BCE
Tra BCE e Fed, ecco le scelte che possono creare valore
16 Dicembre 2015 11:23
uazione di estrema divergenza nelle politiche monetarie USA (Fed) ed europee (BCE) apre interessanti opportunità da cogliere. Secondo Yves Longchamp, CFA , Head of Research ETHENEA Independent Investors (Schweiz) AG, per esempio, le obbligazioni societarie sono attualmente relativamente più vantaggiose rispetto a quelle espresse in euro mentre il dollaro, contrariamente a quanto stimato da molti operatori di mercato, potrebbe sorprendere in negativo, con l’euro che potrebbe guadagnare terreno sul biglietto verde nei prossimi 12 mesi o, quantomeno, non perderne.
Ma come arriva a queste conclusioni il manager? Partendo dallo spulciare i libri di storia per trovare politiche monetarie tanto divergenti da parte delle due importanti banche centrali: una situazione che, infatti, si è verificata l’ultima volta nel 1994, quando la Fed innalzava i tassi, mentre la Bundesbank continuava a tagliarli.
Detto questo, per Yves Longchamp l’attuale contesto è tuttavia molto differente, “Innanzitutto, questo rialzo dei tassi sarebbe senz’altro l’intervento più annunciato nella storia dell’umanità, mentre quello del 1994 è stato decisamente inatteso. In secondo luogo, anche in seguito alle dichiarazioni della Fed, il mercato si aspetta che l’istituto agisca con estrema prudenza, normalizzando i tassi del mercato monetario in modo molto graduale. Anche sotto questo aspetto il ciclo del 1994 è stato totalmente diverso. In 12 mesi il tasso di riferimento è stato portato dal 3 % al 6 % con sette interventi” fa presente il manager secondo il quale per quanto un aumento dei tassi tanto significativo ad opera della Fed è improbabile, la vera sorpresa sarebbe se Janet Yellen, come è già accaduto a settembre, mettesse nuovamente alla prova la pazienza degli operatori decidendo di non innalzare i tassi. In questo caso la delusione del mercato sarebbe più che percettibile, le azioni crollerebbero e i mercati azionari si muoverebbero senza una meta ben precisa. Di conseguenza, al pari della maggior parte degli operatori, Yves Longchamp prevede un rialzo dei tassi sebbene, ancora più importanti dell’intervento in sé, saranno le successive dichiarazioni della banca centrale. In ogni caso, la domanda da porsi, per Yves Longchamp è cosa influisca in modo durevole sui rendimenti dei titoli di Stato a lungo termine. La sua risposta è univoca: l’inflazione.
“Fintanto che le aspettative d’inflazione rimarranno contenute, non dovrebbero verificarsi netti aumenti dei rendimenti. Al momento le aspettative d’inflazione rimangono ben al di sotto dell’obiettivo del 2 %, pertanto il rischio di un brusco aumento dei rendimenti sul tratto a lunga della curva non è particolarmente elevato” spiega Yves Longchamp che, in virtù del differenziale attualmente notevole tra i rendimenti in Europa e negli USA, reputa questi ultimi estremamente interessanti. Ma c’è di più. Questo differenziale è ancora più evidente nel segmento delle obbligazioni: se tra i titoli di Stato lo spread è pari a 175 punti base (+1,75%), talvolta tra le obbligazioni di una stessa società, come ad esempio Daimler-Benz, i differenziali di rendimento raggiungono quasi i 250 punti base (2,50%). Secondo il parere degli esperti, tale differenziale potrebbe durare ancora per un certo tempo.
Per concludere, una riflessione sul tasso di cambio USD-EUR che secondo molti operatori di mercato dovrebbe tendere verso la parità. Uno scenario non condiviso però da Yves Longchamp . Il posizionamento del mercato appare estremamente unilaterale, ossia long (rialzista) sull’Usd e short (ribassista) sull’Euro. Analizzando gli eventi del 1994 (cioè l’anno in cui la Fed ha innalzato i tassi del 3% in un solo anno, mentre al contempo la Bundesbank li tagliava di oltre l’1%), il dollaro USA ha perso oltre il 20% del valore e il tasso di cambio nei confronti del marco tedesco è sceso da 1,76 a 1,35. “Se il biglietto verde si comportasse in modo analogo anche questa volta, il tasso di cambio nei confronti dell’euro passerebbe dall’attuale 1,06 a oltre 1,25. Un simile (ipotetico) deprezzamento del dollaro avrebbe senz’altro conseguenze significative, anche sull’andamento dell’inflazione e soprattutto nell’area euro. Ma questa è pura speculazione” conclude Yves Longchamp.
