crescita economica
Eurozona, nel 2016 più crescita e inflazione all’1%
12 Gennaio 2016 10:32
vediamo che il tasso di inflazione della zona euro nel suo complesso sarà dell'1,0% nel 2016, ancora ben al di sotto dell'obiettivo del 2 per cento fissato dalla BCE, mentre la crescita economica dovrebbe attestarsi all’1,5%”, sostiene John Greenwood, Capo economista di Invesco, nell’outlook macroeconomico 2016.
Secondo l’economista la crescita reale del PIL nella zona euro è rimasta anemica nel 2015, ma i rischi di deflazione sono diminuiti grazie al deprezzamento dell’euro dopo i primi tre mesi del 2015 e all’adozione di politiche di Quantitative Easing (QE) della BCE a partire da marzo. Tra i fattori che convincono di più John Greenwood figura l’incremento dell’indice degli acquisti PMI che a novembre è salito a 54,2 (rispetto al 53,9 del mese precedente) con livelli ancora più sostenuti nel caso di Germania (55,2), Italia (54,3) e Spagna (56,2). Ancora sotto osservazione, invece, il mercato del lavoro, il cui trend di crescita positiva è molto più lento rispetto a quanto registrato negli Stati Uniti e nel Regno Unito nel corso degli ultimi cinque anni. Anche il deprezzamento dell’euro avrebbe dovuto portare un maggior contributo alla crescita dell’Eurozona ma la debole crescita della domanda estera ne ha limitato l’impatto positivo.
“Le sole variazioni di prezzo possono fare ben poco per accrescere domanda dall'Europa, di conseguenza le esportazioni, in linea con la performance stagnante del commercio globale negli ultimi anni, si sono trovate in una fase essenzialmente statica tra il 2012 e la metà del 2015. Al contempo, le partite correnti sono salite a un surplus del 2,9% del Pil, principalmente a causa della debolezza delle importazioni” fa sapere John Greenwood che, infine, sottolinea come, nonostante le misure adottate dalla BCE, l'Eurozona resti ancora pericolosamente vicina alla deflazione: il tasso di crescita degli investimenti e del credito nell'area euro è migliorato, ma devono passare almeno due anni prima che tutti gli effetti di una crescita più rapida degli investimenti si ripercuotano sull’inflazione, mentre ci vorrà ancora un anno prima di poter assicurare tassi di inflazione positivi.
Secondo l’economista la crescita reale del PIL nella zona euro è rimasta anemica nel 2015, ma i rischi di deflazione sono diminuiti grazie al deprezzamento dell’euro dopo i primi tre mesi del 2015 e all’adozione di politiche di Quantitative Easing (QE) della BCE a partire da marzo. Tra i fattori che convincono di più John Greenwood figura l’incremento dell’indice degli acquisti PMI che a novembre è salito a 54,2 (rispetto al 53,9 del mese precedente) con livelli ancora più sostenuti nel caso di Germania (55,2), Italia (54,3) e Spagna (56,2). Ancora sotto osservazione, invece, il mercato del lavoro, il cui trend di crescita positiva è molto più lento rispetto a quanto registrato negli Stati Uniti e nel Regno Unito nel corso degli ultimi cinque anni. Anche il deprezzamento dell’euro avrebbe dovuto portare un maggior contributo alla crescita dell’Eurozona ma la debole crescita della domanda estera ne ha limitato l’impatto positivo.
“Le sole variazioni di prezzo possono fare ben poco per accrescere domanda dall'Europa, di conseguenza le esportazioni, in linea con la performance stagnante del commercio globale negli ultimi anni, si sono trovate in una fase essenzialmente statica tra il 2012 e la metà del 2015. Al contempo, le partite correnti sono salite a un surplus del 2,9% del Pil, principalmente a causa della debolezza delle importazioni” fa sapere John Greenwood che, infine, sottolinea come, nonostante le misure adottate dalla BCE, l'Eurozona resti ancora pericolosamente vicina alla deflazione: il tasso di crescita degli investimenti e del credito nell'area euro è migliorato, ma devono passare almeno due anni prima che tutti gli effetti di una crescita più rapida degli investimenti si ripercuotano sull’inflazione, mentre ci vorrà ancora un anno prima di poter assicurare tassi di inflazione positivi.