L’elemento decisivo sarà l’impegno degli ambienti politici e delle autorità di regolamentazione per promuovere le tecnologie «pulite» e scoraggiare le emissioni di carbonio. Ciò avrà profonde conseguenze per la società, le nazioni, i settori economici e, non da ultimo, i mercati dei capitali” ha commentato Christophe Bernard che ricorda l’ammonizione formulata di recente da Mark Carney, governatore della Bank of England, sulle perdite «potenzialmente enormi» a causa del cambiamento climatico. Le società petrolifere, ha affermato il governatore, potrebbero per esempio non sfruttare tutte le loro riserve petrolifere: un’eventualità che non si riflette nei prezzi delle azioni e che avrebbe effetti destabilizzanti non solo per le imprese del settore ma anche per i fondi pensione e gli investitori privati, poiché i colossi petroliferi hanno un grande peso negli indici azionari. Allo stesso modo, i paesi che dipendono dagli introiti delle fonti fossili devono affrontare grandi sfide a lungo termine con ricadute potenzialmente pesanti sui loro rating creditizi e le loro valute, a meno che non riescano ad adottare per tempo un’adeguata strategia di diversificazione.
“La transizione verso un’economia a basso tenore di carbonio è un trend dal grande impatto. L’Agenzia internazionale dell’energia ha stimato che limitare il riscaldamento del pianeta a livelli accettabili richiederà investimenti aggiuntivi in energia «pulita» pari a circa mille miliardi di dollari USA all’anno. Gli operatori di mercato dovrebbero quindi puntare sulle società che hanno tutti i presupposti per beneficiare di questa tendenza di lungo periodo” ha sottolineato infine Christophe Bernard, secondo il quale, allo stesso tempo, sarebbe opportuno riconsiderare anche le posizioni in aziende e settori che potrebbero figurare tra gli sconfitti di questo «megatrend».