Ma come arriva a queste conclusioni il manager? Partendo dallo spulciare i libri di storia per trovare politiche monetarie tanto divergenti da parte delle due importanti banche centrali: una situazione che, infatti, si è verificata l’ultima volta nel 1994, quando la Fed innalzava i tassi, mentre la Bundesbank continuava a tagliarli.
Detto questo, per Yves Longchamp l’attuale contesto è tuttavia molto differente, “Innanzitutto, questo rialzo dei tassi sarebbe senz’altro l’intervento più annunciato nella storia dell’umanità, mentre quello del 1994 è stato decisamente inatteso. In secondo luogo, anche in seguito alle dichiarazioni della Fed, il mercato si aspetta che l’istituto agisca con estrema prudenza, normalizzando i tassi del mercato monetario in modo molto graduale. Anche sotto questo aspetto il ciclo del 1994 è stato totalmente diverso. In 12 mesi il tasso di riferimento è stato portato dal 3 % al 6 % con sette interventi” fa presente il manager secondo il quale per quanto un aumento dei tassi tanto significativo ad opera della Fed è improbabile, la vera sorpresa sarebbe se Janet Yellen, come è già accaduto a settembre, mettesse nuovamente alla prova la pazienza degli operatori decidendo di non innalzare i tassi. In questo caso la delusione del mercato sarebbe più che percettibile, le azioni crollerebbero e i mercati azionari si muoverebbero senza una meta ben precisa. Di conseguenza, al pari della maggior parte degli operatori, Yves Longchamp prevede un rialzo dei tassi sebbene, ancora più importanti dell’intervento in sé, saranno le successive dichiarazioni della banca centrale. In ogni caso, la domanda da porsi, per Yves Longchamp è cosa influisca in modo durevole sui rendimenti dei titoli di Stato a lungo termine. La sua risposta è univoca: l’inflazione.
“Fintanto che le aspettative d’inflazione rimarranno contenute, non dovrebbero verificarsi netti aumenti dei rendimenti. Al momento le aspettative d’inflazione rimangono ben al di sotto dell’obiettivo del 2 %, pertanto il rischio di un brusco aumento dei rendimenti sul tratto a lunga della curva non è particolarmente elevato” spiega Yves Longchamp che, in virtù del differenziale attualmente notevole tra i rendimenti in Europa e negli USA, reputa questi ultimi estremamente interessanti. Ma c’è di più. Questo differenziale è ancora più evidente nel segmento delle obbligazioni: se tra i titoli di Stato lo spread è pari a 175 punti base (+1,75%), talvolta tra le obbligazioni di una stessa società, come ad esempio Daimler-Benz, i differenziali di rendimento raggiungono quasi i 250 punti base (2,50%). Secondo il parere degli esperti, tale differenziale potrebbe durare ancora per un certo tempo.
Per concludere, una riflessione sul tasso di cambio USD-EUR che secondo molti operatori di mercato dovrebbe tendere verso la parità. Uno scenario non condiviso però da Yves Longchamp . Il posizionamento del mercato appare estremamente unilaterale, ossia long (rialzista) sull’Usd e short (ribassista) sull’Euro. Analizzando gli eventi del 1994 (cioè l’anno in cui la Fed ha innalzato i tassi del 3% in un solo anno, mentre al contempo la Bundesbank li tagliava di oltre l’1%), il dollaro USA ha perso oltre il 20% del valore e il tasso di cambio nei confronti del marco tedesco è sceso da 1,76 a 1,35. “Se il biglietto verde si comportasse in modo analogo anche questa volta, il tasso di cambio nei confronti dell’euro passerebbe dall’attuale 1,06 a oltre 1,25. Un simile (ipotetico) deprezzamento del dollaro avrebbe senz’altro conseguenze significative, anche sull’andamento dell’inflazione e soprattutto nell’area euro. Ma questa è pura speculazione” conclude Yves Longchamp.