Carlo Benetti
Un portafoglio ragionevolmente orientato alla flessibilità
24 Novembre 2015 11:10
malgrado l’attività di investimento non sarà mai più noiosa. Le fonti di incertezza sono così numerose che pensare di governarle o prevederle sarebbe infatti da sprovveduti. Al contrario, fa sapere Carlo Benetti, Head of Market Research & Business Innovation di GAM Italia Sgr nel commento analitico L’Alpha e il Beta del 23 novembre, la consapevolezza dei limiti affina i comportamenti, aumenta la sicurezza in un mondo dove le numerose fonti di incertezza e instabilità mettono alla prova anche i più sinceri sostenitori del lungo termine: l’orizzonte di lungo periodo resta un cardine irrinunciabile ma è necessario il monitoraggio costante dei portafogli. Anche perché, come sostiene l’economista Paul Samuelson, il sistema economico globale non rischia solo la stagnazione secolare ma corre il pericolo di incappare nel fenomeno dell’isteresi (la reazione ritardata di un sistema a prolungate sollecitazioni): difficile far ripartire la crescita in sistemi che abbiano sofferto prolungata disoccupazione e sottoccupazione (negli USA se al tasso di disoccupazione aggiungiamo i sottoccupati arriviamo al 10%), di investimenti in capex fortemente rallentati (la disponibilità di denaro facile ha infatti beneficiato principalmente le attività finanziarie), dell’intorpidimento del sistema finanziario a rendere disponibili fondi per l’innovazione.
Ma c’è di più. L’Economist mette in evidenza la sequenza delle fasi del debito, mai veramente scomparso ma solo trasformato. Il settimanale inglese parla dei tre volumi della «trilogia del debito»: in inizio fu il debito privato del popolo dei subprime che mise in ginocchio il sistema finanziario globale, poi il debito privato venne trasformato in debito pubblico amplificando la debolezza di molti conti pubblici ed innescando la crisi dell’Eurozona nel 2011. Oggi l’attenzione è sul terzo volume, il debito accumulato nelle economie emergenti mentre il «quarto volume» prossimo venturo potrebbe essere il possibile avvitamento dell’economia europea con la debolezza dei paesi emergenti. La fragilità della ripresa in Europa porta al potenziamento delle politiche monetarie non convenzionali intensificando la divergenza con gli Stati Uniti e con il dollaro ricreando le medesime condizioni di disequilibrio.
È questo lo scenario nel quale operano gli investitori: ecco perché è davvero opportuno procedere alla verifica di alcuni requisiti di resilienza, ovvero la capacità di far fronte in maniera positiva a eventi traumatici: 1) la gestione attiva delle fonti di rischio è cruciale perché le opportunità non sono stabili, tantomeno definitive: il portafoglio sia ragionevolmente orientato alla flessibilità; 2) la direzionalità è rischiosa, come hanno dolorosamente dimostrato il taper tantrum del 2013 e le continue indiscrezioni sui tassi americani: diversificare con strategie «market neutral» (che permettono di investire nei mercati senza esporsi alla direzionalità degli indici) e prodotti flessibili a bassa volatilità è una mossa di asset allocation strategica, per definizione di medio-lungo termine; 3) la demografia muove, l’economia risponde. Dalle dinamiche demografiche derivano preferenze geografiche (ad esempio la selezione di economie emergenti), preferenze tematiche (health care o il lusso), preferenze settoriali (l’esigenza di reddito di una popolazione che invecchia rende preferibili azioni ad elevato dividendo).
“Questi criteri costituiscono una sorta di sistema di vasi comunicanti che permettono di sorreggere le sorti dei portafogli in un contesto di estrema incertezza” conclude Carlo Benetti.
Ma c’è di più. L’Economist mette in evidenza la sequenza delle fasi del debito, mai veramente scomparso ma solo trasformato. Il settimanale inglese parla dei tre volumi della «trilogia del debito»: in inizio fu il debito privato del popolo dei subprime che mise in ginocchio il sistema finanziario globale, poi il debito privato venne trasformato in debito pubblico amplificando la debolezza di molti conti pubblici ed innescando la crisi dell’Eurozona nel 2011. Oggi l’attenzione è sul terzo volume, il debito accumulato nelle economie emergenti mentre il «quarto volume» prossimo venturo potrebbe essere il possibile avvitamento dell’economia europea con la debolezza dei paesi emergenti. La fragilità della ripresa in Europa porta al potenziamento delle politiche monetarie non convenzionali intensificando la divergenza con gli Stati Uniti e con il dollaro ricreando le medesime condizioni di disequilibrio.
È questo lo scenario nel quale operano gli investitori: ecco perché è davvero opportuno procedere alla verifica di alcuni requisiti di resilienza, ovvero la capacità di far fronte in maniera positiva a eventi traumatici: 1) la gestione attiva delle fonti di rischio è cruciale perché le opportunità non sono stabili, tantomeno definitive: il portafoglio sia ragionevolmente orientato alla flessibilità; 2) la direzionalità è rischiosa, come hanno dolorosamente dimostrato il taper tantrum del 2013 e le continue indiscrezioni sui tassi americani: diversificare con strategie «market neutral» (che permettono di investire nei mercati senza esporsi alla direzionalità degli indici) e prodotti flessibili a bassa volatilità è una mossa di asset allocation strategica, per definizione di medio-lungo termine; 3) la demografia muove, l’economia risponde. Dalle dinamiche demografiche derivano preferenze geografiche (ad esempio la selezione di economie emergenti), preferenze tematiche (health care o il lusso), preferenze settoriali (l’esigenza di reddito di una popolazione che invecchia rende preferibili azioni ad elevato dividendo).
“Questi criteri costituiscono una sorta di sistema di vasi comunicanti che permettono di sorreggere le sorti dei portafogli in un contesto di estrema incertezza” conclude Carlo Benetti.