Christel Rendu de Lint
Investimenti 2016, priorità a bond societari e convertibili
3 Dicembre 2015 11:18
ora in avanti sarà determinante gestire l’esposizione ai tassi di interesse, perché la Fed dovrebbe ricominciare a rialzare i tassi USA. Bisognerebbe pertanto concentrarsi sulle asset class meno sensibili, come i bond convertibili o high yield, e focalizzarsi sulla sola componente credit spread e sulle scadenze brevi” suggerisce Norman Villamin, Capo della divisione Investment Services, Treasury and Trading UBP di Zurigo, secondo il quale anche i mercati azionari andrebbero privilegiati. Infatti, secondo il manager, finché la Fed resterà prudente nella gestione dei tassi, l’impatto sui listini dovrebbe essere modesto con una stabilizzazione dei multipli P/E (rapporto prezzo/utili).
I passaggi chiave delineati da Norman Villamin partono dalla considerazione che l’espansione economica globale, benché a ritmo ridotto rispetto al passato, dovrebbe proseguire anche nel 2016 mentre, sullo sfondo, le politiche monetarie dovrebbero mostrare divergenze: mentre la Fed sembrerebbe intenzionata a iniziare un graduale ciclo di rialzo dei tassi USA, la BCE e la Bank of Japan (BoJ) propenderebbero per mantenere politiche monetarie espansive. Un contesto nel quale il dollaro dovrebbe proseguire nel suo rafforzamento (sebbene in modo meno vistoso rispetto agli ultimi 12-18 mesi) e le Borse allungare l’andamento rialzista: un trend, quest’ultimo, che tuttavia è più vicino alla fine che all’inizio. Secondo Norman Villamin, in tutti i casi, meglio puntare sui mercati sviluppati (in particolare sull’Europa che potrebbe sorprendere con utili superiori alle attese) e sulle strategie growth (crescita), in particolare privilegiando i settori salute e tecnologia. In ambito obbligazionario, invece, meglio le obbligazioni societarie ai titoli di stato.
Restando in tema di reddito fisso, Christel Rendu de Lint, Responsabile del team fixed income di UBP, ritiene che vi sia ancora valore in tre segmenti specifici: “In primis le obbligazioni societarie «investment grade» che hanno un target potenziale di rendimento del 4% (3,3% per quelle denominate in euro). Poi ci piace il debito subordinato delle banche «sistemiche» (quelle controllate rigorosamente dalle banche centrali perché non possono fallire) dei mercati sviluppati, in particolare i CoCo bond (contingent convertible bond, obbligazioni ibride convertibili che, in determinate condizioni, si trasformano in azioni, quindi in capitale della banca che li ha emessi) che invece hanno un target di performance del 6% (5,3% per quelle in euro). Infine, interessanti sono pure gli high yield globali, da acquistare però tramite Cds (credit default swap) che hanno invece un target di performance del 6,5% (5,8% nell’area euro)”.
Infine, dal momento che le incertezze che permangono sui mercati genereranno inevitabilmente volatilità con picchi anche piuttosto violenti (come quelli sperimentati in agosto), per partecipare al potenziale rialzo del mercato azionari ma con un profilo di rischio inferiore rispetto all’investimento diretto (in azioni, ETF e fondi azionari), Nicolas Delrue, Senior invesment specialist, convertible bonds di UBP, consiglia di investire in un fondo convertibile globale. “Si tratta di una soluzione che ha dimostrato storicamente di permettere agli investitori di partecipare in modo significativo al rialzo degli indici dei mercati azionari e, al contempo, di difendersi piuttosto bene durante le correzioni degli indici (come anche durante le turbolenze della scorsa estate)” sottolinea Nicola Delrue che poi aggiunge anche quanto investirvi e per quanto tempo: “In un portafoglio bilanciato tipo (come per esempio quello delle famiglie italiane che più o meno è esposto al 60% in bond, 30% in azioni e 10% in strumenti monetari), una quota tra il 5% e il 10% in un fondo obbligazionario convertibile globale consente di limitare i rischi complessivi di portafoglio aumentandone le fonti di reddito potenziale. Tenendo conto che l’orizzonte temporale consigliato per un fondo di questo tipo è di almeno tre anni, un’esposizione anche fino al 20%, in una fase come questa, potrebbe non essere azzardata e consentire ai risparmiatori di puntare a rendimenti leggermente più soddisfacenti senza stravolgere il rischio complessivo dell’investimento”.
