BlackRock
Rialzo tassi USA, cosa pensano i gestori
18 Dicembre 2015 10:24
edì la Federal Reserve (Fed), la banca centrale USA ha rialzato i tassi di interesse. Benché si trattasse di un evento che non accadeva da nove anni, la decisione era praticamente data per scontata dai mercati. Tuttavia, l’aumento dei tassi di interesse americani ha implicazioni non indifferenti sui mercati finanziari, come molti asset manager hanno subito avuto modo di sottolineare.
“I mercati mostrano una certa tranquillità, quasi rassicurati dalla decisione assunta dalla Fed che, nella conferenza, stampa ha puntualizzato che il ritmo futuro dei rialzi sarà graduale e cauto fino a quando le condizioni finanziarie continueranno a restringersi. Questo atteggiamento cauto smorza le preoccupazioni degli investitori su un possibile rialzo veloce e significativo dei tassi” ha commentato Jim Balfour, Senior Global Economist di Loomis Sayles (gruppo Natixis Global AM) mentre per Dominic Rossi, Global Chief Investment Officer azionario di Fidelity International, i consumi USA supereranno agevolmente modesti aumenti dei tassi di interesse e l'economia nazionale potrebbe senz'altro registrare una performance elevata. D’altra parte, come fa presente Nick Peters, gestore della gamma di fondi multi asset GMAT di Fidelity International, in ultima analisi, il rialzo dei tassi è un segno di fiducia nell’economia USA e nel protrarsi dell’espansione economica.
Proprio come suggerisce di fare BlackRock: gli investitori dovrebbero considerare, nel complesso, il rialzo dei tassi USA per quello che è, cioè una buona notizia e la testimonianza di un'economia americana resiliente, ovvero di riorganizzarsi a crescere pur davanti alle difficoltà. Certo, è indispensabile mettere in conto una maggiore volatilità ma, al contempo, è bene tenere a mente che, mentre i tassi non sono più a zero, restano comunque estremamente bassi e, probabilmente, lo rimarranno per qualche tempo. In questo contesto, BlackRock preferisce le azioni, in particolare quelle europee e giapponesi, rispetto alle obbligazioni e le strategie neutrali di mercato, come per esempio la long / short equity (che consente di assumere sia posizioni al rialzo che al ribasso in uno stesso settore azionario) e quelle sul credito (obbligazioni societarie).
Thomas Schaffner, CFA, Portfolio Manager of Chinese Equities and Emerging Markets Equities di Vontobel As, guarda invece a quanto accaduto nel 2004 e al 2014 per arrivare a concludere che, sebbene il rialzo dei tassi USA possa portare alla volatilità nel breve termine, le azioni dei mercati emergenti potrebbero iniziare a sovraperformare. “I paesi che hanno saldi commerciali positivi e spazio per una politica monetaria interna più accomodante dovrebbero fare meglio. Tra questi figurano Cina, Corea e Taiwan, mentre l'India ha ancora un disavanzo delle partite correnti sebbene la sua situazione sia migliorata fortemente rispetto a quanto accaduto nel 2014. Inoltre, la Reserve Bank of India ha spazio per abbassare i tassi. Al contrario il Brasile, la Turchia o il Sudafrica dovrebbero sottoperformare in quanto dipendono da finanziamenti esterni” spiega Thomas Schaffner mentre Christophe Bernard, Chief Strategist di Vontobel, ritenendo una nuova recessione estremamente improbabile, ha aggiunto l'esposizione azionaria in aree eccessivamente colpite dal pessimismo degli investitori in vista della decisione della Fed. “Quest’ultima mossa è stata ben anticipata in modo che l'impatto sul mercato sia stato smorzato. La prova sta nella curva statunitense dei rendimenti, che è rimasta molto stabile, nonostante il fatto che le proiezioni della Federal Reserve degli Stati Uniti indichino più aumenti dei tassi nel 2016 e il 2017 rispetto a quanto ipotizzato dalla maggior parte degli operatori di mercato” sottolinea Christophe Bernard.
Restando in tema di ritmo dei tassi americani futuri, Christophe Donay, Head of Asset Allocation & Macro Research di Pictet Wealth Management, si aspetta rialzi molto graduali con solo altri due incrementi di 25 punti base (+0,25%) nel 2016, proiettando il target range a quota 0,75-1,00% entro la fine del prossimo anno. “Si tratta di una visione più rallentata rispetto al consenso di mercato che invece stima tre aumenti di tasso nel prossimo anno. Pensiamo che un inasprimento delle condizioni monetarie a seguito di un dollaro più forte e l'ampliamento degli spread delle obbligazioni societarie scoraggerà la Fed a muoversi in modo più aggressivo”. In ogni caso, la divergenza della politica economica tra la Fed e le altre principali banche centrali occidentali, alimenterà la tendenza rialzista del dollaro USA sebbene gran parte della rivalutazione del biglietto verde sembra ormai alle spalle. Infine, in ambito azionario, Christophe Donay, partendo dalla mancanza di accelerazione della crescita economica e dei profitti societari (che il manager stima in +5% nel 2016 per l’S&P500), e tenendo conto delle valutazioni piuttosto tirate, reputa possibile un potenziale di guadagno tra il 7% e i 10% (compresi i dividendi) per i mercati azionari:.le azioni europee dovrebbero però riuscire a fare meglio di quelle USA dal momento che la ripresa economica nell'area dell'euro è meno avanzata e la politica monetaria è più favorevole.
“I mercati mostrano una certa tranquillità, quasi rassicurati dalla decisione assunta dalla Fed che, nella conferenza, stampa ha puntualizzato che il ritmo futuro dei rialzi sarà graduale e cauto fino a quando le condizioni finanziarie continueranno a restringersi. Questo atteggiamento cauto smorza le preoccupazioni degli investitori su un possibile rialzo veloce e significativo dei tassi” ha commentato Jim Balfour, Senior Global Economist di Loomis Sayles (gruppo Natixis Global AM) mentre per Dominic Rossi, Global Chief Investment Officer azionario di Fidelity International, i consumi USA supereranno agevolmente modesti aumenti dei tassi di interesse e l'economia nazionale potrebbe senz'altro registrare una performance elevata. D’altra parte, come fa presente Nick Peters, gestore della gamma di fondi multi asset GMAT di Fidelity International, in ultima analisi, il rialzo dei tassi è un segno di fiducia nell’economia USA e nel protrarsi dell’espansione economica.
Proprio come suggerisce di fare BlackRock: gli investitori dovrebbero considerare, nel complesso, il rialzo dei tassi USA per quello che è, cioè una buona notizia e la testimonianza di un'economia americana resiliente, ovvero di riorganizzarsi a crescere pur davanti alle difficoltà. Certo, è indispensabile mettere in conto una maggiore volatilità ma, al contempo, è bene tenere a mente che, mentre i tassi non sono più a zero, restano comunque estremamente bassi e, probabilmente, lo rimarranno per qualche tempo. In questo contesto, BlackRock preferisce le azioni, in particolare quelle europee e giapponesi, rispetto alle obbligazioni e le strategie neutrali di mercato, come per esempio la long / short equity (che consente di assumere sia posizioni al rialzo che al ribasso in uno stesso settore azionario) e quelle sul credito (obbligazioni societarie).
Thomas Schaffner, CFA, Portfolio Manager of Chinese Equities and Emerging Markets Equities di Vontobel As, guarda invece a quanto accaduto nel 2004 e al 2014 per arrivare a concludere che, sebbene il rialzo dei tassi USA possa portare alla volatilità nel breve termine, le azioni dei mercati emergenti potrebbero iniziare a sovraperformare. “I paesi che hanno saldi commerciali positivi e spazio per una politica monetaria interna più accomodante dovrebbero fare meglio. Tra questi figurano Cina, Corea e Taiwan, mentre l'India ha ancora un disavanzo delle partite correnti sebbene la sua situazione sia migliorata fortemente rispetto a quanto accaduto nel 2014. Inoltre, la Reserve Bank of India ha spazio per abbassare i tassi. Al contrario il Brasile, la Turchia o il Sudafrica dovrebbero sottoperformare in quanto dipendono da finanziamenti esterni” spiega Thomas Schaffner mentre Christophe Bernard, Chief Strategist di Vontobel, ritenendo una nuova recessione estremamente improbabile, ha aggiunto l'esposizione azionaria in aree eccessivamente colpite dal pessimismo degli investitori in vista della decisione della Fed. “Quest’ultima mossa è stata ben anticipata in modo che l'impatto sul mercato sia stato smorzato. La prova sta nella curva statunitense dei rendimenti, che è rimasta molto stabile, nonostante il fatto che le proiezioni della Federal Reserve degli Stati Uniti indichino più aumenti dei tassi nel 2016 e il 2017 rispetto a quanto ipotizzato dalla maggior parte degli operatori di mercato” sottolinea Christophe Bernard.
Restando in tema di ritmo dei tassi americani futuri, Christophe Donay, Head of Asset Allocation & Macro Research di Pictet Wealth Management, si aspetta rialzi molto graduali con solo altri due incrementi di 25 punti base (+0,25%) nel 2016, proiettando il target range a quota 0,75-1,00% entro la fine del prossimo anno. “Si tratta di una visione più rallentata rispetto al consenso di mercato che invece stima tre aumenti di tasso nel prossimo anno. Pensiamo che un inasprimento delle condizioni monetarie a seguito di un dollaro più forte e l'ampliamento degli spread delle obbligazioni societarie scoraggerà la Fed a muoversi in modo più aggressivo”. In ogni caso, la divergenza della politica economica tra la Fed e le altre principali banche centrali occidentali, alimenterà la tendenza rialzista del dollaro USA sebbene gran parte della rivalutazione del biglietto verde sembra ormai alle spalle. Infine, in ambito azionario, Christophe Donay, partendo dalla mancanza di accelerazione della crescita economica e dei profitti societari (che il manager stima in +5% nel 2016 per l’S&P500), e tenendo conto delle valutazioni piuttosto tirate, reputa possibile un potenziale di guadagno tra il 7% e i 10% (compresi i dividendi) per i mercati azionari:.le azioni europee dovrebbero però riuscire a fare meglio di quelle USA dal momento che la ripresa economica nell'area dell'euro è meno avanzata e la politica monetaria è più favorevole.
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