I passaggi chiave delineati da Norman Villamin partono dalla considerazione che l’espansione economica globale, benché a ritmo ridotto rispetto al passato, dovrebbe proseguire anche nel 2016 mentre, sullo sfondo, le politiche monetarie dovrebbero mostrare divergenze: mentre la Fed sembrerebbe intenzionata a iniziare un graduale ciclo di rialzo dei tassi USA, la BCE e la Bank of Japan (BoJ) propenderebbero per mantenere politiche monetarie espansive. Un contesto nel quale il dollaro dovrebbe proseguire nel suo rafforzamento (sebbene in modo meno vistoso rispetto agli ultimi 12-18 mesi) e le Borse allungare l’andamento rialzista: un trend, quest’ultimo, che tuttavia è più vicino alla fine che all’inizio. Secondo Norman Villamin, in tutti i casi, meglio puntare sui mercati sviluppati (in particolare sull’Europa che potrebbe sorprendere con utili superiori alle attese) e sulle strategie growth (crescita), in particolare privilegiando i settori salute e tecnologia. In ambito obbligazionario, invece, meglio le obbligazioni societarie ai titoli di stato.
Restando in tema di reddito fisso, Christel Rendu de Lint, Responsabile del team fixed income di UBP, ritiene che vi sia ancora valore in tre segmenti specifici: “In primis le obbligazioni societarie «investment grade» che hanno un target potenziale di rendimento del 4% (3,3% per quelle denominate in euro). Poi ci piace il debito subordinato delle banche «sistemiche» (quelle controllate rigorosamente dalle banche centrali perché non possono fallire) dei mercati sviluppati, in particolare i CoCo bond (contingent convertible bond, obbligazioni ibride convertibili che, in determinate condizioni, si trasformano in azioni, quindi in capitale della banca che li ha emessi) che invece hanno un target di performance del 6% (5,3% per quelle in euro). Infine, interessanti sono pure gli high yield globali, da acquistare però tramite Cds (credit default swap) che hanno invece un target di performance del 6,5% (5,8% nell’area euro)”.
Infine, dal momento che le incertezze che permangono sui mercati genereranno inevitabilmente volatilità con picchi anche piuttosto violenti (come quelli sperimentati in agosto), per partecipare al potenziale rialzo del mercato azionari ma con un profilo di rischio inferiore rispetto all’investimento diretto (in azioni, ETF e fondi azionari), Nicolas Delrue, Senior invesment specialist, convertible bonds di UBP, consiglia di investire in un fondo convertibile globale. “Si tratta di una soluzione che ha dimostrato storicamente di permettere agli investitori di partecipare in modo significativo al rialzo degli indici dei mercati azionari e, al contempo, di difendersi piuttosto bene durante le correzioni degli indici (come anche durante le turbolenze della scorsa estate)” sottolinea Nicola Delrue che poi aggiunge anche quanto investirvi e per quanto tempo: “In un portafoglio bilanciato tipo (come per esempio quello delle famiglie italiane che più o meno è esposto al 60% in bond, 30% in azioni e 10% in strumenti monetari), una quota tra il 5% e il 10% in un fondo obbligazionario convertibile globale consente di limitare i rischi complessivi di portafoglio aumentandone le fonti di reddito potenziale. Tenendo conto che l’orizzonte temporale consigliato per un fondo di questo tipo è di almeno tre anni, un’esposizione anche fino al 20%, in una fase come questa, potrebbe non essere azzardata e consentire ai risparmiatori di puntare a rendimenti leggermente più soddisfacenti senza stravolgere il rischio complessivo dell’investimento”.
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